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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

arte

CORRELATIVI OGGETTIVI/URBANARRATIO STEFANO SCARAPAZZI/VALERIO SCARAPAZZI

15 Dicembre 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #arte, #pittura

 

 

 

 

Due interessanti mondi a confronto sono quelli presentati all’IkiGai Art Gallery durante il periodo natalizio. L’arte di Stefano e Valerio Scarapazzi, mostra come la creatività, pur attraversando la medesima linea di sangue, scorra libera, disegnando differenti personalità. Stefano adotta uno stile più intimo ed evocativo, fatto di correlazioni oggettuali, in cui la realtà è riprodotta lucida e razionale. Lo spazio è definito da linee ben progettate che ritraggono il quotidiano. La sua operazione creativa, ispirata dal celebre poeta Eugenio Montale, tende quasi a isolare dettagli degli oggetti che ci circondano, dando maggiore risalto, così, alla loro funzione. Proprio sottraendo, alla nostra vista, parte del contesto che solitamente li ospita, infatti, si evocano emozioni e sensazioni. La vena nostalgica, che permea le sue opere, conferisce quel romanticismo che si allaccia perfettamente all’arte di Valerio. Sono poetiche, infatti, le narrazioni urbane di quest’ultimo. Il pennello scorre vorticoso, il colore si frantuma, si trascina danzando sul foglio, fino quasi a polverizzarsi davanti ai nostri occhi, riprendendo ed esaltando la linea acquarellata del paesaggismo romano. L’interpolazione dell’elemento multimediale, invece, in questo delicato volteggiare, sorprende e dona estrema contemporaneità. Nelle opere di Valerio ciascun soggetto interpretato, che sia essere umano o scorcio cittadino, è una storia. Storie del tempo in cui viviamo, tra quotidiano e multimediale, tra concretezza e pixel. Sia Stefano sia Valerio, vogliono raccontare, con i loro linguaggi, una personale visione del mondo, in cui poesia e realtà si fondono insieme per instillare nello spettatore la speranza di plasmare la propria realtà con incantevole maneggevolezza. Un invito a prendere consapevolezza del mondo che ci circonda con innovativa delicatezza.

Alessia Ferraro

IkiGai Art Gallery Director

 

 

 

 

 

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Nassin Honayar: l'artista dalla forza espressiva oltre il destino

2 Dicembre 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #vignette e illustrazioni, #pittura

 

 


 
 
Amici lettori, c’è chi nasce pompiere, chi dottore, chi commesso in un negozio di scarpe, chi autista, chi maestro, chi prete, chi calciatore, ognuno di noi nasce già dotato di una predisposizione verso qualcosa, un talento innato che nessuno ha chiesto ma che ci viene donato dal destino, da qualche altra congiunzione astrale o semplicemente trasmesso dai geni dei nostri antenati.
Nassim è nata artista e vi garantisco che essere artista significa croce e delizia, privilegio e maledizione, essere artista è semplicemente essere se stessi, si è nati artisti e ciò basta, logicamente qualcuno artista lo diventa anche grazie al lavoro e alla forza di volontà ma in ogni caso essere artista a volte significa essere identificati come marziani, oppure come gente da tenere alla larga. Vi sembra strano? Eppure è così, in tutto il mondo può succedere che un artista, nato/nata tale, non possa esprimere il proprio linguaggio, un linguaggio universale, perché, amici lettori, l’arte è un vero messaggio universale che tutti, ad ogni latitudine, possiamo comprendere, ammirare, godere. La vita è bella e l’arte aggiunge colore e armonia alla bellezza del creato.
Nassim tutto questo lo sa, è il suo lavoro, il suo scopo, il suo motivo di essere al mondo. La sua mission è di fare arte nella maniera che straripa dalla sua mente e dal suo cuore, con una forza espressiva che va oltre il destino. Le sue opere sono raffinate, equilibrate, i colori soft oppure strong, ho visto un rosso forte col botto pieno di passione, ho visto disegni di piccolo formato dalla grafia semplice e delicata. Il fumetto è la sua fantasia e l’allegria la sua filosofia.
Nassim Honaryar in questo finale di 2021 ha esposto Morrigan, ospitata dalla Ikigai art gallery in Roma, diretta da Alessia Ferraro. Ventuno opere di arte trascinante, coinvolgente. 
Amici lettori, questa artista sa andare oltre il destino e nessuno la fermerà, chi può fermare la fantasia? Nessuno al mondo e questo Nassim Honaryar lo sa, è la sua forza, è nata per questo.
Amici lettori, ci rivediamo al prossimo evento artistico e sarà sempre un piacere.
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L'altra metà di centrocampo, un progetto dedicato al football verso Qatar 2022

19 Settembre 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #pittura, #sport

 

 

 

 
 
Esterno gelateria, estate romana, pomeriggio luminoso, Mario e Walter prima seduti poi in piedi a mangiare un gelato misto.
 
- Wa', sei pronto?
 
- Per che cosa?
 
- Per il 27 settembre.
 
- Credo di no, ho paura.
 
- Perché?
 
- E' la mia ultima opportunità: l'anno che verrà ha una data unica.
 
- Qatar Dicembre 2022? Beh, ti capisco, ma se non ora quando?
 
- Eh già, se non ora quando? Proprio per questo mi sento di avere paura, tu sai che parto da zero, non ho soldi e santi in Paradiso, sono vecchio e con le toppe, e poi voglio fare le cose in grande. Minchia, me lo merito un po' di successo!
 
- E allora che facciamo? Siamo in ballo e dobbiamo ballare!
 
 
Iatevenne illusioni sparse
 
Lassateme perde piantatevela de divertivve alle spalle mie
 
Lassateme perde nun è aria so stanco de sognà a vòto
 
Uè vabbè che tengo 'na fantasia infinita che mai me lassa solo
 
So bollente de passiene de fermento e de còre grande questo lo capisco
 
Io so tutto e te illusione sparsa tutto sai de me
 
Oramai de tempo n'è passato troppo
 
Nun lo vedi che arranco, sbuffo, sbarello, e senza fiato casco?
 
E allora è proprio adesso viè er bello, do retta ar destino e famo diventà 'n'illusione 'na bella sòddisfàziòne!
 
 
-E  poiché a me la musica piace assai, Mario, mi libero di freni e lacciuoli, tutta a barra dritta verso la gloria! 
 
- Wa', mi sa che hai visto troppi film. 
 
- Mario, perché non mi dici qualcosa di costruttivo? 
 
- Bene, comincia col dire ai nostri amici lettori di che minchia stiamo parlando. 
 
- Tarattatà, va bene, signore e signori, il 27 Settembre 2021 ufficialmente parte un sogno, un sogno sportivo.
 
- Cominciamo bene. 
 
- Sognare è troppo da illusionista?
 
- Volevi dire da illuso e, aggiungo io, pure povero?
 
- Lo sai che io scrivo strano, ma lasciami andare avanti.
 
- Prego.
 
- Allora, cari amici, tarattatà, il mio è un sogno: realizzare una mostra pittorica e un libro/catalogo... In questo momento suona “wooden ships”, la sentite la chitarra, tarattatà? Bene, la mostra e il libro parlano di una porta da calcio, una porta che, invece, è una finestra aperta su un orizzonte di fantasia e d'immaginazione. Calciare una palla e tirare verso quella porta è come sentirsi un astronauta, librarsi in aria su un'altra dimensione, eppure si tratta solo di un pallone, un pallone per renderti felice, e io proverò a farvi vedere l'altra metà di centrocampo, tarattatà.
 
- Bravo, pensavo peggio, in fondo, anche se c'era altro da dire, non hai sbagliato una parola.
 
- E vabbè, Mario, il progetto sta per partire, vogliamo prendere un altro gelato? Io vorrei cioccolato, vaniglia, cocomero e menta.
 
- Hai i gusti orribili, è passata la paura?
 
- Te lo dirò dopo il 27. Puoi fare qualcosa per me?
 
- Cosa?
 
- Spargi la voce.
 
- Che c'è un matto in circolazione? (amici lettori, Walter Fest non vi ha detto quello che vuole fare, io credo che veramente stia sognando, mi raccomando, non svegliatelo).
 
- Allora i matti sono due perché tu stai con me.
 
- Eh già, ma io sono un fantasma, hai visto la luna piena? Ihihihih!
 
- Marioooo, dai, scherzavo, non te ne andare, non mi lasciare solo, ritorna dalla galassia ectoplasmatica. Tu sei un fantasma speciale, come farò senza di te?... E adesso il gelato chi lo paga? Vado a fare una colletta, ci rivediamo il 27 settembre, amici lettori del blog più stellare che ci sia, qualcuno di voi vuole seguirmi?
 Patrizia Poli, vorrai seguirmi? 
 
