Aldo Dalla Vecchia, "Amerigo Asnicar"
20 Febbraio 2016 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #televisione, #recensioni, #racconto
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Amerigo Asnicar, giornalista
Aldo Dalla Vecchia
Murena editrice
pp 75
10,00
Questo è il quarto libro di Aldo Dalla Vecchia ed è, a mio avviso, il più originale, perché mescola il giallo – a dire il vero un giallo elementare - all’ambiente che l’autore conosce per averlo frequentato da sempre e di cui trattano anche le sue opere precedenti, vale a dire il mondo della televisione Mediaset.
Dalla Vecchia costruisce un personaggio di giornalista investigatore, tagliandolo su se stesso, sulla sua professione, sui suoi interessi, addirittura sulle sue frequentazioni. I tre racconti che propone, infatti, hanno per protagonisti, non solo caratteri inventati, ma anche persone in cane ed ossa, amici dell’autore che sono, poi, famosi e conosciuti nel mondo dello spettacolo e del jet set milanese, da Cristiano Malgioglio a Mara Maionchi, a Paolo Mosca etc.
Aldo disegna se stesso in un habitat che è, allo stesso tempo, reale e parodistico. I personaggi sono attori, modelle, autori televisivi, persone ritratte senza sconti, senza paura di far nomi e cognomi, ma con sarcasmo bonario e gentile. C’è molta satira dell’ambiente, ma è fatta da dentro e con indulgenza. Le storie fanno riferimento all’attualità, necessitano di una lettura non differita, come il terzo racconto che si svolge durante l’Expo di Milano.
La scenografia e i personaggi, a partire dal protagonista - con quel cognome che sa tanto di anagramma ma è solo tipicamente veneto - ricordano le figure dei fumetti anni settanta, tanto amati dall’autore, a partire dal Corrierino dei piccoli, da cui Amerigo Asnicar sembra saltato fuori, pur essendo, come abbiamo detto, Aldo stesso, con le sue abitudini, l’amore per il burraco, il cane e il gatto, l’appartamento in una Milano “amatissima”, persino con un pizzico d’introspezione struggente.
“a casa sua ero stato tante volte, e ci arrivai a piedi in pochi minuti anche quella sera d’autunno limpida e tiepida, con una sensazione strana indefinibile che non era semplice dispiacere, non era ancora dolore , ma aveva già i contorni nebulosi, il sapore acre , l’odore pungente della tragedia.” (pag 9)
Da questo mix di giallo meneghino e luccichio patinato da jet set, escono delle storie godibili, simpaticissime, divertenti e al passo coi tempi, da leggere man mano che usciranno – perché si preannuncia già una serie.
Lo stile è quello solito di Dalla Vecchia, elegante, colto. Lui stesso è un misto di educazione, cultura, umiltà e leggerezza perbene. È osservatore partecipe ma sottilmente critico di un ambiente fatto di gossip, di apparenza e, forse, di un briciolo di solitudine, un ambiente che lui adora, che comprende a fondo e al quale non rinuncerebbe per niente al mondo.
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