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Giovanna Strano ci parla del suo ultimo libro

8 Maggio 2020 , Scritto da Giovanna Strano Con tag #giovanna strano, #recensione

Giovanna Strano ci parla del suo ultimo libroGiovanna Strano ci parla del suo ultimo libro

 

Giovanna Strano, già autrice de La Diva Simonetta, ci presenta il suo ultimo romanzo.

Il sogno, la realtà. Una dimensione a mezz’aria crea appagamento. Il romanzo fantasy Il bianco gelsomino di Giovanna Strano, Delos Digital, ha un sottotitolo che ne riassume la sostanza: non esistono amori impossibili.

Emozionante e denso di magia, narra una storia fantastica in bilico tra realtà e sogno. La protagonista è Maria Luce, una giovane donna imbrigliata in una vicenda surreale, che la coinvolgerà profondamente nei sentimenti e nel suo stesso modo di essere.

Luce acquista una vecchia casa per andarvi a vivere da sola, conquistando l’indipendenza dai genitori. Al primo accostamento con l’abitazione, ancora da ristrutturare, ha una visione che le riporta alla mente un episodio, senza spiegazione, avvenuto quando era bambina.

All’interno della casa la donna riscopre una nuova dimensione di appagamento. Ma presto accadono eventi inspiegabili, in quanto Luce avverte una presenza estranea che la notte, durante il sonno, le sta vicino.

Da sfondo alla narrazione vi è la bellissima isola di Ortigia, a Siracusa, gioiello pulsante del territorio siciliano, ricca di spunti artistici e culturali che coronano lo svolgimento. Si susseguono momenti straordinari di trasposizione nel passato e l’accostamento con un’entità impalpabile scatena l’amore, la passione.

Eppure qualcosa di estremamente insidioso si aggira tra le mura antiche della casa. La narrazione trascinante conduce il lettore nei meandri dell’inconscio e dell’onirico, ponendo domande cruciali insite nella fragilità dell’esistenza.

La giovane donna ne resta imbrigliata senza via di scampo. Sceglierà di vivere o di vagare eterea nell’aria? Ma qualcun altro deciderà per lei. Indissolubilmente.

 

 

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Andrea Mauri, "Contagiati"

7 Maggio 2020 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni

 

 

 

 

Contagiati di Andrea Mauri (Edizioni Ensemble 2019) è una narrazione ossessiva sulla caducità delle relazioni umane, sul senso psicoanalitico di angoscia che separa la mente dal corpo con il cambiamento inevitabile delle patologie improvvise che influenzano i legami con gli altri. La fredda ed implacabile indicazione delle storie è un'esecuzione prolungata di insicurezza ed esitazione, contaminata da ogni influsso negativo conseguente ad ogni sentimento di umanità, diffusa in un'apprensione corale quando il contagio si impone a scompenso aggressivo dell'intelletto e priva l'onesta maturità dei rapporti umani. Il castigo corrisponde alla colpa e la sofferenza è la riflessione sull'incomunicabilità, il tormento insistente ed assillante è tradimento e separazione. L'autore riconosce la trama maniacale del malessere emotivo e ammette la manipolazione della solidarietà. L'ansia disastrosa di isolamento impulsivo che orienta i racconti è il cedevole scenario in cui si proietta l'interpretazione trattenuta e soffocata della vita, nel contesto terapeutico della cura decadente alle affezioni della realtà. Ogni racconto è comunicazione satura di estraneità nella sfida quotidiana e morale per la guarigione, nell'assurda ed illogica contraddizione dei protagonisti, custodi della dolorosa difficoltà, disperata e vitale, di sostenere il tempo ed impedire il congedo dalla vita. I personaggi ammettono la debolezza malinconica e fiera di chi rivolge lo sguardo alla fine e vivono affatturati, ammaliati da pensieri filosofici impassibili ma nell'intento introspettivo di dare un significato alle loro vicissitudini ne diventano ineluttabilmente schiavi. Spaventati da un eccesso di lucidità, scossi da caotici clamori, si abbandonano a nocivi ed impazienti monologhi. Lo stile dell'autore, autentico, sano ed essenziale implica nelle parole incessanti il coinvolgimento apprensivo di ogni confessione e le variazioni dell'inquietudine dilatano una letteratura della fine contro la fine, come principio nella finalità inviolata di un antidoto che coesiste con le nostre tensioni, con il decoro della cognizione, con la sapienza dell'accortezza. L'omaggio all'inizio del libro ne è serena profezia: “A chi ama lasciarsi contagiare dalla vita”.

 

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”

https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti

“A volte i pensieri sono come delle infezioni, e alcuni diventano vere e proprie epidemie. Wallace Stevens “

 

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“La campagna circostante aveva perso ogni riferimento. Si erano perduti alberi, cespugli, giardini, steccati, pullmini. Niente. Il deserto. Il silenzio di una città morta. Faceva freddo sull’ultimo gradino, ma non avevo intenzione di rintanarmi in casa: là dentro mi aspettava la quarantena, ancora più incattivita. Alla fine sono crollata, come addormentata sulla terra nuda.”

 

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“Sono sicuro che tornerai con il clima più clemente, in tempo per raccontarti del miracolo dell’inverno e della nuova fioritura, che si preannuncia feconda. Solo per questo regalo inatteso non tutto è perduto. Il roseto ci inchioda alla terra madre, ci costringe ad aspettare il vento del sud e con lui tutte le rose, le più stravaganti e le più resistenti che deciderai di portarmi.”

 

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“È la luce che il sole ha regalato alla luna, dopo essersi lamentata di essere troppo piccola e di non contare niente nell’universo. Il sole sembra disinteressarsi delle vicende del cosmo. Lo colpì il coraggio della luna e così decise di regalarle una parte della sua luce. La rese così importante che da quel momento in poi avrebbe scandito il tempo degli uomini sulla terra, lo scorrere delle stagioni, il ripetersi della vita.”