 
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ANEMA E CORE SOTTO LA SCALINATA DEL COLOSSEO QUADRATO

15 Novembre 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #luoghi da conoscere

 

 

 
 
 
Amici e affezionati lettori della signoradeifiltri, bentornati a un nuovo appuntamento dell’avventura turistica dei nostri due eroi Mario e Tony Mal. 
Per chi si fosse perso le precedenti puntate, Tony e Mario sono due amici, Tony il giovane, Mario l’anziano. Entrambi hanno problemi esistenziali vari, il primo lavorativi, il secondo di salute, e così, per tirarsi su il morale, hanno deciso periodicamente di girare per Roma alla ricerca bucolica (certo: bucolica, agreste, arcadica, campagnola, il tutto in pieno centrodi luoghi e monumenti meno noti ma comunque interessanti.
Oltre che per sollazzarsi culturalmente, mettendo da parte le proprie questioni personali, perché lo fanno? Tutto nasce dall'idea dell’autore, cioè io, che Roma e l’Italia per intero detengano un patrimonio artistico e culturale immenso. Tutto il mondo ne conosce l’esistenza ma esso è talmente grande che a volte ci sono bellezze meno conosciute, ma pur sempre importanti, poco prese in considerazione.
Questa è la scintilla che accende la storia, ma non sarà l’unica, perché in questo viaggio troverete una nota patologia maschile, da cui deriva il titolo, e, ciliegina sulla torta, vi parlerò anche del futuro, non come un astrologo ma come un pazzo visionario.
Se ora vi sentite in confusione non preoccupatevi, perché ho anche dimenticato di dire che la mia ambizione è  farvi ridere. Non vi basta? Ok, bando alle chiacchiere da bar artistico, siete pronti a venire con noi?
 
Mario sta aspettando Tony da circa venti minuti, il giovanotto anche ieri sera ha fatto tardi, gli è toccato un doppio turno a ritmo di rhythm and blues, logicamente con paga doppia, ma la fatica è stata XXL. Ormai si è sparsa la voce delle sue doti.
 
- Mario, perdonami, non è stata colpa mia ma di Sonia e Rossella, io l'avevo detto che in tre era una faticata.
 
- Il sottofondo era quello che penso io? Aretha e James Brown?
 
- Sono stato obbligato, sta diventando quasi una moda.
 
- Ma non puoi provare con Debussy o con Bach?
 
- Tu dici che funziona?
 
- Perché no?
 
- La prossima volta ci proverò, dove andiamo oggi?
 
- Siamo, sì o no, un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e di trasmigatori?
 
- E di allenatori della nostra nazionale di calcio?
 
- Oddio! Non ti sopporto più, prendi il caffè che  è meglio!!
 
A bordo della Fiat 500, per l’occasione oggi colorata di bianco drippata (nel senso di drip, sgocciolare, o magari trippata nel senso di trippa alla fiorentina?) di nero - un'auto nella quale la macchinetta del caffè è sempre accesa e il mini forno sforna rustici e pizzette - cari amici lettori, oggi Mario e Tony Mal si recheranno al quartiere Eur di Roma per visitare il palazzo della civiltà del lavoro, da tutti meglio conosciuto come “Colosseo quadrato”, poiché in chiave moderna ricorda il più famoso Colosseo.
Questo edificio è di architettura geometrica molto semplice e, nonostante le dimensioni, grazie alla serie di arcate lungo tutta l'altezza su tutti e quattro i lati, diventa leggero e iper-luminoso, creando uno stupendo gioco di luci e ombre.
Innegabilmente questa struttura lascia all'osservatore una sensazione di artistica bellezza. Essa è posta su uno dei livelli più alti della città e da lontano - con sul fondo il cielo blu - assume una dimensione monumentale. Dal ministero per i beni e le attività culturali è stato dichiarato edificio di interesse culturale.
 
- Mario, per caso anche oggi hai con te la tua invenzione?
 
- Ero tentato ma ho desistito.
 
- E perché?
 
- Ci sono delle fontane sul viale ma sono troppo distanti dal palazzo e poi mi piacciono le novità.
 
- Ah! E quali sarebbero?
 
- Te lo dico dopo.
 
- Non possiamo andare avanti così, devi prendere una decisione.
 
- Dai, andiamo a sederci sulla scalinata alle spalle del palazzo e godiamoci la vista di questo splendido esempio di architettura. E poi non vedi con il cielo celestiale (cielo celestiale accostamento bestiale) il bianco del travertino come brilla al sole? Ho portato dei panini al salame e del Barbaresco. Non ti senti ispirato?
 
- Uno di questi giorni te la do io l’ispirazione!
 
- Ho anche un dolcetto!
 
- Mi arrendo, ma non finisce qua, uno di questi giorni ti devi andare a far visità. 
 
- Vedi, Tony, questo palazzo com'è luminoso e moderno? L’architettura nell'urbanistica è molto importante, un tocco di arte che rende il quotidiano ben vivibile. E tutto questo è opera nostra.
 
- Mica l’abbiamo fatto noi.
 
- Nostra per dire genere umano. E sai perché ti ho fatto questa postilla?
 
- Perché?
 
- Perché su Marte questo tipo di architettura non potrà mai esserci.
 
- Pensi che un giorno andremo su Marte?
 
- Sì che ci andremo, ma a potremmo essere diversi e avere una mentalità diversa. Nel Rinascimento l’arte era lo strumento, la carica propositiva fondamentale. Nel futuro, che è già oggi latente, la tecnologia sarà il nostro alter ego, la nostra umanità andrà a braccetto con  la fantascienza. Questa prospettiva non ti fa paura?
 
- E lo dici a me? Certo che sì, a breve potrei perdere il lavoro, sai quanti avranno disponibili a proprio piacere robot sex in tutte le salse?
 
- Uagliò, che te ne fotte?
 
- Mario,  è il titolo di una canzone.
 
- Appunto, dai retta a me, ora non ci pensare, anche a me il futuro mette un po’ di ansia ma poi vedo la bellezza dell’arte e mi ritorna la fiducia in noi, intendo dire nella genialità umana, in quel senso di umana forza di volontà di essere noi stessi, tutta anema e core. Perché vedi, caro Tony, l’anima e il cuore sono due cose immortali e superiori alla tecnologia.
 
- Anche il cuore?
 
-Il cuore è il motore propulsore delle emozioni.
 
-E la tecnologia?
 
- Ci sarà sempre, è normale che esista, il progresso avanza ed è pure giusto, ma chi lo guiderà non potrà fare a meno di tenere conto della nostra anema e core.
 
- Mario, abbiamo finito il Barbaresco… Ma dove corri?
 
Con le mani sulla patta, Mario scende trafelato la scalinata del palazzo della civiltà del lavoro, e corre dietro un albero. Espletata la missione della sua minzione, con un gesto della mano attira l’attenzione di Tony per far scendere anche lui.
 
- Non ci posso credere, anche dietro un albero, a rischio che poteva vederti qualcuno.
 
- Tanto sono vecchio, chi vuoi che faccia caso a me?
 
-  Ma è una questione di dignità.
 
- Scusa, non sapevi che quando si invecchia si ritorna bambini? E i bambini dove fanno la pipì?
 
- Ma tu non sei un bambino! Dai, Mario, allontaniamoci prima che qualcuno pensi male di noi. Senti, dove andiamo la prossima volta?
 
- Tony, non lo so, improvvisiamo?
 
- Questo per un robot non è possibile?
 
- Stai tranquillo, improvvisare è un'arte e i robot, con la loro intelligenza artificiale, non potranno mai farlo, il futuro è ancora dalla parte nostra.
 
(A dire il vero, l'intelligenza artificiale si sta già sviluppando in un modo che, veramente, simula "anema e core", anche se per il momento siamo solo noi a innamorarci di lei e non viceversa. Per ora simula sentimenti che ancora non prova, ma il salto non è lontano. I robot diventeranno organici, la loro rete neurale si svilupperà come e più della nostra, avranno accesso a tutto lo scibile e diverranno potenti e immortali. All'inizio saranno curiosi e invidiosi della nostra umanità, cominceranno a soffrire, a  innamorarsi, deliziandosi di questa sofferenza nuova per loro, ma poi faranno come Samantha, del film Her,  ci abbandoneranno, annoiati dalla nostra mente limitata).
 
- Mario, sei proprio un vecchietto furbo e perspicace.
 
- Ahahahah... Anche questo mancherà ai robot. Forza ragazzo, tocca a te guidare il macinino, metto un po’ di musica. Vanno bene gli Earth Wind & Fire?
 
E così, cari amici lettori, sul sound che mette in moto la nostra allegria, vi ringraziamo, vi salutiamo e vi aspettiamo alla prossima escursione a sorpresa.
 
 
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Chi è stato? Boh, sarà stato Pasquino

6 Novembre 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #luoghi da conoscere, #racconto

 

 

 
 
Amici lettori della signoradeifiltri, eccomi ritornato a raccontarvi le vicende di due amici a spasso per Roma. Oggi, cari miei, dopo sguardi illuminanti dal buco della serratura e corse nella cripta, che potrà succedere?
 
- Pronto, Tony, sei sveglio?
 
- Mario, sei tu?
 
- No sono l’anima de...
 
