Tutto fumetti e niente Dylan
Bisognava avere coraggio negli anni sessanta, per riconoscere che i fumetti potessero avere la giusta dignità e considerarli una forma di scrittura alla pari delle forme tradizionali della scrittura, come la poesia o il romanzo. Elio Vittorini era coraggioso e curioso, avido di novità, mai fermo sui soliti binari della conoscenza e della lettura. Per Vittorini, infatti, i fumetti rappresentavano una forma di scrittura e di narrazione, di riscrittura di un mondo di poesia e di immagini. Un mondo ancora per molti sconosciuto e poco apprezzato, se non addirittura disprezzato. Era un coraggioso sperimentatore e un intellettuale avido di novità, curioso di tutto e di tutti, Vittorini, ma il riconoscimento ufficiale alla sua sperimentazione gli viene da Eco che lo intervista per Apocalittici e integrati.
Eco non aveva bisogno di convincimenti, poiché ha sempre rappresentato, a suo modo, il mediatore tra il mondo della scrittura e dell’immagine, tra i mass media e la cultura di massa. Nell’intervista infatti sembra solo voler confermare il suo giudizio e il suo apprezzamento soprattutto per le strips, poiché la vignetta viene paragonata alla lettura di una pagina di un romanzo, che poco ci dice di tutta la storia. Nelle strips invece la storia si snoda snella e leggibile, vi è una sequenza di parole e disegni, che insieme danno un senso, che raffigurano tutto un mondo, un modo di pensare, una comunità e individui che vengono descritti e raffigurati in un determinato aspetto, anch’esso importante. E’ la ripetizione e la sequenza temporale delle strips che crea un mondo caratterizzato da un certo numero di personaggi, principali e secondari, proprio come in un romanzo.
E questi personaggi e il loro parlare, il loro pensiero, travalicano il mondo dei fumetti per sconfinare nel mondo reale, con espressioni e con un gergo da applicare nella vita di tutti i giorni. “Era una notte buia e tempestosa”, così Snoopy inizia il suo romanzo. In realtà ricalca le parole di inizio di un romanzo di Edward Lytton, che pochi avranno letto e l’autore non sarà stato dispiaciuto, perché la sua frase è diventata immortale, proprio per la vena da scrittore del simpatico bracchetto.
Una volta che il riconoscimento dei fumetti è stato accettato e “legalizzato”, fioriscono gli autori che fino ad allora avevano operato nell’ombra e nell’anonimato, fino a diventare figure insostituibili e popolari. Sulle testate nazionali diventano dei nomi, dei commentatori arguti e insostituibili delle vicende politiche e della cronaca, una sintesi immediata del fatto.
E avreste mai pensato che il severo, intransigente Calvino, forse ancora prima di leggere, ha usato Il Corriere dei piccoli come un libro di testo da cui attingere notizie, ritagliare disegni, comporre e ricomporre storie secondo la sua fantasia?
Forse Il Corriere dei piccoli o Topolino di Disney sono stati i racconti a fumetti che ci hanno accompagnato nei primi nostri anni, quando forse non conoscevamo ancora la lettura e solo le figure ci aiutavano a descrivere e comprendere la storia. Sono proprio le ambientazioni, le espressioni dei volti, la posizione dei corpi che sostituiscono le descrizioni dei sentimenti, delle situazioni e delle azioni.
E poi Quino: Mafalda e i bambini, Manolito, Susanita, osservatori e protagonisti della vita quotidiana, commentatori ironici degli avvenimenti, da quelli domestici e scolastici a quelli mondiali. I bambini assurgono a protagonisti indiscussi, acquistano pari dignità con gli adulti, propongono domande imbarazzanti e scomode, dichiarano candidamente che sono stanchi di lezioni standardizzate, ripetitive e poco interessanti. ”E non sarà che a questo mondo c’è sempre più gente e sempre meno persone?” quando leggiamo i pensieri di Mafalda non viene il dubbio che anche noi siamo arrivati a quella conclusione?
E il pubblico adulto aspetta con costanza e assiduità la continuazione del racconto degli eroi che lo accompagnano dall’infanzia. Conosco lettori di Tex che hanno cambiato casa, forse compagna, città e lavoro, ma non hanno mai tradito il loro eroe, così come Tex resterà per sempre fedele alla sua Lilith…
Poi il disegno conquista nuovi lettori, scala altre forme di lettura con la ‘graphic novel’.