 

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“È sufficiente abbandonarsi alla magia delle parole, all’alchimia dei testi costruiti con l’immaginazione o con la paura di sognare perché niente vada perduto. Ogni dettaglio serve a ricostruire la realtà. Ogni dettaglio va scritto per recuperare la parte sana

del corpo.”

 

 

 

 

 

 

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Globalizzazione

6 Maggio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

«Ti ricordo che domani abbiamo compito in classe, quindi spegni quell’affare.»

Michele, non rispose, si limitò ad annuire con impercettibili cenni del capo.

«Francamente non ci tengo a beccarmi un due in matematica per colpa tua» protestò Marcello, sempre più spazientito.

«Non ti scaldare, abbiamo un mucchio di tempo per studiare» lo tranquillizzò Michele, dandogli un minimo di attenzione.

Marcello lo fissò con aria interrogativa, si chiedeva cosa stesse cercando su Internet, difatti, dall'angolo in cui stava seduto, non riuscendo a scrutare bene il PC e non avendo voglia di alzarsi dalla sedia da scrivania, glielo domandò.

«Sembri molto preso. Che diavolo stai combinando?»

«“Diavolo”? Non sarebbe un'idea da scartare!» esclamò il suo compagno di scuola e, tramite iTunes, fece doppio clic su un'icona per riprodurre il brano La danza delle streghe di Gabry Ponte, per cantarla forsennatamente e per di più storpiando il ritornello.

«Danzano le streghe, danzano le streghe, di Michele Fonte, Michele Fonte Michele Fonte…»

«Sei proprio divertente. Però non hai risposto alla mia domanda».

«Siamo quasi ad Halloween, al Green Lantern ci sarà una festa a tema e non so come vestirmi. Magari da vampiro? Oppure da lupo mannaro?»

«Ah, quella sorta di carnevale in versione dark? A mio parere qui in Italia l’ho sempre vista come un qualcosa di artificioso» gli fece notare Marcello grattandosi il mento, perplesso.

«Compare, sveglia, non esistono solo carretti e pupi siciliani, la Festa di Sant’Agata di Catania o qualsivoglia. E sappi che al Green Lantern ci andremo insieme!»

«Manco morto!» tuonò l’altro con un cenno di no con il dito.

«Vedi? In qualche modo stai entrando nello spirito della ricorrenza. L’hai detto proprio adesso: manco morto!»

Marcello rise forzatamente, non gli andava di prestarsi ad una gazzarra halloweeniana.

«Mi prometti che non ti offendi?» gli chiese Michele.

«So già cosa vuoi dirmi, ovvero che sono mostro già così e che non c’è bisogno né di costume e né di trucco».

«No, non è questo!»

«E allora cosa?»

«Credo di essere sempre stato sincero con te, no?»

«Esatto. So che lo sei e su questo non ci piove!»

«A scuola ti ritengono retrogrado e non hanno mica tutti i torti. Hai mai sentito parlare di globalizzazione?»

«Sì, so cos'è! E allora?»

«Come ben sai è un fenomeno dal processo inarrestabile, inoltre non è affatto male condividere le culture, gli usi e i costumi di altri paesi e… soprattutto le feste!»

«Ma che cavolo dici?»

«Marcè, è inutile negarlo, sei rimasto indietro. Ti consiglio di metterti a pari passo con la società, quindi aggiornati ed evolviti». 

Dinanzi a queste parole, Marcello restò colpito tant’è che annuì all’amico con complicità.

«Ok, adesso andiamo a ripassare» gli disse Michele, dandogli una sonora pacca sulle spalle.

«Mi permetti di usare il tuo computer? Prepara libri, penne e quaderni, siediti tranquillo, che io intanto…»

«Che devi cercare?»

«Beh, visto che devo adattarmi alla globalizzazione, innanzitutto desidero dare un’occhiata al calendario delle feste giapponesi e sapere la data esatta del Capodanno cinese».

«Feste giapponesi? Capodanno cinese?»

«Le cose o si fanno fino in fondo o non si fanno proprio» gli rispose il neo globalizzato, digitando frettolosamente sulla tastiera. «E adesso scusami, vado pure su E-Bay, per acquistare un dragone di cartapesta e dopo su YouTube per imparare la Danza del Drago» concluse.

Michele lo guardò, sorridendo.

«Temo che la globalizzazione l’abbia presa un po’ troppo seriamente» pensò, ironico.

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LE NOVE DOMANDE E MEZZA PIU’ PAZZE DEL MONDO…MA NON TROPPO: Laurent Verchen de Vreuschmen

5 Maggio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #interviste, #poesia

 

 

 
 
 
Amici lettori, nove domande e mezza sono nulla in confronto alla mente di uno scrittore. Uno scrittore non ha una mente ma un universo, una galassia, cosmici buchi colorati profondissimi che conducono a una sola cosa, la vostra gioia, il piacere di farvi leggere e sentire in sintonia con questo affascinante oggetto misterioso che è lo “scrittore”.
Oggi ho con me un giovane, non posso simpaticamente maltrattarlo perché ha la faccia da buono e poi perché la sua scrittura è onesta, pulita, magari astratta, perché la sua fantasia è un vortice di emozioni. Ma attraverso di essa non cerca scorciatoie, escamotage per ammaliarvi, furbizie dialettiche per fare colpo, oh no, lui, come tutti gli altri autori di Libereria hanno scelto la strada più difficile, quella di scrivere con il cuore in mano.
Molto bene, signore e signori, ecco a voi Laurent Vercken de Vreushmen.
 
 1) Non ti chiedo perché scrivi… Quando hai iniziato a farlo?
 