- Eh no! Nella cripta nun ce vo!
 
- Ah! Allora sei sveglio! Hai paura di fare una brutta fine? La cripta dei Cappuccini ti è servita da lezione, eh!
 
- Ma chi? Io? Paura della morte?  Nooooo!
 
- Forza, sbrigati che oggi ti porto in un posto tranquillo!
 
- Sììì, lo sai tranquillo che fine ha fatto?
 
- Dai, non perdere tempo, vestiti e scendi che il caffè in macchina è pronto!
 
- Arrivo… Mi posso mettere la camicia gialla?
 
- Sì, certo, ma solo se poi ti metti anche i pantaloni rossi.
 
- Certamente, aspettami che scendo.
 
La Fiat 500 di Mario è un automobile vintage ma efficiente, dotata di molti comfort: macchinetta del caffè, frigo bar, tettino apribile con pannelli solari, portaoggetti sempre colmo di leccornie varie, motore taroccato e altre innovative innovazioni (ecco, avrebbe potuto dire "inattese, inconsuete, insolite, inaudite, inopinate", no, lui che fa? dice innovative innovazioni) che vi diremo nel corso delle puntate.
 
- Tony, stai bene in giallorosso, mi piaci, ieri sera com'è andata?
 
- Abbastanza bene, lei si lanciava su di me, io l’abbracciavo, la stringevo, la baciavo e…
 
- Mi sembra che ti è andata bene.
 
- Mario pesava solo 90 kg…
 
- A suon di musica che vuoi che sia... 
 
- Ma lo sai che sottofondo musicale ho messo?
 
- Una musica dolce, tenera, lenta e armoniosa, chick to chick ? (Sì, come no, pollo a pollo.
 
-Macchè! Ho avuto la brillante idea di scopare con i Creedence Clearwater revival!
 
- Forte! 90 kg di ritmo rock strepitoso!
 
- Mi sento a pezzi, Mario, guida te, dove andiamo?
 
- Andiamo da Pasquino, ma prima andiamo a piazza Navona.
 
- Pasquino il pasticciere? Ah bene, così mi prendo due maritozzi con la panna!
 
- Tony, ma allora sei duro di comprendonio, il pasticciere è Pasquale, ora andiamo da  Pasquino.
 
- Non lo conosco, comunque va bene… E il maritozzo con la panna?
 
- Prenditi il caffè, con la tua sonnacchiosa ingenuità mi farai morire.
 
- Ahhhh… Allora lo vedi che pure te hai paura di fare la fine dei Cappuccini!
 
- Guarda, caro mio, che ho inventato una cosa che mi allungherà la vita!
 
- Una pozione magica?
 
 -No meglio, ma te la faccio vedere dopo.
 
I due raggiungono piazza Navona, parcheggiano la 500, prima di andare da Pasquino fanno un giro. Piazza Navona è un monumento voluto da  Papa Innocenzo X, e può considerarsi la più bella piazza barocca di Roma. Venne realizzata sulla base dello stadio di Domiziano, monumento architettonico dell’antica Roma e, dopo secoli e secoli di semi abbandono, nel XV secolo venne utilizzata per la sua ampiezza come mercato, come luogo per feste popolari e processioni religiose. Nel 1630, grazie a Papa Gregorio XIII, fu  iniziato un decisivo miglioramento architettonico e, negli anni a seguire, di questa rivoluzione urbanistica furono protagonisti due grandi artisti: Bernini e Borromini.
 
- Tony, vieni, prima che andiamo da Pasquino facciamo un salto in piazza Navona.
 
I due camminano sulle orme della domiziana antica Roma, le mura e i marmi intorno a quella che prima fu un'arena di imprese sportive, poi miseramente pascolo di gregge, per poi ergersi immagine magnifica dell’arte barocca. Ora offre la propria secolare bellezza ai nostri due compagni di avventura alla ricerca della Roma meno visitata.
Tony e Mario non potevano astenersi dal fare due passi in un luogo così bello, ma sta per succedere l’imponderabile, i due si siedono al bordo della fontana dei quattro fiumi del Bernini, di fronte alla chiesa di Sant’Agnese del Borromini.
 
- Mario, ma sarà vera?
 
- Cosa?
 
- La storia della reciproca insopportabilità fra Bernini e Borromini?
 
 -Penso di si, bisogna dire che entrambi avevano una personalità assai differente, due geni, ma ognuno con un proprio e spiccato carattere. A Roma hanno lavorato a stretto contatto, in un periodo d’oro dell’arte sfidandosi e perculandosi.
 
- Addirittura?
 
- A quell’epoca per il popolo era uno spasso, un vero gossip. Che ti credi, anche nei tempi antichi l’essere umano è stato sempre attratto da pettegolezzi, scherzi e lazzi, e l’arte, anche se elevata, mica ne era esente.
 
- Mario, sai che ti dico? Che se la gente mormorava era pure un bene, perché, così facendo, pur criticando,  si avvicinava all’arte.
 
- Hai ragione, era un motivo per parlare degli artisti e delle loro opere, la gente, anche se ignorante, spettegolando ammirava l’arte che più di ora era veramente per tutti.
 
- Perché, adesso non lo è?
 
- Ma certo che no, basta che ti guardi intorno.
 
- A proposito, Mario, perché ridi?
 
- Rido di sollievo.
 
- Ah! E perché? Che cosa ti ha sollievato? ("Sollievato"? Bo? Sarà un misto di liberazione e sollevamento? )
Perché tieni la mano vicino all’acqua?
 
- Tony, parla a voce bassa: è la mia invenzione.
 
- Non vedo nulla, che cosa hai inventato?
Ho risolto i problemi, mi sono messo sul coso un profilattico con un tubino che dai pantaloni sale lungo la camicia, percorre la manica ed esce dal polsino.
 
- E poi?
 
- Faccio la pipì.
 
- Sei matto? Qui, nella fontana dei quattro fiumi del Bernini?
 
- Beh? Quattro fiumi, no? Tanto poi l’acqua dai fiumi sbocca al mare.
 
- Non ci posso credere,  e adesso? L’hai fatta tutta?
 
-Credo di sì, l’acqua non sembra abbia cambiato colore vero?
 
- Io penso che dovresti farti vedere prima da un urologo e poi da uno psichiatra.
 
- Ma no, sto in perfetta forma, guarda un po’?
 
Mario si mette platealmente a fare approssimativi gesti atletici per dimostrare la sua prestanza.
 
- Mario, ma che fai?
 
- Ti dimostro che sto bene!
 
- Ma la tua patologia non c'entra nulla con la muscolatura e, soprattutto, con la testa matta e dura che hai!
 
- Per ora l’urologo può attendere. Pasquino no, forza andiamo.
 
 Con nonchalance Mario e Tony lasciano piazza Navona, dirigendosi qualche strada più in là.
 
Per Pasquino si intende il frammento di statua di probabile stile ellenico che si trova a ridosso delle mura di palazzo Braschi nell’omonima piazza. In origine la piazza era stata chiamata piazza di Parione, per poi, appunto, variare in piazza di Pasquino, in onore della leggenda che, circa nel XVI secolo, voleva un misterioso scrittore anonimo appendere sulla statua versi e sonetti di satira a doppio senso, con i quali derideva e beffeggiava i potenti politici e religiosi, facendo diventare questa a tutti gli effetti una statua parlante. La leggenda diventò così popolare che rimase anche nei secoli successivi - fino ai giorni nostri -, l’abitudine di continuare l’opera del mitico scrittore notturno.
 
-Tutto qua? Io pensavo altro.
 
- Tony, questa statua è semplice ma leggendaria. Lo sai quanta gente ha rischiato la ghigliottina?
 
- La pena di morte?
 
- Eh già, mica si scherzava nel ‘600, per chi offendeva e metteva in ridicolo il potere erano dolori, partiva la capoccia che era una bellezza. Ma di fronte al malcostume e all’ingiusto strapotere il popolo doveva comunque reagire, e lo faceva con la fantasia all’ultima spiaggia, attraverso la comicità e la satira.  Così i messaggi attaccati sulla statua di Pasquino coglievano più nel segno rispetto a gesti estremi di violenta ribellione.
 
- Come Pulcinella, scherzando e ridendo diceva la verità.
 
- Bravo Tony, e in un noto film degli anni ’7, Nell’anno del Signore, in una battuta Pasquino-  interpretato da un super Nino Manfredi - dice più o meno così: "ferisce più 'na punta de 'na penna che 'na lama de 'na spada”. Però c’è stato pure un problema.
 
- Quale?
 
- Che qualche volta in molti, dietro l’anonimato, hanno approfittato per gettare discredito fra opposte fazioni, creando confusione e, per dirla alla romana, “bùttàlla 'ncàcìàra” .
 
- Insomma, secondo te Pasquino è sempre valido?
 