La graphic novel costituisce una forma di romanzo, non breve, senza le interruzioni tipiche delle strisce e rivolto a un pubblico adulto: è caratterizzata dal genere, poiché tratta tematiche attuali, vicende storiche o di cronaca. Le ambientazioni sono realistiche, i personaggi a volte caricati per esprimere al meglio e in maniera inequivoca i loro sentimenti. Il pubblico è in aumento e questo fenomeno editoriale viene accolto ormai anche dalle più grandi case editoriali, poiché non rappresenta più un fenomeno di nicchia, ma piuttosto di vasta diffusione. In fondo la graphic novel può essere considerato come un mezzo di unione tra la letteratura e il cinema, conservando dell’una le parole, dell’altro le immagini. Non vi è solo la narrazione di storie intere e complete, ma anche la struttura narrativa a volte è simile, perché la graphic novel e il suo linguaggio è stato fortemente influenzato dal linguaggio cinematografico. Viene anche usata la tecnica del campo e del controcampo come nel cinema, per indicare alternativamente i soggetti coinvolti o con inquadrature diverse per indicare fatti che si svolgono contemporaneamente.
Arriva Pratt che ci traghetta in mari avventurosi, ci conduce per terre senza confini e schemi, alla ricerca di un tesoro che non ci regalerà oro, ma la realizzazione dei sogni, l’unico motivo per cui vale vivere. Pratt dona al lettore un codice segreto per entrare in un mondo dove la vita e il viaggio si fondono e dove un personaggio come Corto Maltese ci incanta come avventuriero, come pirata e come sorprendente gentiluomo. Una fusione quella di Pratt e Maltese o una simbiosi: passione per il mondo e le sue culture, passione per le terre sconosciute, spiriti liberi, miscela inscindibile tra fantasia e realtà.
Eccolo Corto Maltese:
“Se mi trovo in compagnia di persone intelligenti non fa differenza se uno è italiano, etiope o argentino. Solo la stupidità e l’insensibilità non hanno bandiere” “Sono l'Oceano Pacifico e sono il più grande di tutti. Mi chiamano così da tanto tempo, ma non è vero che sono sempre calmo. A volte mi secco e allora do una spazzolata a tutti e a tutto. Oggi per esempio mi sono appena calmato dall'ultima avventura…” “Non sono nessuno per giudicare. So solamente che ho una antipatia innata per i censori, i probiviri. Ma, soprattutto, sono i redentori coloro che mi disturbano di più.”
Poi Paz, Andrea Pazienza, inventore di storie, testimone dei favolosi e terribili anni 80, dissacratore e insieme custode dei sentimenti più comuni, Dissacratore dicevamo, ma anche cultore di sentimenti di stima e tenerezza, che naturalmente trasferiva nei sui disegni: Pertini, amato presidente e partigiano, combatte con lui (nomi in codice di Pert e Paz) in disegni fulminanti con risultati altamente espressivi. Unico strumento di lavoro un pennarello nero, non un segno di matita da poter cancellare, perché il disegno era già nella sua mente, pronto, solo da trasferire sulla carta. Andrea Pazienza è stato definito enigmatico, sfuggente, contradditorio, ma si ha invece la sensazione che le mille sfaccettature del suo carattere siano tutte incise nei suoi personaggi; la droga, il disagio, la morte sono l’estensione del suo malessere, della sua fatica di vivere e se i suoi personaggi sono caricaturali e grotteschi, con tratti di violenza, nelle sue parole troviamo espressioni di poesia, di passioni, insieme a tanta disperazione.
E quindi il fumetto in questi ultimi anni è diventato più adulto, e i ragazzi, diventati grandi, continuano a seguire i loro eroi di ragazzi, non più il divertimento per eterni adolescenti, anche se qualcuno continua ancora a nascondere nel quotidiano Tex o Corto Maltese, uscendo dall’edicola, o a spacciarli per letture dei nipoti. Si raggiunge pian piano un maggiore rispetto per il genere, con produzioni veramente mature e significative, con argomenti seri, che trattano eventi storici e conflitti bellici, come la serie di Persepolis di Marjane Satrapi. La storia, a fumetti, inizia poco prima della Rivoluzione iraniana, e con gli occhi di Marjane, bambina di nove anni, attraversa il cambiamento del paese, il potere dei fondamentalisti islamici, la riduzione delle libertà e delle speranze, soprattutto delle donne fino alla fuga in Francia di Marjane ormai ventiduenne. Approdato al cinema, candidato all’Oscar, il film ha vinto il Premio della giuria al Festival di Cannes 2007. In effetti anche in Italia i fumetti sono entrati in premi importanti e “seri”. Tra i candidati al Premio Strega del 2014 con “una storia” di Gipi, e “dimentica il mio nome” di Zerocalcare nel 2015.
Ma in fondo perché tanta meraviglia? Il primo tipo di comunicazione scritta non è stato forse il graffito? La prima scrittura non è stata la cuneiforme e il geroglifico? Non sono forse disegni raffiguranti oggetti, persone o scene di vita quotidiana? Il disegno, la ‘vignetta’ prima della scrittura, come una rivoluzione nello scambio di informazioni e nelle comunicazioni, come custode di una memoria permanente. Perché allora non a Corto Maltese il prossimo Nobel?
"Vi siete fatto male? Come siete caduto?" "Cado spesso un poco dalle nuvole."