- Scrivo da 25 anni. A 6 anni lessi Favole al telefono di Gianni Rodari e, immaginandomi in qualità di suo nipotino acquisito, iniziai a scrivere filastrocche. Da ragazzo, continuavo ad amare e immaginare; così, leggendo, dalla Storia infinita di Michael Ende alle Avventure di Gordon Pym di Edgar Allan Poe, la vita reale non mi appariva particolarmente diversa. Immaginati, poi, altri classici, dopo la lettura iniziai a rendermi conto delle umanità al di là dei testi: autori editori scrupolosi di sé stessi. Mi rendevo conto di somigliare a loro, di immaginare per amarmi, di scrivere per raccontare l’amore di vivere.
 
 
 
  1. ) A scuola eri un secchione? Sì? No? Perché?
-Lo ammetto, secchione un po’, perché no? Ma altre volte preferivo il bar.
 
  1. ) Il tuo libro è consigliato per chi e perché.
Qualcuno di inadeguato è per tutti. Perché tutti, quando leggono, sono sognatori e innamorati.
 
 4) Da dove arriva la tua ispirazione?
 
- Ah ah, e adesso te lo dico così: è inadeguata. Non è stabilita, ma la stabilisco io. Non è adeguata, è adatta e si adatta.
 
 5.) Hai mai avuto il blocco dello scrittore? Come hai risolto? Se invece non ti è mai capitato, quale è il tuo escamotage per non fartelo capitare?
 
- Mi capita di fermarmi per qualche tempo, così riprendo dopo avere pensato meglio.
 
  1. )Al bar stai inzuppando il cornetto nel cappuccino, di fianco a te si siede Eduardo de Filippo, che gli chiedi?
-“Signor De Filippo, molto lieto, lasciate che mi presenti: sono uno scrittore futurista. Semmai abbiate bisogno di un nuovo sceneggiatore, non avreste che da chiedere.”
 
E  lui, volgendo uno sguardo buono e solenne, mi dice: “Guagliò, buongiorno a voi. Siete caro, ma non mi pare una buona idea”.
 
A questo punto, vedo passarci accanto Franco Zeffirelli, così gli dico: “Maestro, salve, mi aiuti lei a convincere il signor De Filippo. Vede, sono sicuro di potere lavorare insieme e mettere in scena grandi opere avveniristiche”.
 
E così Zeffirelli cede il passo alla conversazione, trovandola molto interessante, mette mano all’orologio, aggiusta gli occhiali, il foulard e, dopo un colpo d’occhio gentile a noi due, dice: “Maremma ‘he bellezza: da tanto ‘un si parlava di ‘hose nuove. E purtroppo sempre a dire, sempre a fa’: si favoleggia, si ciancia, si ride… ma qui giovini, la giovinezza è una ‘hosa seria. E si ridesse invece bene pe’ farla film, pe’ farla poesia. Vivere è ‘hosa seria, cari amici, e il suo cuore è un cuore vivo, ‘he vivendo ride.”
 
E, dopo la colazione, tutti e tre, passeggiando tra le ombre e le luci di un viale alberato, che ricorda alquanto Firenze, ma anche Napoli e Roma, discutiamo, ridiamo, raccontiamo, progettiamo insieme, in nugoli di pensieri, i prossimi film futuristici.
 
 7.) Che sei disposto a fare a favore del tuo lettore?
 
- Ancora non lo so, sentiamo le sue domande.
 
 8.) Sei naufragato su di un’isola deserta insieme alla donna più bella del mondo, recita la tua poesia più bella d’amore.
 
- Va bene. Per lei sia: "Testimone degli amori”, Roma, Libereria, 2019.  www.libereria2017.com  
 
  “Testimone degli amori”
 
 Qualsiasi giorno è importante 
 
Per ogni occasione che piove dal cielo delle speranze
 
 Per ogni amato stupore da rubare al gelo delle paure 
 
 E anche se non splendono al sole come brillanti
 
 Sono gli amanti a volersi amare 
 
 Per ogni occasione
 
 Per ogni stupore
 
 Nelle spire delle gioie e dei dolori 
 
 In un giorno come gli altri
 
 Testimone degli amori
 
 
9.) Sei un attore porno, non sei d’accordo con il copione e in una scena a luci rosse cambi le battute a modo tuo… Che diresti alla tua partner di scena?
 
 - Mia cara, sia innamorata la vita per te: La vita innamorata, Roma, Libereria, 2019.  www.libereria2017.com
 
 “La vita innamorata”
 
Alcuni,
 
I giocatori con sé stessi
 
 Coloro che corrono il rischio costante di perdersi,
 
 Ritrovandosi solo scommettendo,
 
 I dolci furfanti dei propri sbagli,
 
 Solo ad alcuni è concesso di illuminarsi in sorrisi appassionati,
 
 Amare senza chiedere,
 
 Tornare impetuosi alla vita innamorata
 
 
 ½)  Hai la possibilità di inventare un virus benevolo e positivo che faresti?
 
  - In un laboratorio dove si produce felicità inventerei il virus del vivere. Libereria ne è un esempio: autori che sono editori. Artisti che hanno smesso di nascondersi e, interpretando a modo loro la realtà, amano vivere.
 
 
 
Laurent Vercken de Vreuschmen nasce a Roma, nel 1988. Dopo le lauree in Filosofia e Scienze Politiche, lavora presso le Nazioni Unite  in qualità di giornalista freelance.
 
Attualmente è libero insegnante di Lingue Romanze. Il suo primo libro è: “Qualcuno di inadeguato”, Roma, Libereria, 2018.
 
E con il virus del “vivere” una parola semplice nella quale è condensato un fantastico mondo di felicità inventato per questa occasione dal nostro autore, un virus che potete già trovare sfogliando tutte le opere Libereria in catalogo, giungendo al termine, amici lettori del blog che guarda con amore al passato, al presente e al futuro, vi ringraziamo e vi salutiamo ma prima vorrei fare un ultima domanda, che  concedo a Laurent per farmi perdonare  le volte che l’ho coinvolto nelle mie interviste nelle quali gli ho affidato compiti di fatica, per chi si è perso qualche puntata con Giacomo Balla, Laurent ha dovuto spingere a mano la 500 invece con Keith Haring l’ho fatto pedalare sul 600 a pulmino delle suore pacifiste, quindi l’ultima domanda è:
 
  -Laurent qual è il tuo sogno nel cassetto?
 