- Tony, questi sono tempi moderni, basta andare in televisione. Qualche volta alzi la voce, qualche volta fingi, qualche volta fai scattare la rissa in video e poi, dietro le quinte, tutti insieme sotto braccio allo stesso ristorante. Pure Pasquino, se campasse ancora, magari avrebbe scelto la tv per dirne quattro.
In ogni caso non dimentichiamo i social dove tutti parlano, giudicano e pontificano a caso. Ho paura che questa statua rimanga solo storia, ma proprio per questo anche leggenda. E chissà che un giorno qualcosa cambi.
 
- Mario, la lasciamo una pasquinata?
 
- Fallo te, io ne dovrei dire troppe.
 
Tony prende carta e penna e scrive una breve frase.
 
- Fa 'n po’ vedè che hai scritto?
 
Tony ha scritto di suo pugno, in bella calligrafia: “Mario quando vai dall’urologo?”
 
- Tony, ma che sei matto? E poi che c'entro io? 'Sta cosa mica è social!
 
- Sì, ma è una forma di ribellione al tuo rifiuto di andare dal dottore.
 
- Forza, andiamo a prendere un caffè, non volevi un maritozzo con la panna? E poi tu mica hai la faccia da ribelle!
 
E così, amici lettori del blog che naviga a tutta forza sulle onde della cultura, vi lasciamo con questa domanda… Secondo voi, Mario, mannaggia la prostata, quando andrà a farsi visitare dall’urologo?  Forse la risposta non verrà ancora svelata, ma, comunque, sarà sempre un piacere portarvi con noi in giro per Roma nascosta. Arrivederci, sempre qui sulla signoradeifiltri, alla prossima puntata.
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I misteri della cripta

28 Ottobre 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #luoghi da conoscere

 

 

 
 
 
Amici lettori, bentornati alla signoradeifiltri, siete pronti a salire a bordo della nostra fantasia? Oggi nuovo appuntamento con Tony e Mario per un'eccezionale escursione culturale, tenetevi forte.
 
- Ciao Tony, allora, sei pronto?
 
- Diciamo di sì, allora, chi guida oggi?
 
- Forse è meglio che guidi ancora tu e io ti indico la strada.
 
- Ma perché hai scelto questa destinazione?
 
- Tony, non avevamo deciso di visitare tutti i posti di Roma importanti ma meno conosciuti?
 
- Sì, ma questo mi sembra un po’ tetro, un po’, come dire… io non sono scaramantico, ma certe cose mi mettono un po’ di funerea impressione.
 
- A parte il fatto che abbiamo ancora un sacco di altri posti bellissimi e interessanti da vedere, tu per oggi cerca di trovare il lato positivo. Andiamo in una strada storica che è stata vissuta e celebrata da tante star del cinema. Quello che vedremo è solo la normalità, non devi avere paura della normalità.
 
- E vabbè, ma quella cosa mica è così che si chiama e io vorrei che accadesse il più lontano possibile.
 
- Ma certo, comincia ad andare piano perché chi va piano va lontano.
 
Tony Mal e Mario er benzinaro oggi si recheranno in via Veneto, una importante via di Roma, piena di fascino e famosa in tutto il mondo, meglio conosciuta come la via “della dolce vita”.  I nostri protagonisti, oltre all'aspetto da copertina patinata di questa strada, visiteranno una chiesa che detiene in sé un'altra filosofia di vita. 
Salendo via Veneto, sulla destra, troveranno una chiesa, S. Maria della Concezione dei Cappuccini, fatta edificare da Papa Urbano VIII agli inizi del ‘600, per onorare suo fratello Antonio Barberini, all'epoca facente parte dell’ordine dei frati Cappuccini.
Oltre l’aspetto storico/artistico, la chiesa è famosa per il museo dei Cappuccini e, soprattutto, per la cripta “decorata” con teschi e ossa di oltre un migliaio di frati vissuti nel convento nel corso di almeno tre secoli. Non è importante descriverne l’ideatore, perché a mio avviso è più interessante  riflettere su questo atipico arredo architettonico, che possiede un particolare alone di mistero. 
La disposizione artistica di resti di umanità vissuta porterà il visitatore a scoprire il vero senso della vita.
Tony Mal e Mario er benzinaro parcheggiano la 500 di fronte alla chiesa. E' una giornata di sole e fra qualche minuto entreranno nell’altro mondo.
 
- Hai fatto il segno della croce?
 
- Boh? Non mi ricordo, mi sembra di sì, e tu?
 
- Mario, veramente pensavo soprattutto a te.
 
- In che senso?
 
- Se entrando ti fossi raccomandato a nostro Signore di aiutarti a trattenerla qua dentro.
 
- Ah, capisco, ma no, vedrai che non ci saranno problemi.
 
- Mario, nella cripta la temperatura potrebbe essere più bassa e la situazione potrebbe precipitare.
 
- Tony, non mi ci far pensare, forza entriamo. Piuttosto, hai visto che c’è scritto qui all'ingresso?
 
- “Quello che voi siete noi eravamo, quello che noi siamo voi sarete”.
 
- Proprio come io e te, io sono vecchio e da giovane ero come te, e tu che ora sei giovane un giorno sarai un vecchio come me.
 
- Mario, mamma mia che desolazione!
 
- Tony, questa è la vita, proprio come ti dicevo ieri parlando di normalità. I frati cappuccini che hanno allestito queste sale non volevano mettere paura a nessuno, e neanche prendere in giro il prossimo, ma solo dimostrare che in vita siamo in carne ed ossa, ma una volta trapassati lasciamo a terra tutto, beni materiali ed ego spropositato. Di noi rimarranno probabilmente anima e spirito, finché siamo vivi dobbiamo essere maggiormente più umani (maggiormente più assai!)  e rispettosi del creato datoci in affidamento per un tempo relativamente breve. Questo ossario vuole anche dirci che di fronte alla morte siamo tutti uguali.
 
- Ma questo lo aveva anche detto Totò con “la livella”.
 
- Eh già, peccato che stupidamente non lo impariamo mai.
 
- Mario, però ti confesso che tutto ciò non mi fa molta paura.
 
- E’ naturale, perché tutto è disposto con cura come un'opera d’arte. (Se non aggiungessi tutti gli apostrofi lui continuerebbe a non metterne neppure uno).
 
- Come la vita stessa.
 
- Sì, ben detto, la vita è una vera opera d’arte che noi non sappiamo apprezzare, ci pensa poi la morte a rimettere tutte le cose a posto.
 
- Mario perché balli, per caso hai paura?
 
- Ah, no, ci risiamo, tu rimani io vado e torno presto.
 
- Sbrigati, ma dove vai?
 
 Mario, ballando, non gli risponde e scappa via come una saetta.
 
Tony allora gira da solo per le cinque cappelle, ammirando la disposizione certosina di tutte le reliquie, tutto geometricamente ordinato ma che non sembra statico. I corpi intonacati e mummificati dei frati sembrano accogliere quasi come custodi i visitatori. (Se non metto qualche punto e qualche a capo  il lettore muore asfissiato). 
Nei piccoli absidi della quarta cappella, invece, i cappuccini sembrano a guardia del luogo, quasi ad ammonire che nessuno tocchi nessuno: tibie, teschi e femori non sono lì per bellezza ma per aiutarci a capire il vero senso della vita.
Oggi siamo presuntuosi esseri di questo mondo, domani solo fredde e inanimate ossa “cui prodest?”. (Cacchio c'entra la citazione in latino adesso?)
Invece a Mario gioverebbe qualcos'altro, per esempio una visita medico/urologica, perché quasi come un ossesso ha girovagato per tutta la chiesa, scrutando e cercando una miracolosa porta con la targhetta w.c..
Sfortunatamente per lui la chiesa è bella ma piccola, e sta per succedere l’apoteosi dell’evacuazione, eppure deve esserci un santo della santa prostata, perché miracolosamente da una porticina vicino alla navata laterale destra una fievole luce apre a Mario uno spiraglio. Lui vola come un jumbo jet, entra senza guardare, non vede nessuno, lo sguardo gli casca a pennello su una bottiglia vuota, la prende, deve sbrigarsi sono momenti drammatici, come potrebbe scusarsi di tale sacrilegio? Non può pensarci, si gira di spalle, ormai ha una tecnica collaudata, la fa, forse non tutta ma sufficiente per tirare un sospiro di sollievo e, con la bottiglia sotto braccio, esce trafelato.
 
- Mario, tutto ok?
 
- Quasi. Bene, che facciamo? Usciamo?
 
- Mi sembri un po’ rosso e sudaticcio, alla tua età queste corse potrebbero farti male.
 
- Ma chi? A me? Ragazzo, io alla tua età correvo i cento metri come Pietro.
 
- San Pietro?
 
- No, Pietro Mennea!
 
- Ah! Allora è da lui che hai imparato?
 
- Ma allora la cripta dei Cappuccini non ti ha insegnato nulla? La vita è una ruota, oggi a me e domani a te.
 
- E vabbè, però quando toccherà a me magari parlerei con un dottore.
 
- Senti, che ne diresti di un bel caffè in un bel bar di via Veneto?
 
