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Emma Fenu, "La madre del vento"

22 Novembre 2024 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

La madre del vento

Emma Fenu

PubMe Gli scrittori della porta accanto, 2024

pp 133

 

La madre del vento, di Emma Fenu, scrittrice che ammiro per la bravura e il lirismo – basti citare il bellissimo incipit, mutuato dalle ultime parole della nonna del marito, “Tienimi la mano, Madre. Stanotte ho paura” o, poco più avanti, il potente “elicriso ferito dal sole” – ruota intorno alla figura di Dalida Nissei, una donna finita in manicomio perché diversa, perché non amata e perché autoconvinta di essere portatrice di morte. La madre Maddalena non l’ha mai amata, anzi, l’ha apertamente detestata, costringendola a non amare se stessa.

Bellissima, delicata, selvaggia – in una parola libera – è stata vilipesa e allontanata da tutti. Ha una sensibilità così estrema da portarla in contatto con l’invisibile, con l’aldilà, con gli agenti atmosferici, con le premonizioni. Troppo avvenente per non essere in combutta col diavolo, troppo chiare le sue iridi per appartenere a questo nostro mondo, troppo passionale l’amore per quello che diverrà suo marito, e che la odierà al pari di tutti gli altri.

L’unica che non l’avrebbe aborrita, che le avrebbe voluto un bene istintivo, è colei che non ha potuto conoscere, la figlia che non le è stato permesso crescere, Lucia, il secondo io narrante della storia, la quale, a sua volta, può essere collegata al diavolo ma solo nell’aspetto luciferino, ossia come portatrice di luce e conoscenza.

Dalida e Lucia, madre e figlia, ma anche Dalida e Maddalena, la nonna di Lucia. Tre donne attraverso le quali si perpetua una maledizione di sofferenza che sarebbe stata evitabile. Sarebbe bastato interrompere la catena, fare scelte diverse, come quella compiuta nel finale da Lucia. Una scelta che redime, trasfigura il ghigno della follia in un sorriso di assoluzione e pacificazione in punto di morte.

La Fenu analizza a fondo il concetto di Maternità. È madre matrigna Maddalena, cattiva, superstiziosa ed egoista; è madre inconsapevole e negata Dalida; è madre protettrice la Madre del vento, entità mitologica ambigua, che governa il mare e le tempeste, che racchiude in sé compassione e pericolo, acque calme e acque agitate, quello che, in fondo, sono un po’ tutte le madri, non sempre perfette come le si preferisce immaginare.

Questo romanzo mi ha fatto tornare in mente, per libera associazione, Sulle ali del vento del nord, di George Mc Donald. Anche lì c’è un bambino diverso, “un bambino di Dio”, geniale ma talmente candido da apparire ritardato, che si affida a una entità temuta da tutti, ma non da lui, che altri non è se non la Morte stessa.

Un romanzo, questo della Fenu, impastato di antiche leggende, storie di famiglia rielaborate, archetipi junghiani, desideri inappagati, tradizioni sarde. Un’altra conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, delle straordinarie capacità affabulatorie di questa magnifica narratrice.  

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