 -Questa è facile caro Walter. Desidero potere partire per lo spazio siderale e, da lì, dalle fauci dell’Universo, osservando da nuove prospettive nuove cose, scrivere nuove poesie e nuovi racconti per tutti. Da altre prospettive del vivere, resistendo alla gravità di ogni cosa.
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Intervista con l'artista: KEITH HARING

4 Maggio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #pittura, #arte, #le interviste pazze di walter fest

Disegno di Walter Fest

Disegno di Walter Fest

Bentornati, amici lettori della signoradeifiltri, eccoci insieme a voi per un nuovo appuntamento. Per questa occasione, dopo aver incontrato tanti artisti che hanno passato gli 'anta, oggi ho pensato di presentarvi un giovane.
Purtroppo, abbiamo ancora un problema con i nostri mezzi di locomozione, in questo ultimo periodo non siamo molto fortunati, ma nel nostro blog abbiamo l’antivirus più potente del mondo e, quindi, Matteo Gentili, il grande scrittore prestato all’automobilismo, ci ha riconsegnato il 600 a pulmino, preso in prestito dalle suore pacifiste, perfettamente in ordine, mancante del motore. In compenso ha installato una pedaliera, quindi ora, coadiuvato dalla mia squadra Libereria di pedalatori, pedalando andremo a prendere il giovane Keith Haring.
Un attimo che ve li presento, sono tutti scrittori passionali dal verbo sciolto, oggi pedaleranno per voi: Marta Bandi, autrice di Parlami di un fiore, Roberto Inzitari, autore di Se rinasco mi impegno di più, Roberto Stasolla, autore de Il valore del peccato, Alessandro Mazzà, autore di Ne varietur e Laurent Verken de Vreuschmen autore de Qualcuno di inadeguato.
 
Ma tu guarda attentamente, soffermati ad immaginare, tra le righe vedrai cuori pieni di amore, siano i nomi le culle delle domande che proteggo, che ho paura, che contengo, tanto manca, nulla manca chi salva il tuo cuore ti ha salvato tutto intero@libereria2017
 
Forza ragazzi, avete a disposizione il frigo bar, tv a colori, una gigantografia di Totti, pasticcini, cioccolatini e l’ambiente profumato alla vaniglia, perciò ora pedaliamo che abbiamo fatto tardi.
 
Per chi non avesse capito, questa automobile va a pedali, in compenso non inquina e non consuma carburante. Ottima per il training atletico, prossimamente ne vedrete di simili camminare normalmente su tutte le strade nazionali e internazionali. Ragazzi, non lamentatevi, c’è chi paga per andare in palestra, non siete contenti? Ma ecco, vedo in fondo al viale Keith Haring. Molto bene, lo chiamo.
 
- Hi Keith!
 
- Ciao a tutti, bello questo pulmino!
 
- Keith, posso presentarti i miei amici?
 
- Certo, che fate di bello?
 
- Siamo scrittori.
 
- Scrittori? Interessante… Ragazzi, dove mi portate?
 
- Possiamo andare a Pisa e poi fare un giro al mare, ti va di pedalare?
 
- Oh, sì certo, bella idea. Su un muro di quella città c’è un pezzo del mio cuore.
 
Keith Haring (Reading, 4 Maggio 1958 – New York, 16 Febbraio 1990)
 
Keith Haring può considerarsi un artista predestinato perché, grazie all’influenza del padre, appassionato di fumetti e di grafica ha, sin da piccolo, mostrato un grande interesse per il mondo dei comics. Terminata la prima fase scolastica, il padre gli fece continuare gli studi nell’ambito della grafica pubblicitaria, di gran moda in quel periodo, ma la personalità di Keith lo portava ad andare fuori dagli schemi. Mal sopportava gli strumenti freddi tipici della grafica, lo star seduto a un tavolo tenendo a freno la fantasia. I limiti dei canoni pubblicitari non facevano per lui e così abbandonò gli studi. Per mantenersi, come tanti giovani, praticò i lavori più disparati, situazione che non gli impedì di disegnare e di leggere. A vent'anni, forte del suo entusiasmo e della sua forza creativa, organizzò la sua prima mostra. Dalla Pennsylvania si trasferì a New York, la grande mela era la capitale dell’arte Americana, si iscrisse all’accademia d’arte e iniziò una nuova vita eccitante, entrò in contatto con nuove amicizie e il divertimento fu assicurato, il massimo per un giovane promettente. 
Ma la scuola, le mura dell’edificio scolastico, sono come una prigione, le regole didattiche dell’apprendimento artistico ancora una volta un cappio alla gola, manette per i polsi e un sonnifero per la sua immaginazione. Quindi lascia ancora la scuola ed esce in strada, ogni angolo è fonte di ispirazione, la libertà espressiva è totale e Keith Haring non è solo. Fra i giovani c’è aria di anarchia pittorica, nessun mito da seguire, nessun maestro da imitare, la street art è fuoco e fiamme di colori, un vortice di novità fra i giovani.
Nel 1980 avvenne la prima mostra underground alla quale Keith Haring partecipò con molto entusiasmo. Ormai l’arte di strada era la sua casa e gli altri art writers i suoi fratelli, la metropolitana, probabilmente perché al riparo dalle intemperie, il luogo più sicuro per fare laboratorio.
Keith Haring non ci mise molto ad avere successo e così, grazie a un gallerista che aveva avuto l’occhio lungimirante, nel 1982, con una sua mostra personale alla quale parteciparono come visitatori alcuni artisti affermati incuriositi dall’estro di Keith, iniziò la sua scalata.
La sua originalità lo portò in giro per l’Europa e alla fine degli anni’80 ormai era diventato una star. Purtroppo New York poteva essere il paradiso ma anche l’inferno, l’artista in quegli anni contrasse la sciagurata malattia del secolo. Mentre il suo stato di salute progressivamente peggiorava, riuscì a realizzare in Italia,a Pisa, l’ultima sua grande opera Tuttomondo. Al ritorno a New York, il 16 Febbraio 1990, ancora giovanissimo, morì. Il mondo dell’arte perse una delle sue figure più talentuose.
 