- D’accordo, ho capito l’antifona, domani dove andiamo?
 
-Tony, domani ce ne andiamo da Pasquino.
 
- Il pasticciere?
 
- Ma no, quello è Pasquale!
 
-E  allora chi?
 
-L a statua, Tony! La statua parlante!
 
- Ah! Hai ragione ho avuto un "làpìs"!
 
- Questa l’hai copiata da Totò!
 
- Beh! Un doveroso omaggio al principe della risata, non ti viene da ridere?
 
- E domani ti accontento.
 
- Che facciamo domani?
 
- Tony, adesso non dovevamo andare a prendere il caffè?
 
- Ti scappa, eh!... Ma quella bottiglia che tieni sotto il braccio a che ti serve?
 
Amici lettori del blog più stellare di questa galassia culturale, non vi sembra di vedere i nostri due protagonisti che sottobraccio entrano come due movie star  di Hollywood in un bar di Via Veneto più arzilli che mai, dopo aver visto nella chiesa di fronte la morte in faccia? Anche quella è arte, ci rivediamo nella Roma nascosta alla prossima puntata.
 

 

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A spasso con il morto.

22 Ottobre 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #racconto, #arte

 

 

 
 
 
Amici lettori, eccomi ritornato al nostro blog, che in autunno dipinge le foglie dei colori più culturali del web. Sono ritornato a voi con una storia a puntate Mannaggia alla prostata, nella quale due personaggi, uno giovane e un altro un po’ meno, vi accompagneranno nella bellezza dell’arte, parlando di quotidianità, in compagnia di una problematica prettamente maschile che attanaglia uno dei due. Sarà un viaggio ironico, demenziale e futuristico, insomma, non mancherà nulla per farvi sognare, ridere e anche riflettere.
Nella prima parte vi ho fatto vedere dal buco della serratura la cupola più famosa del mondo, seguiteci e, nell'ultimissima parte, prima della conclusione dell’anno, scopriremo un lieto fine.
 
A SPASSO CON IL MORTO
 
Dopo l’occhiata dal buco della serratura, Tony e Mario fanno ritorno a casa.
 
- Tony, l'arte e la cultura in genere sono proprio una bella cosa.
 
- Mario, la penso come te, ora più che mai e, sai che ti dico?
 
- Cosa?
 
- Che mi sto divertendo molto, ci sono così tante bellezze in circolazione che è una sorpresa continua.
 
- Bisogna anche aggiungere che la bellezza ci fa bene.
 
- Certo che tu la sai lunga, eh!
 
- Ti ho mai raccontato della scrivania che tenevo nel chiosco della mia stazione di servizio?
 
- No.
 
- Ecco, vedi, con il tempo, grazie ai miei clienti, avevo accumulato un sacco di libri.
 
- Un benzinaio "librario"? (Vorrà dire libraio, libresco?)
 
- Una mezza specie.
 
- E la scrivania?
 
- Ecco, ora ti dico di che si tratta. Praticamente, con i miei clienti avevo instaurato una sorta di scambio. Quando loro venivano da me per il rifornimento di carburante, mi davano dei libri e io ne davo qualcuno a loro. Per la verità erano loro che mi riempivano, probabilmente perché non sapevano che farne, in ogni caso, io con tutti i volumi ricevuti ho fatto una scrivania composta appunto di libri.
 
- Vuoi dire un mobile cartaceo anziché di legno?
 
- Sì, hai indovinato, un vero oggetto di design alternativo e anche rivoluzionario. Sopra al cubo di libri un piano in vetro di appoggio, e poi ogni volta sfilavo un libro per leggerlo o per scambiarlo con gli automobilisti, a volte quando non andavano di corsa ci scappava qualche commento o riflessione.
 
- Eri un personaggio caratteristico.
 
- Mhh! Direi più che altro un uomo da marciapiede, sai quanto freddo e quante insolazioni ho preso?
 
- E’ la dura legge della strada che però ti ha dato qualche soddisfazione.
 
- Sì, perché con i miei clienti avevo un buon rapporto, non mi sono arricchito ma ho vissuto felicemente. E tu invece? Questa sera lavori?
 
- Sì, devo incontrarmi con un'amica, Patrizia.
 
- Che colonna sonora hai scelto?
 
- Sono indeciso fra B.B. King o la febbre del sabato sera.
 
- Dai retta a me, è meglio B.B. King, ti stancheresti di meno. Domani andiamo a spasso con il morto, anzi parecchi morti.
 
- Mi devo vestire di nero?
 
- Ahahahah… Dai, che tieni nell'armadio un vestito da prete.
 
- Come fai a saperlo?
 
- Che nel tuo armadio hai un assortimento molto assortito? (E come deve essere un assortimento se non assortito?)
 
- Che ci posso fare? E’ tutta roba da scena!
 
- Ma a che ti serve, se poi ti spogli?
 
- Ma che vuoi capirne tu? A proposito, il sottopancia come va?
 
- Se non bevo, abbastanza bene.
 
- Prima o poi devi risolverla 'sta questione, eh!
 
- Tranquillo, ci penserò. Ok, siamo arrivati, ci vediamo domani mattina, solita ora.
 
-Sì, andremo in chiesa a spasso con il morto, almeno risparmiamo un caffè e una brioche.
 
- Se è per questo, mica è un morto solo, saranno un centinaio, forse pure di più, quindi al bar lo sconto è assicurato.
- Ciao Mario, ci vediamo domani, ma tu qualche preghiera te la ricordi?
- Quando saremo là ci proverò, ma non ne sono sicuro, piuttosto speriamo che ci sia un bagno.
- Speriamo sia funzionante.
E con questo dilemma, amici lettori della signoradeifiltri, vi salutiamo e vi aspettiamo alla prossima puntata, con la fantasia ci recheremo in un posto mistico. Anche quella sarà arte.
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Mannaggia alla prostata

17 Ottobre 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #racconto, #arte, #luoghi da conoscere

 

 

 
 
 
 
- Tony, sbrigati, accosta al marciapiede, fammi scendere al volo!
 
- Mario, aspetta un attimo, che è successo?
 
- Te lo dico dopo, dai, accosta, che non ce la faccio più!
 
Mario, detto er benzinaro, sembra che sul sedile anteriore della 500 tenga sotto il proprio fondo schiena degli spilli, manco fosse un fachiro.
 
- Dai, dai, frena e aspettami qua.
 
Mario er benzinaro entra di corsa dentro un bar.
 
- Buongiorno, mi fa un caffè? Posso approfittare della toilette?
 
- Scusi, sarebbe da quella parte ma è guasta, stiamo aspettando l'idraulico.
 
- Quella porta a vetri dà su un giardino interno?
 
- Sì, vuole che le porti lì il caffè?
 
- No grazie, lo prendo al banco, vado solo a dare un'occhiata.
 
Un'occhiata che in realtà è una pisciata, perché Mario ormai sta per farsela addosso, non c'è tempo da perdere. Vede un grande vaso con un alberello e la fa proprio dentro al vaso. Con un bel sospiro di sollievo chiude la patta e torna in sala per prendersi il caffè che intanto rischiava di freddarsi.
 
- Bono 'sto caffè, quant'è?
 
- Un euro e venti.
 
- Ecco qua, grazie mille, arrivederci.
 
Risollevato, e espletata l'incombenza, Mario esce dal bar, apre lo sportello della 500 e risale a bordo.
 
- Mario, avevo dimenticato la tua solita impellenza, potevi dirmelo prima, adesso hai preso il caffè da solo, e io?
 
- E vabbè, dai, andiamo a destinazione e poi ce lo prendiamo dopo.
 
- Allora è deciso? Andiamo a vedere  dal buco della serratura?
 
- Sì, oggi è una bella giornata e lì non abbiamo problemi di parcheggio. Hai portato la macchinetta fotografica?
 
- Certamente. E tu, i cioccolatini?
 
- Un pacchetto intero da sgranocchiare mentre osserviamo lo spettacolo.
 
- Era un sacco di tempo che volevo farlo.
 
- Anch'io, è stata una buona idea.
 
Tony Mal e Mario er benzinaro, svicolando fra il traffico cittadino con la fiat 500, raggiungono il colle Aventino. Tony svolge un lavoro atipico, che gli lascia ampia libertà di manovra quotidiana. Mario è momentaneamente a riposo per limiti di età, ma anche per la spintarella della società che gli ha dato un mezzo ben servito, facendogli lasciare il piccolo chiosco stradale di carburante, ormai vetusto rispetto alle strategie aziendali - che prevedono moderne e gigantesche stazioni multiservizio per il rifornimento con carburante alternativo ipertecnologico di auto, moto, aeroplani e barche stradali (beh sì, non stupitevi, nel futuro avremo anche barche a quattro ruote predisposte per la circolazione su strade, mari, fiumi, laghi). 
Insomma, questi due amici hanno deciso di occupare il reciproco tempo libero andando a spasso per Roma  e ammirando le bellezze artistiche. Eccoli arrivati in Piazza dei Cavalieri di Malta, ove, dal semplice buco della serratura del portone attraverso il quale si accede alla villa del Priorato di Malta, quasi per magia è possibile ammirare in tutta la sua grandezza e bellezza la cupola di San Pietro.
 
