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Patrizia Poli, "Signora dei filtri"

25 Ottobre 2014 , Scritto da Sergio Vivaldi Con tag #sergio vivaldi, #recensioni, #poli patrizia

 

 

 

Signora dei filtri

Patrizia Poli

 

Marchetti Editore, 2017

 

 

Signora dei filtri è la rivisitazione del mito degli Argonauti. Dico rivisitazione perché Patrizia Poli fa una cosa a mio parere giustissima: lo umanizza. Il mito classico presenta un mondo fatto di divinità ed eroi in cui non c'è posto per l'essere mortale. Le Argonautiche, così come l'Iliade, l'Odissea, non fanno eccezione a questa regole, e tutto il pantheon gioca un ruolo particolare nell'evolversi delle disavventure dei protagonisti. L'autrice elimina questi elementi con abilità, trasformando il tutore di Giasone, il centauro Chirone, in un uomo deforme e sfigurato, o convertendo il viaggio di Orfeo nell'Ade in cerca dell'amata Euridice in un sogno. Con questi semplici passaggi l'autrice elimina le componenti sovrannaturali e riporta al centro della scena gli uomini e le donne di questa storia.

Ecco quindi Giasone, figlio di re, spodestato dallo zio, cresciuto in una caverna con un essere dall'aspetto ripugnante e più simile a un cavallo che a un uomo a fargli da tutore. Spinto da quest'ultimo, ritorna nella città natale per rivendicare il trono del padre, ma senza convinzione. Percepiti i dubbi del nipote, lo zio gli propone quindi un patto, un modo per guadagnarsi la gloria e il rispetto del popolo, oltre alla possibilità di ottenere un grande tesoro con il quale finanziare il suo futuro regno: conquistare il tesoro della città di Ea, governata dal ricchissimo re Eeta.

Nella città di Ea Giasone troverà Medea, figlia testarda e poco amata con la passione per le erbe, il culto della dea e un buona dose di rispetto per una straniera che diventa tutrice e madre adottiva e le insegnerà ogni cosa, almeno fino al giorno in cui il padre, nei suoi eccessi di avarizia e xenofobia, la fa lapidare. Distrutta dalla perdita dell'unica persona da cui si sentiva amata, Medea troverà in Giasone uno strumento per la sua vendetta, ma anche qualcuno da amare in modo viscerale, al di là di ogni ragione.

Ovviamente Giasone e Medea si muovono in mezzo a una moltitudine di personaggi secondari, e sarebbe impossibile dare spazio a tutti. Per questo motivo solo Eracle e Orfeo nelle pagine in cui il punto di vista è Giasone, Eeta e Morgar in quelle dedicate a Medea sono sviluppati, mentre tutti gli altri sono ridotti al ruolo di comparsa o poco più. La ricostruzione storica è buona, compresa di folklore, superstizioni, sacrifici agli dei e lettura degli auspici nel volo degli uccelli. Ma sono i personaggi a brillare più di ogni altro aspetto, ognuno dotato di un proprio carattere, a volte molto complesso e stratificato in molte sfumature, nelle quali è facile riconoscersi.

Altra cosa apprezzabile, e diretta conseguenza del tentativo di umanizzare il mito, il linguaggio semplice e diretto della narrazione, senza cercare inutili complicazioni ma senza affidarsi a un linguaggio troppo basso e inappropriato a personaggi per la maggior parte provenienti dalle fasce nobili della società, per i quali un lessico troppo basso sarebbe sembrato fuori luogo.

L'unica nota negativa è la rappresentazione degli spazi e degli ambienti. In un mito si ha sempre l'impressione che le vicende si svolgano in un non-luogo al di fuori dalla realtà, nel processo di umanizzazione del mito sarebbe importante dare una definizione accurata della scena, così da permettere al lettore di creare un'immagine mentale delle città e, in questo caso, della nave. Purtroppo gli unici due luoghi dove questo viene fatto bene sono la zona selvaggia dove è cresciuto Giasone e la città di Ea con i suoi dintorni, fino alla palude. Tutti gli altri luoghi rimangono in un alone di mistero tipico del mito che rovina parzialmente l'umanità dei personaggi. In particolare mi sarebbe piaciuto vedere una descrizione migliore della nave Argo, sia perché il gruppo passa molti mesi a bordo, sia perché Giasone prova un grande affetto per la nave.

Un dettaglio all'interno di un lavoro comunque ottimo, scorrevole e facile da leggere, in una rivisitazione molto umana di uno dei più famosi miti della storia greca. I nomi sono quelli di eroi leggendari, ma i personaggi vivono passioni comuni a tutti gli uomini e le donne, e in questo si trova la bellezza degli Argonauti del XXI secolo: gli eroi non sono poi così diversi da noi.

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