- Keith, il disegno per te era come la voce per un cantante, come ti sentivi quando disegnavi?
 
- Walter, per me era tutto così facile, la matita, oppure qualsiasi mio strumento, era un tutt’uno con il mio braccio. Disegnavo senza sforzo - le linee, le curve, i tratti, con i quali creavo le mie figure - per me era come danzare, fluttuavo con la fantasia sulle onde sonore della mia felicità, dentro di me sentivo una musica invisibile e la mia mano andava da sola sul ritmo che mi faceva stare bene. Mi hai chiesto come mi sentivo? Mi sentivo leggero, quasi trasparente ma, comunque, con una grande forza. In quei momenti avevo la forza di Braccio di ferro.
 
- Quando ti sei trasferito a New York, avevi paura? Lasciavi la provincia per una megalopoli.
 
- A casa certo che mi trovavo bene, anche se, con una matita in mano e un pennino, mi trasformavo in un super eroe, con i miei occhialoni tondi, in testa pochi capelli spettinati, la mia camminata dinoccolata, come un fumetto sempre con la solita felpa indosso. Insomma mi sentivo un po’ fuori luogo, da un lato ero un ragazzo debole, da artista ero in estasi su un'altra dimensione e, in quel momento, solo New York poteva darmi l’opportunità di realizzare i miei sogni.
 
- Keith, che rapporto avevi con la gente?
 
– La gente mi piaceva, non sono mai stato un lupo solitario, amavo lavorare nei luoghi anche affollati dove ognuno poteva godere della mia fantasia, chiunque poteva chiedermi quello che stavo facendo e io amavo rispondere, spiegando e ridendo insieme a loro, insomma la mia vita d’artista era viva, movimentata e divertente.
 
– Avevi circa 28 anni quando sei partito per la Germania. Ti avevano invitato a dipingere sul muro di Berlino.
 
– Era l’86, sì, mi invitarono e non persi tempo, il muro era già stato preparato con il fondo giallo e realizzai la mia opera sulla parte Ovest con una giornata di lavoro. Dentro di me ridevo come un matto al pensiero che, lavorando senza sosta sulle figure che si tenevano per mano lungo i 107 metri, alla fine del muro avrei desiderato girare nella parte Est e continuare l’abbraccio fra gli uomini che stavo dipingendo. Solo tre colori, giallo, rosso e nero, i colori della bandiera Germanica, un popolo che doveva tenersi per mano senza barriere. Valeva per loro e per ogni altro popolo. Il mio voleva essere un messaggio universale.
 
- Sei anche venuto in Italia.
 
- Sì, nel 1989 avevo bisogno di staccare un po’ la spina, allentare la pressione che la notorietà aveva su di me. Avevo perso un paio di cari amici, e poi la mia salute non era al meglio e così capitò l’occasione, una coincidenza, l’amicizia con uno di voi, per partire e venire a fare un'opera unica dalle vostra parti, a Pisa. Avevo tutta per me la parete del retro del convento dei frati, dietro la chiesa di S. Antonio Abate, e sapete perché realizzai una bella opera?
 
- Già perché?
 
- Perché la sera prima di iniziare ho cenato nel refettorio del convento con i frati, ci siamo fatti un sacco di risate e poi, quando ho chiesto della birra, mi hanno detto che non l’avevano ma, in cambio, potevo bere del vin santo, un vino così buono che mi ha dato un'ispirazione pazzesca. Non ho mai saputo di che marca fosse, comunque era un vino miracoloso, per non parlare delle polpette con i carciofi. Che cena divina!!
Il giorno della realizzazione avevo tutta la gente del posto vicino a me, con un'energia positiva che spingeva il mio entusiasmo. Ero tornato indietro ai tempi dei graffiti sotto la metropolitana, l’opera terminata non aveva un titolo, posso dirvi che, per la gioia e l’amicizia con la quale ero stato accolto in quella città, sentivo che su quel muro c’era “Tuttomondo”, un mondo colorato di bene. Poi, per festeggiare il compimento del progetto, facemmo una grande festa, partecipò tanta gente semplice, felice e orgogliosa di aver contribuito alla realizzazione di un'opera che sarebbe rimasta li per sempre, un'opera moderna in un contesto antico, una miscela di amore per la vita.
 
- E poi?
 
- Sono dovuto ripartire, era troppo forte il richiamo dei ricordi dei miei amici, a Pisa avevo fatto un sogno, un bel sogno ma la mia vita era oltre oceano. Forse dovevo rimanere di più nel vostro paese, girarlo tutto, ammirare la vostra arte, bere il vostro vino, mangiare le vostre specialità, respirare la vostra aria, fare il bagno nel vostro mare. A proposito, ma dove stiamo andando?
 
- Andiamo a fare un giro con la fantasia e… a dare un passaggio a quel vecchietto che chiede l’autostop.
 
- Salve,  signore, dove è diretto?
 
- Oh, che bella banda di bùaioli, grazie per esservi fermati, me lo dareste un passaggio a Firenze, che l’è là mì città?
 
- Certamente, prego, salga. Mi scusi ma lei per caso è Franco Zeffirelli?
 
- Ma bravo, e lui sarebbe Keith Haring, l’artista graffitaro. E voi altri chi siete?
 
- Scrittori.
 
-Ma bravi, scrivete senza fermarvi mai, scrivete quello che più vi aggrada, ancor ti può nel mondo render fama, ch’el vive e lunga vita ancor aspetta se innanzi tempo grazia a sé noi chiama.
 
- Maestro, ma lei è un maestro!
 