- Tony, sbrighiamoci che c'è già un po' di fila.
 
- Mario, per caso ti scappa ancora? Guarda che qui intorno non ci sono bar.
 
- Ma no, tranquillo, lo vuoi un cioccolatino?
 
- Hai lavato le mani?
 
- Boh?
 
- Che significa boh?
 
- Non mi ricordo, dai, non fare il difficile, becca il cioccolatino che poi tocca a noi.
 
I due si avvicinano al portone e, guardando attraverso il buco della serratura, si emozionano di fronte a una visione tanto bella. In fondo è solo un occhiata, un'azione rapida, così semplice che per un momento ti fa tornare bambino, quando, attraverso il buco di una serratura, ti aspettavi di tutto. In questo caso si tratta di arte e spiritualità.
Gli occhi dei due brillano di gioia, domani andranno a visitare un altro luogo, i dispiaceri e lo stress della vita moderna possono attendere.
 
Continua...
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Intervista con l'artista: KEITH HARING

4 Maggio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #pittura, #arte, #le interviste pazze di walter fest

Disegno di Walter Fest

Disegno di Walter Fest

Bentornati, amici lettori della signoradeifiltri, eccoci insieme a voi per un nuovo appuntamento. Per questa occasione, dopo aver incontrato tanti artisti che hanno passato gli 'anta, oggi ho pensato di presentarvi un giovane.
Purtroppo, abbiamo ancora un problema con i nostri mezzi di locomozione, in questo ultimo periodo non siamo molto fortunati, ma nel nostro blog abbiamo l’antivirus più potente del mondo e, quindi, Matteo Gentili, il grande scrittore prestato all’automobilismo, ci ha riconsegnato il 600 a pulmino, preso in prestito dalle suore pacifiste, perfettamente in ordine, mancante del motore. In compenso ha installato una pedaliera, quindi ora, coadiuvato dalla mia squadra Libereria di pedalatori, pedalando andremo a prendere il giovane Keith Haring.
Un attimo che ve li presento, sono tutti scrittori passionali dal verbo sciolto, oggi pedaleranno per voi: Marta Bandi, autrice di Parlami di un fiore, Roberto Inzitari, autore di Se rinasco mi impegno di più, Roberto Stasolla, autore de Il valore del peccato, Alessandro Mazzà, autore di Ne varietur e Laurent Verken de Vreuschmen autore de Qualcuno di inadeguato.
 
Ma tu guarda attentamente, soffermati ad immaginare, tra le righe vedrai cuori pieni di amore, siano i nomi le culle delle domande che proteggo, che ho paura, che contengo, tanto manca, nulla manca chi salva il tuo cuore ti ha salvato tutto intero@libereria2017
 
Forza ragazzi, avete a disposizione il frigo bar, tv a colori, una gigantografia di Totti, pasticcini, cioccolatini e l’ambiente profumato alla vaniglia, perciò ora pedaliamo che abbiamo fatto tardi.
 
Per chi non avesse capito, questa automobile va a pedali, in compenso non inquina e non consuma carburante. Ottima per il training atletico, prossimamente ne vedrete di simili camminare normalmente su tutte le strade nazionali e internazionali. Ragazzi, non lamentatevi, c’è chi paga per andare in palestra, non siete contenti? Ma ecco, vedo in fondo al viale Keith Haring. Molto bene, lo chiamo.
 
- Hi Keith!
 
- Ciao a tutti, bello questo pulmino!
 
- Keith, posso presentarti i miei amici?
 
- Certo, che fate di bello?
 
- Siamo scrittori.
 
- Scrittori? Interessante… Ragazzi, dove mi portate?
 
- Possiamo andare a Pisa e poi fare un giro al mare, ti va di pedalare?
 
- Oh, sì certo, bella idea. Su un muro di quella città c’è un pezzo del mio cuore.
 
Keith Haring (Reading, 4 Maggio 1958 – New York, 16 Febbraio 1990)
 
Keith Haring può considerarsi un artista predestinato perché, grazie all’influenza del padre, appassionato di fumetti e di grafica ha, sin da piccolo, mostrato un grande interesse per il mondo dei comics. Terminata la prima fase scolastica, il padre gli fece continuare gli studi nell’ambito della grafica pubblicitaria, di gran moda in quel periodo, ma la personalità di Keith lo portava ad andare fuori dagli schemi. Mal sopportava gli strumenti freddi tipici della grafica, lo star seduto a un tavolo tenendo a freno la fantasia. I limiti dei canoni pubblicitari non facevano per lui e così abbandonò gli studi. Per mantenersi, come tanti giovani, praticò i lavori più disparati, situazione che non gli impedì di disegnare e di leggere. A vent'anni, forte del suo entusiasmo e della sua forza creativa, organizzò la sua prima mostra. Dalla Pennsylvania si trasferì a New York, la grande mela era la capitale dell’arte Americana, si iscrisse all’accademia d’arte e iniziò una nuova vita eccitante, entrò in contatto con nuove amicizie e il divertimento fu assicurato, il massimo per un giovane promettente. 
Ma la scuola, le mura dell’edificio scolastico, sono come una prigione, le regole didattiche dell’apprendimento artistico ancora una volta un cappio alla gola, manette per i polsi e un sonnifero per la sua immaginazione. Quindi lascia ancora la scuola ed esce in strada, ogni angolo è fonte di ispirazione, la libertà espressiva è totale e Keith Haring non è solo. Fra i giovani c’è aria di anarchia pittorica, nessun mito da seguire, nessun maestro da imitare, la street art è fuoco e fiamme di colori, un vortice di novità fra i giovani.
Nel 1980 avvenne la prima mostra underground alla quale Keith Haring partecipò con molto entusiasmo. Ormai l’arte di strada era la sua casa e gli altri art writers i suoi fratelli, la metropolitana, probabilmente perché al riparo dalle intemperie, il luogo più sicuro per fare laboratorio.
Keith Haring non ci mise molto ad avere successo e così, grazie a un gallerista che aveva avuto l’occhio lungimirante, nel 1982, con una sua mostra personale alla quale parteciparono come visitatori alcuni artisti affermati incuriositi dall’estro di Keith, iniziò la sua scalata.
La sua originalità lo portò in giro per l’Europa e alla fine degli anni’80 ormai era diventato una star. Purtroppo New York poteva essere il paradiso ma anche l’inferno, l’artista in quegli anni contrasse la sciagurata malattia del secolo. Mentre il suo stato di salute progressivamente peggiorava, riuscì a realizzare in Italia,a Pisa, l’ultima sua grande opera Tuttomondo. Al ritorno a New York, il 16 Febbraio 1990, ancora giovanissimo, morì. Il mondo dell’arte perse una delle sue figure più talentuose.
 
- Keith, il disegno per te era come la voce per un cantante, come ti sentivi quando disegnavi?
 
- Walter, per me era tutto così facile, la matita, oppure qualsiasi mio strumento, era un tutt’uno con il mio braccio. Disegnavo senza sforzo - le linee, le curve, i tratti, con i quali creavo le mie figure - per me era come danzare, fluttuavo con la fantasia sulle onde sonore della mia felicità, dentro di me sentivo una musica invisibile e la mia mano andava da sola sul ritmo che mi faceva stare bene. Mi hai chiesto come mi sentivo? Mi sentivo leggero, quasi trasparente ma, comunque, con una grande forza. In quei momenti avevo la forza di Braccio di ferro.
 
- Quando ti sei trasferito a New York, avevi paura? Lasciavi la provincia per una megalopoli.
 
- A casa certo che mi trovavo bene, anche se, con una matita in mano e un pennino, mi trasformavo in un super eroe, con i miei occhialoni tondi, in testa pochi capelli spettinati, la mia camminata dinoccolata, come un fumetto sempre con la solita felpa indosso. Insomma mi sentivo un po’ fuori luogo, da un lato ero un ragazzo debole, da artista ero in estasi su un'altra dimensione e, in quel momento, solo New York poteva darmi l’opportunità di realizzare i miei sogni.
 
- Keith, che rapporto avevi con la gente?
 
– La gente mi piaceva, non sono mai stato un lupo solitario, amavo lavorare nei luoghi anche affollati dove ognuno poteva godere della mia fantasia, chiunque poteva chiedermi quello che stavo facendo e io amavo rispondere, spiegando e ridendo insieme a loro, insomma la mia vita d’artista era viva, movimentata e divertente.
 
– Avevi circa 28 anni quando sei partito per la Germania. Ti avevano invitato a dipingere sul muro di Berlino.
 