- Veramente, quello è un altro ancora più vecchio di me.
 
- Maestro, ma a questo punto abbiamo risolto i problemi al bar, se ci presentiamo con lei, il conto lasciato dagli altri artisti sparirà.
 
- Ma siete proprio bischeri, io con me l’argiàn non ho, si può sempre consumar e dopo, come con Picasso prender il vol.
 
- Ma scusi, lei come lo sa?
 
- Cari miei, le voci girano.
 
Amici lettori, a quanto pare il nostro giro di conoscenze sta avendo un grande successo, per oggi il nostro tour è terminato, noi bischeri del blog vi salutiamo e vi aspettiamo al prossimo artista e sarà sempre un piacere.
 
Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’ attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi, l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”.“Keith Haring”
 
Buon compleanno Keith.

Welcome back, readers of signoradeifiltri, here we are for a new appointment. For this occasion, after meeting many old artists, today I introduce you to a young man.

Unfortunately, we still have a problem with our means of locomotion, in this last period we are not very lucky, but in our blog we have the most powerful antivirus in the world and, therefore, Matteo Gentili, the great writer lent to motoring, gave back to us the 600 by minibus, borrowed from the pacifist nuns, perfectly in order, just missing the engine. On the other hand, he installed a pedal, so now, assisted by my Libereria team of pedalers, pedaling we will go to get the young Keith Haring.

I introduce them, they are all passionate writers with a loose verb, today they will pedal for you: Marta Bandi, author of Parlami di un fiore, Roberto Inzitari, author of Se rinasco m’impegno di più, Roberto Stasolla, author of Il Valore del peccato Alessandro Mazzà, author of Ne varietur and Laurent Verken de Vreuschmen author of Qualcuno inadeguato.

 

But you look carefully, stop to imagine, between the lines you will see hearts full of love, the names are the cradles of the questions that I protect, that I am afraid, that I contain, so much missing, nothing is missing who saves your heart has saved you whole . @ libereria2017

 

Come on guys, you have the mini bar, color TV, a giant picture of Totti, pastries, chocolates and the vanilla-scented environment, so now we pedal, we are late.

 

For those who have not understood, this car goes by pedal, on the other hand it does not pollute and does not consume fuel. Excellent for athletic training, you will soon see similar ones going normally on all national and international roads. Guys, don't complain, there are those who pay to go to the gym, aren't you happy? But here, I see Keith Haring at the end of the avenue. Very well, I call him.

 

- Hi Keith!

 

- Hi everyone, nice this bus!

 

- Keith, can I introduce you to my friends?

 

- Of course, what are you doing?

 

- We are writers.

 

- Writers? Interesting ... Guys, where are you taking me?

 

- We can go to Pisa and then take a ride to the sea, would you like to pedal?

 

- Oh yes, good idea. On a wall of that city there is a piece of my heart.

Keith Haring (Reading, May 4, 1958 - New York, February 16, 1990)

Keith Haring can be considered a predestined artist because, thanks to the influence of his father, passionate about comics and graphics, he has shown great interest in the world of comics since childhood. After the first school phase, his father made him continue his studies in the field of advertising graphics, very fashionable at that time, but Keith's personality led him to go outside the box. He could not stand the cold tools typical of graphics, the sitting at a table keeping his imagination in check. The limits of the advertising standards were not for him and so he abandoned his studies. To support himself, like many young people, he practiced many different jobs, a situation that did not prevent him from drawing and reading. At twenty years of age, in his enthusiasm and creative strength, he organized his first exhibition. From Pennsylvania he moved to New York, the big apple was the capital of American art, he enrolled in the art academy and started an exciting new life, he made contact with new friends and the fun was guaranteed, the maximum for a promising young man.

But the school, the walls of the school building, are like a prison, the didactic rules of artistic learning once again a loop in the throat, cuffs for the wrists and a sleeping pill for his imagination. So he still leaves school and goes out into the street, every corner is a source of inspiration, freedom of expression is total and Keith Haring is not alone. There is an air of pictorial anarchy among young people, no myth to follow, no master to imitate, street art is fire and flames of colours, a whirlwind of novelty among young people.

In 1980 the first underground exhibition took place in which Keith Haring participated with great enthusiasm. Street art was now his home and the other art writers were his brothers, the subway, probably because it was sheltered from the weather, the safest place to do a laboratory.

Keith Haring did not take long to succeed and so, thanks to a gallery owner who had had a forward-looking eye, in 1982, with his personal exhibition in which some established artists intrigued by Keith's inspiration participated as visitors, he began his climb.

His originality took him around Europe and by the end of the 1980s he had become a star. Unfortunately New York could have been heaven but also hell, the artist in those years contracted the unfortunate disease of the century. While his state of health progressively worsened, he managed to create his last great work Tuttomondo in Pisa, Italy. Upon returning to New York, on February 16, 1990, still very young, he died. The art world lost one of its most talented figures.

 

- Keith, drawing for you was like the voice for a singer, how did you feel when you drew?

 

- Walter, it was so easy for me, the pencil, or any of my tools, was one with my arm. I drew effortlessly - the lines, the curves, the features with which I created my figures - for me it was like dancing, floating with the fantasy on the sound waves of my happiness, inside me I felt invisible music and my hand went alone on the rhythm that made me feel good. Did you ask me how I felt? I felt light, almost transparent but still with great strength. In those moments I had the strength of Popeye.

 

- When you moved to New York, were you afraid? You left the province for a megacity.

 

- At home, of course, I was feeling well, even if, with a pencil in my hand and a stylus, I turned into a super hero, with my round glasses, a few dishevelled hairs on my head, my slouchy walk, like a comic always with the usual sweatshirt. In short, I felt a little out of place, on the one hand I was a weak boy, as an artist I was in ecstasy on another dimension and, at that moment, only New York could give me the opportunity to make my dreams come true.

 

- Keith, what was your relationship with people?