– Era l’86, sì, mi invitarono e non persi tempo, il muro era già stato preparato con il fondo giallo e realizzai la mia opera sulla parte Ovest con una giornata di lavoro. Dentro di me ridevo come un matto al pensiero che, lavorando senza sosta sulle figure che si tenevano per mano lungo i 107 metri, alla fine del muro avrei desiderato girare nella parte Est e continuare l’abbraccio fra gli uomini che stavo dipingendo. Solo tre colori, giallo, rosso e nero, i colori della bandiera Germanica, un popolo che doveva tenersi per mano senza barriere. Valeva per loro e per ogni altro popolo. Il mio voleva essere un messaggio universale.
 
- Sei anche venuto in Italia.
 
- Sì, nel 1989 avevo bisogno di staccare un po’ la spina, allentare la pressione che la notorietà aveva su di me. Avevo perso un paio di cari amici, e poi la mia salute non era al meglio e così capitò l’occasione, una coincidenza, l’amicizia con uno di voi, per partire e venire a fare un'opera unica dalle vostra parti, a Pisa. Avevo tutta per me la parete del retro del convento dei frati, dietro la chiesa di S. Antonio Abate, e sapete perché realizzai una bella opera?
 
- Già perché?
 
- Perché la sera prima di iniziare ho cenato nel refettorio del convento con i frati, ci siamo fatti un sacco di risate e poi, quando ho chiesto della birra, mi hanno detto che non l’avevano ma, in cambio, potevo bere del vin santo, un vino così buono che mi ha dato un'ispirazione pazzesca. Non ho mai saputo di che marca fosse, comunque era un vino miracoloso, per non parlare delle polpette con i carciofi. Che cena divina!!
Il giorno della realizzazione avevo tutta la gente del posto vicino a me, con un'energia positiva che spingeva il mio entusiasmo. Ero tornato indietro ai tempi dei graffiti sotto la metropolitana, l’opera terminata non aveva un titolo, posso dirvi che, per la gioia e l’amicizia con la quale ero stato accolto in quella città, sentivo che su quel muro c’era “Tuttomondo”, un mondo colorato di bene. Poi, per festeggiare il compimento del progetto, facemmo una grande festa, partecipò tanta gente semplice, felice e orgogliosa di aver contribuito alla realizzazione di un'opera che sarebbe rimasta li per sempre, un'opera moderna in un contesto antico, una miscela di amore per la vita.
 
- E poi?
 
- Sono dovuto ripartire, era troppo forte il richiamo dei ricordi dei miei amici, a Pisa avevo fatto un sogno, un bel sogno ma la mia vita era oltre oceano. Forse dovevo rimanere di più nel vostro paese, girarlo tutto, ammirare la vostra arte, bere il vostro vino, mangiare le vostre specialità, respirare la vostra aria, fare il bagno nel vostro mare. A proposito, ma dove stiamo andando?
 
- Andiamo a fare un giro con la fantasia e… a dare un passaggio a quel vecchietto che chiede l’autostop.
 
- Salve,  signore, dove è diretto?
 
- Oh, che bella banda di bùaioli, grazie per esservi fermati, me lo dareste un passaggio a Firenze, che l’è là mì città?
 
- Certamente, prego, salga. Mi scusi ma lei per caso è Franco Zeffirelli?
 
- Ma bravo, e lui sarebbe Keith Haring, l’artista graffitaro. E voi altri chi siete?
 
- Scrittori.
 
-Ma bravi, scrivete senza fermarvi mai, scrivete quello che più vi aggrada, ancor ti può nel mondo render fama, ch’el vive e lunga vita ancor aspetta se innanzi tempo grazia a sé noi chiama.
 
- Maestro, ma lei è un maestro!
 
- Veramente, quello è un altro ancora più vecchio di me.
 
- Maestro, ma a questo punto abbiamo risolto i problemi al bar, se ci presentiamo con lei, il conto lasciato dagli altri artisti sparirà.
 
- Ma siete proprio bischeri, io con me l’argiàn non ho, si può sempre consumar e dopo, come con Picasso prender il vol.
 
- Ma scusi, lei come lo sa?
 
- Cari miei, le voci girano.
 
Amici lettori, a quanto pare il nostro giro di conoscenze sta avendo un grande successo, per oggi il nostro tour è terminato, noi bischeri del blog vi salutiamo e vi aspettiamo al prossimo artista e sarà sempre un piacere.
 
Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’ attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi, l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”.“Keith Haring”
 
Buon compleanno Keith.

Welcome back, readers of signoradeifiltri, here we are for a new appointment. For this occasion, after meeting many old artists, today I introduce you to a young man.

Unfortunately, we still have a problem with our means of locomotion, in this last period we are not very lucky, but in our blog we have the most powerful antivirus in the world and, therefore, Matteo Gentili, the great writer lent to motoring, gave back to us the 600 by minibus, borrowed from the pacifist nuns, perfectly in order, just missing the engine. On the other hand, he installed a pedal, so now, assisted by my Libereria team of pedalers, pedaling we will go to get the young Keith Haring.

I introduce them, they are all passionate writers with a loose verb, today they will pedal for you: Marta Bandi, author of Parlami di un fiore, Roberto Inzitari, author of Se rinasco m’impegno di più, Roberto Stasolla, author of Il Valore del peccato Alessandro Mazzà, author of Ne varietur and Laurent Verken de Vreuschmen author of Qualcuno inadeguato.

 

But you look carefully, stop to imagine, between the lines you will see hearts full of love, the names are the cradles of the questions that I protect, that I am afraid, that I contain, so much missing, nothing is missing who saves your heart has saved you whole . @ libereria2017

 

Come on guys, you have the mini bar, color TV, a giant picture of Totti, pastries, chocolates and the vanilla-scented environment, so now we pedal, we are late.

 

For those who have not understood, this car goes by pedal, on the other hand it does not pollute and does not consume fuel. Excellent for athletic training, you will soon see similar ones going normally on all national and international roads. Guys, don't complain, there are those who pay to go to the gym, aren't you happy? But here, I see Keith Haring at the end of the avenue. Very well, I call him.

 

- Hi Keith!

 

- Hi everyone, nice this bus!

 

- Keith, can I introduce you to my friends?

 

- Of course, what are you doing?

 

- We are writers.

 

- Writers? Interesting ... Guys, where are you taking me?

 

- We can go to Pisa and then take a ride to the sea, would you like to pedal?

 

- Oh yes, good idea. On a wall of that city there is a piece of my heart.

Keith Haring (Reading, May 4, 1958 - New York, February 16, 1990)

Keith Haring can be considered a predestined artist because, thanks to the influence of his father, passionate about comics and graphics, he has shown great interest in the world of comics since childhood. After the first school phase, his father made him continue his studies in the field of advertising graphics, very fashionable at that time, but Keith's personality led him to go outside the box. He could not stand the cold tools typical of graphics, the sitting at a table keeping his imagination in check. The limits of the advertising standards were not for him and so he abandoned his studies. To support himself, like many young people, he practiced many different jobs, a situation that did not prevent him from drawing and reading. At twenty years of age, in his enthusiasm and creative strength, he organized his first exhibition. From Pennsylvania he moved to New York, the big apple was the capital of American art, he enrolled in the art academy and started an exciting new life, he made contact with new friends and the fun was guaranteed, the maximum for a promising young man.

But the school, the walls of the school building, are like a prison, the didactic rules of artistic learning once again a loop in the throat, cuffs for the wrists and a sleeping pill for his imagination. So he still leaves school and goes out into the street, every corner is a source of inspiration, freedom of expression is total and Keith Haring is not alone. There is an air of pictorial anarchy among young people, no myth to follow, no master to imitate, street art is fire and flames of colours, a whirlwind of novelty among young people.

In 1980 the first underground exhibition took place in which Keith Haring participated with great enthusiasm. Street art was now his home and the other art writers were his brothers, the subway, probably because it was sheltered from the weather, the safest place to do a laboratory.

Keith Haring did not take long to succeed and so, thanks to a gallery owner who had had a forward-looking eye, in 1982, with his personal exhibition in which some established artists intrigued by Keith's inspiration participated as visitors, he began his climb.

His originality took him around Europe and by the end of the 1980s he had become a star. Unfortunately New York could have been heaven but also hell, the artist in those years contracted the unfortunate disease of the century. While his state of health progressively worsened, he managed to create his last great work Tuttomondo in Pisa, Italy. Upon returning to New York, on February 16, 1990, still very young, he died. The art world lost one of its most talented figures.

 

- Keith, drawing for you was like the voice for a singer, how did you feel when you drew?

 

- Walter, it was so easy for me, the pencil, or any of my tools, was one with my arm. I drew effortlessly - the lines, the curves, the features with which I created my figures - for me it was like dancing, floating with the fantasy on the sound waves of my happiness, inside me I felt invisible music and my hand went alone on the rhythm that made me feel good. Did you ask me how I felt? I felt light, almost transparent but still with great strength. In those moments I had the strength of Popeye.

 

- When you moved to New York, were you afraid? You left the province for a megacity.