 

- I liked people, I have never been a lone wolf, I loved working in crowded places where everyone could enjoy my imagination, anyone could ask me what I was doing and I loved to answer, explaining and laughing with them, in short, mine artist life was alive, lively and fun.

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LE NOVE DOMANDE E MEZZA PIU’ PAZZE DEL MONDO… MA NON TROPPO: PATRIZIA POLI

2 Maggio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #interviste, #poli patrizia

 

Amici del blog che fra le nuvole contemporanee lancia raggi di sole culturale, non poteva sfuggire al nostro appuntamento la super blogger toscana, Patrizia Poli, la nostra amica che, dietro un viso dai tratti gentili e timidi, cela una donna capace di esprimere, attraverso la forza delle sue parole, un’energia che ti contagia e  ti avvicina alla lettura.

Ora ho la possibilità di farvela conoscere un po’ più a fondo, queste sono le domande che stiamo per rivolgerle.

 

1) signoradeifiltri.blog sta scalando le vette delle preferenze, qual è la ricetta del successo di pubblico?

Credo che sia la costanza. Il blog è aperto dal 2012. Otto anni in cui non mi sono mai arresa e, con perseveranza, ho pubblicato quotidianamente contributi interessanti. E l’ho fatto solo per il piacere di farlo, senza pensare se qualcuno leggesse oppure no, senza inseguire il successo a tutti i costi o stare per forza sul pezzo. E la gente ha capito e seguito perché gli argomenti sono tanti e vari, spesso di nicchia e insoliti. Poi mi sono avvalsa, negli anni, di collaboratori entusiasti e competenti come te, una bella squadra che ha fatto la differenza.

 

2) Con un fulmine Re Artù ti ha colpito e ora puoi viaggiare nel tempo. In che epoca preferiresti andare e perché?

Amo il Medioevo ma penso che non fosse comunque una bella epoca per vivere. Pestilenze, guerre, caccia alle streghe, tribunale dell’Inquisizione e ogni gesto della vita quotidiana permeato di fede e riportato alla religione. Pare che facesse anche più freddo di adesso. Amo il Medioevo ma solo nei libri e nei film. Forse sarei stata più adatta a vivere nell’Ottocento, anche se pure lì la speranza di vita era bassa e si moriva di tisi a trent’anni. Mi vedo a Haworth, nello Yorkshire, aggirarmi per la brughiera chiamando Heathcliff. Una cosa molto romantica e tempestosa.

Per tornare ad Artù, ho appena finito di scrivere un inedito basato sulla materia di Bretagna. È stato il libro che mi è venuto più facile, forse perché sono quaranta anni che ho in mente questa storia e questi personaggi. È il più romantico dei miei libri e anche quello più dolce. Artù è un grande, è la regalità fatta persona, è l’axis mundi.

 

3) Scegli un artista del trapassato per la tua copertina.

Dante Gabriel Rossetti

 

4)Il tuo mantra per descrivere il tuo stile.

Riscrivere e riscrivere all’infinito.

 

5) Il tuo colore preferito.

Rosa.

 

6) Consiglia uno dei tuoi libri e perché?

L’uomo del sorriso. Quello al quale sono più legata, il libro della vita, scritto con amore e dolore.

 

7) Hai di fronte l’A.D. della tua casa editrice, una a caso, Marchetti… Come la convinceresti ad accettare che, in occasione della presentazione di un tuo libro, ti metta una parrucca tipo Jessica Rabbit? E per quale tuo libro ti presenteresti cosi?

Farei presto a convincerla perché è una ragazza allegra, pazzerella e intelligente. Ma non mi vedo nei panni di Jessica, piuttosto di Rabbit, il marito coniglio. Forse lo farei per presentare Bianca come la neve, la storia di una vampira.

 

8) La Toscana è una fucina di grandi letterati perché?

Perché ha la lingua più bella del mondo, è la culla dell’italiano. No, anzi, è l’italiano.

 

9) La canzone preferita che canti sotto la doccia.

Non canto, parlo da sola.

 

1/2)Devi litigare con qualcuno, userai i versi di Dante Alighieri della Divina commedia, quali?

"Al cul fece trombetta".

 

Molto bene amici della signoradeifiltri, ringraziamo Patrizia Poli per essersi aperta per voi, perché una scrittrice come lei  potete considerarla una vostra amica, una delle migliori.

Ci rivediamo al prossimo scrittore, qui sempre su questo blog,  e sarà comunque un piacere.

 

 

 

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Dissipatio H.G. ai tempi del virus

1 Maggio 2020 , Scritto da Guido Mina di Sospiro Con tag #guido mina di sospiro, #recensioni, #il mondo intorno a noi

 

 

 

 

Di Guido Mina di Sospiro

Tradotto da Patrizia Poli, originalmente pubblicato da New English Review

 

Immaginiamo un adolescente cervellotico che ha studiato troppa filosofia e troppo latino e, in generale, ha esercitato il cervello troppo per il suo bene. È diventato così maladattato al luogo e al tempo in cui vive che vorrebbe leggere un libro intitolato Contro la società: manuale di autodifesa per solipsisti. Invece s’imbatte in una nuovo testo Dissipatio H.G., di un certo Guido Morselli, pubblicato postumo. Morselli, come s’è venuto a sapere, era un collezionista di rifiuti; beatamente apolitico, sebbene gli editori conoscessero sia lui sia il suo considerevole talento, lo rifiutavano in serie poiché non apparteneva alla conventicola di sinistra.

Il titolo sta per Dissipatio Humani Generis, una frase estrapolata dagli scritti del filosofo neoplatonico Giamblico, uno dei più colti uomini del suo tempo, a cui si attribuivano anche poteri miracolosi; significa, la scomparsa dell’umanità.

Il narratore, un intellettuale lucido, ipocondriaco, “fobantropo” più che misantropo, decide di affogarsi in uno stagno dentro una caverna in alta montagna. Ma, una volta là, cambia idea, e ritorna al suo chalet.

Alla fine scoprirà che l’umanità, dopo che lui ha cambiato idea circa il suicidio, è svanita. L’umanità è ora rappresentata da l’unico componente rimasto, un uomo che stava per lasciarsela alle spalle e che non aveva mai sentito di farne parte.

Così ha inizio un monologo – filosofico, ontologico ed escatologico – in uno sfondo di assoluto silenzio, a parte pochi rumori causati dagli animali o da macchine che continuano a funzionare. Presto il suo monologo si trasforma in un dialogo con i suoi ricordi e poi con tutte le persone svanite.

Il supremo solipsista finisce a desiderare disperatamente gli esseri umani.

Questo fu l’ultimo libro di Morselli. Lo stesso, a differenza del protagonista di Dissipatio H. G, non cambìo idea all’ultimo momento ed effettivamente si suicidò poco dopo che anche questo manoscritto fu rifiutato.

Guido Morselli era stato rifiutato da tutti, compreso Italo Calvino quando quest’ultimo era editor per la casa editrice Einaudi. Tutti gli scrittori sanno che una lettera di rifiuto è una comunicazione laconica, al massimo due o tre righe. Gli editori non sono tenuti a motivare il rifiuto, né ci si aspetta che lo facciano. Calvino aveva rifiutato un altro romanzo di Morselli, Il comunista, con una lettera paternale che è stata conservata: a priori (a causa di un preconcetto ideologico che Calvino ammise espressamente), e anche perché non gli piaceva abbastanza. Infatti, stroncò il manoscritto, non senza toni condiscendenti: “Dove ogni accento di verità si perde è quando ci si trova all’interno del partito comunista; lo lasci dire a me che quel mondo lo conosco, credo proprio di poter dire, a tutti i livelli.”.

Dopo la morte di Morselli, le Edizioni Adelphi, la casa Editrice mainstream con gli orizzonti più vasti, fece uscire i suoi libri. Incontrarono il successo della critica e del pubblico. Io ero amico dei figli del leggendario editore Mario Spagnol. Mi ricordo che, al tempo, mi disse a proposito di Dissipatio H. G.: “Sebbene sia un buon libro, sta vendendo bene” *

Ora che siamo costretti a vivere nell’isolamento e nella paura, le sue pagine offrono un inquietante contrappunto alle nostre riflessioni, e alla difficoltà di addormentarsi la notte, quando pensieri non richiesti fanno capolino nella mente. Il grande solipsista, asociale, egocentrico e agorafobico, passa le sue giornate a cercare almeno un sopravvissuto come lui, mentre gli animali e le piante cominciano a riprendersi il pianeta abbandonato.

 

*Dissipatio H.G. di Morselli sarà pubblicato in inglese da New York Review Books Classics il primo dicembre 2020, col titolo Dissipatio H.G.: The Vanishing

 

Let’s imagine a brainy teenager, one who has studied too much philosophy and too much Latin and in general has exercised his brain too much for his own good. He has become so acutely maladapted to the place and time in which he lives, he wishes he could read a book entitled: Against Society: a Manual of Self-Defense for Solipsists. Instead, he stumbles upon a new release: Dissipatio H.G., by one Guido Morselli, published posthumously. Morselli, as it transpired, was a collector of rejections; blissfully apolitical, publishers knew of him and of his considerable talent, but rejected him serially because he did not belong to the left-leaning “clique”.

 The title stands for Dissipatio Humani Generis, a sentence excerpted from the writings of the Neoplatonist philosopher Iamblichus, one of the most learned men of his age, also accredited with miraculous powers; it means, the vanishing of humankind.

 The narrating protagonist, a lucid, hypochondriac, “fobanthropic” more than misanthropic intellectual, decides to drown himself in a pond inside a cave high up in the mountains. But once there, he changes his mind, and walks back to his cottage.

 He will eventually discover that humankind, after he changed his mind about committing suicide, has vanished. Humanity is now represented by its single remaining component, a man who was about to leave it behind and who never felt that he belonged in it in the first place.

 Thus begins a monologue—philosophical, ontological and eschatological—with nothing but absolute silence as a background, except for a few noises caused by animals or by machines that keep on working. Soon his monologue turns into a dialogue, with his memories and then with all the vanished people.

 The ultimate solipsist ends up longing desperately for humans.

 This was Morselli’s last book. Unlike the protagonist in Dissipatio H.G., he did not change his mind at the last moment and did commit suicide shortly after this manuscript, too, was rejected.

 Guido MorselliMorselli had been rejected by everyone, including Italo Calvino when the latter was an editor at the publishing house Einaudi. All writers know that normally a rejection slip is a laconic communication, two, three lines at best. Publishers are neither obliged nor expected to offer any reason for their refusal. Calvino rejected another novel by Morselli, The Communist, with a lecture of a letter that has been preserved: a priori (owing to an ideological bias to which Calvino explicitly admitted), and also because he didn’t like it enough. In fact, he buried the manuscript, and not without patronizing overtones: “Where every element of verisimilitude goes missing is when we are inside the Communist Party; let me tell you as much, I who know that world at its every level.”

 After Morselli’s death, Edizioni Adelphi, Italy’s mainstream publishing house with the greatest latitude, brought out his books. They met with critical and commercial success. I was friends with the two sons of the legendary publisher Mario Spagnol. I remember his telling me at the time apropos Dissipatio H.G.: “Although it’s a good book, it’s selling well.” *

 Now that we are forced to live in isolation and in fear, its pages offer an eerie counterpoint to one’s thoughts, and difficulty in falling asleep, at night, when unbidden vagaries intrude upon one’s mind. The preeminent solipsist, asocial, self-absorbed and agoraphobic, spends his every day looking for at least one fellow survivor, while animals and plants alike start taking over the abandoned planet.

* Morselli’s Dissipatio H.G. will be published in English by New York Review Books Classics on  December 1st, 2020 under the title Dissipatio H.G.: The Vanishing.

 

 

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