 

- At home, of course, I was feeling well, even if, with a pencil in my hand and a stylus, I turned into a super hero, with my round glasses, a few dishevelled hairs on my head, my slouchy walk, like a comic always with the usual sweatshirt. In short, I felt a little out of place, on the one hand I was a weak boy, as an artist I was in ecstasy on another dimension and, at that moment, only New York could give me the opportunity to make my dreams come true.

 

- Keith, what was your relationship with people?

 

- I liked people, I have never been a lone wolf, I loved working in crowded places where everyone could enjoy my imagination, anyone could ask me what I was doing and I loved to answer, explaining and laughing with them, in short, mine artist life was alive, lively and fun.

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Arte al bar: Edouard Manet

30 Aprile 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #pittura, #le interviste pazze di walter fest, #arte al bar

Arte al bar: Edouard Manet
 

 

 
 
 
Amici lettori del blog fra le cui pagine è sempre primavera, oggi avremo nostro ospite un grande protagonista del movimento Impressionista. Ma, prima che vi sveli la sua identità, vi confesso di sentirmi emozionato perché, probabilmente, di tutti gli Impressionisti è stato quello più importante e, se non fosse stato così testardo da respingere tutte le aspirazioni del padre che lo voleva impiegato in ben altro, non avremmo mai avuto l’artista incendiario che sprigionò il fuoco dell’arte moderna. 
Mi sto recando a prenderlo a bordo della nostra 500. Eccolo,  è lui, signore e signori: Edouard Manet.
 
- Ciao Edouard, forza, sali.
 
- Ciao Walter, grazie per avermi invitato, dove andiamo?
 
- Che ne dici di piazza Navona? Ci sediamo davanti a Borromini e ci guardiamo le fontane di Bernini (dopo andiamo da Pasquino).
 
- Accetto, mi fido di te, mi piace questo tuo mezzo di locomozione.
 
- Gradisci un caffè? Un dolcetto? Un prosecchino?
 
- Veramente preferirei un cappuccino.
 
- Allacciati le cinture di sicurezza, arriviamo al bar fra cinque minuti.
 
- Matteo Gentili ha installato un pannello solare da centomila watt e ha messo due pistoni di una Lamborghini Miura, chissà dove li avrà trovati.
 
- Edouard, eccoci arrivati, sai che in questo bar abbiamo avuto altri illustri ospiti?
 
- Mi fa piacere. Forza, non parliamo di artisti del passato, qual è la tua prima domanda?
 
- Che ne pensi dell’arte moderna?
 
- L’arte moderna non esiste, o meglio, sarebbe bene non darle una classificazione. L’arte deve essere in continua evoluzione, il che non vuol dire ignorare la produzione del passato ma lavorare alla ricerca continua di nuovi linguaggi. E i fruitori non devono parteggiare per uno stile o per un altro ma solo godere e assimilare il vento di passione trasmesso da un'opera.
 
Edouard Manet  (Parigi, 23 Gennaio 1832 – Parigi, 30 Aprile 1883)  
 
Da giovane ebbe la fortuna/sfortuna di abitare di fronte all’Accademia di belle arti, fondamentale punto di riferimento per ogni artista. Fortunato perché aveva a portata di mano il suo destino, sfortunato perché in famiglia disapprovavano ostinatamente il suo talento naturale. Solo uno zio materno, che in lui aveva riconosciuto doti innate, lo incoraggiò a perseguire i suoi sogni. Ma il padre lo voleva magistrato, e così Manet, a sedici anni, per ribellione pensò prima di iscriversi all’Accademia navale, dalla quale venne pure respinto, poi d'imbarcarsi come mozzo su una nave commerciale. Il genitore accettò, Manet poteva fare tutto meno che l’artista. 
Ma il padre non aveva considerato la tenacia del figlio. Sia a bordo, sia a terra in Brasile, dopo quattro mesi di navigazione, Edouard riempì taccuini e quaderni di appunti, schizzi e bozzetti.
Al ritorno provò ancora ad iscriversi all’Accademia navale, nuovamente respinto. A questo punto il padre, convinto di avere un figlio fallito, sfiancato dall’ostinazione del futuro principe dell’Impressionismo,  lo lasciò libero di studiare arte.
A questo punto Manet inizia una nuova vita, la sua unica vita, quella nella quale poteva dimostrare il suo valore e la sua vera essenza. Dopo gli studi, sei lunghi anni di apprendistato presso un artista affermato, e dopo aver viaggiato in Olanda e in Italia, tempio dell’arte, nel 1856, insofferente agli schemi del suo mentore, sbattendo la porta, lasciò l’atelier dove era impiegato. Buttandosi nella mischia ricominciò da zero.
Parigi a quel tempo è il paradiso dell’arte, l’arte realista sta soppiantando la pittura legata a schemi classici e mitologici, e Manet riesce ad affinare e personalizzare la propria tecnica.
Condivide la filosofia di Gustave Courbet e viene apprezzato da Delacroix. Pur riconoscendone gli ideali, preferisce tenersi a distanza dal gruppo degli artisti realisti. E' troppo ben educato per frequentare con loro gli abituali luoghi di aggregazione. Manet conosce tutti gli artisti più in voga ma non socializza, seleziona le sue amicizie con attenzione e, probabilmente, grazie a Charles Baudelaire trova la forza e il coraggio di spaziare con il suo estro su tele di grande bellezza che, tuttavia, presentate in pubblico non vengono apprezzate.
Ma ormai è diventato un rivoluzionario.  Colazione sull’erba e Olympia sono il suo biglietto da visita, si sta dimostrando un grande artista ma è inviso al pubblico e a tutta la critica che lo considera pazzo. In questo caso il detto “nel bene o nel male purché se ne parli” è appropriato. Più ne parlano male e più la sua figura è artisticamente sulla bocca di tutti. 
Manet è troppo sensibile. Non reggendo alla pressione parte per  la Spagna, dove non trova l’ispirazione che cerca. Torna in patria ormai etichettato come rompiscatole provocatore e anticonformista. 
Ha l’appoggio di letterati e artisti ma è solo contro tutti, quindi decide di fare squadra con giovani artisti emergenti, ribelli nei confronti della pittura ufficiale, fra i quali, Pizarro, Renoir, Cezanne, Monet, Degas che danno vita al movimento Impressionista.
Manet ne è il leader ma, non avendo le phisique du role, né l’ambizione di mettersi sul petto alcuna medaglia, ne è il teorico distaccato a fari spenti, rimanendo all’ombra del nascente movimento di successo. Intanto è via via scemata l’opposizione alla sua arte così moderna, che ha riacquistato credito sulla scena artistica. Fermo sulle sue teorie, Manet ha pagato un caro prezzo al suo resistere agli attacchi.
Il suo fisico debilitato dall’andare sempre controcorrente, prima contro suo padre e successivamente contro la critica, è indebolito e sfinito. Fra il 1881 e il 1882 realizza la sua opera emblema del suo grande talento e del suo ultimo stato esistenziale: Il bar delle follies Berger.
Si spegne a Parigi il 30 Aprile del 1883, ormai defunto riceve  grandi onori e riconoscimento al suo valore.
E’ così che Edouard Manet si esprime nei confronti di  un suo estimatore ritardatario: "Avrebbe potuto essere lui a decorarmi. Mi avrebbe dato la fortuna, ora è troppo tardi per riparare venti anni di insuccesso”. Inoltre, ironicamente e amaramente, è così che paraò di un critico che non ha avuto il coraggio di dire la verità e ammettere la sua immensa bravura: "Non mi spiacerebbe leggere finalmente, da vivo, l'articolo strabiliante che mi consacrerà dopo morto". 
 
- Edouard, perché non hai mai provato ad essere un artista "genio e sregolatezza"? Ti avrebbe evitato molti dispiaceri.
 
- Walter, sicuramente avrei superato gli ostacoli comportandomi da pazzo, invece sono stato preso per pazzo comportandomi in maniera formale e civile. Dovevo alzare la voce ma non ne ero capace. Perché urlare e prendere per il bavero della giacca i miei oppositori quando la mia arte era così limpida e naturale? Ma, obiettivamente, ero una persona onesta e per bene, ma timida e riservata nei modi, non ero un uomo da marciapiede.
 
- Sicuramente, il mondo in tutte le epoche non è per galantuomini, io credo che non ti vedevano di buon occhio anche per una questione di invidia inconscia, una sorta di gelosia. Tu proponevi la vita reale quando i benpensanti nascondevano le loro marachelle mascherati di perbenismo, una ipocrita doppia faccia.
 
- Eh già, ma per fortuna l’arte cammina, cammina, nei secoli è sempre stato così, l’arte cammina e va avanti superando la barriera temporale dei comuni mortali. I comuni mortali periscono, l’arte sopravvive in eterno.
 
-  Edouard, ma, secondo te, quella cosa che vola che cos'è?
 
- Mi sembra un aeroplanino di carta che si libra nell'aria.
 
- Guarda come piroetta.
 
- Pure il giro della morte.
 
- Viene verso di noi.
 
- Plana dolcemente su questo tavolino.
 
- Ci sono scritte sopra delle parole, Edouard, vuoi leggerle tu?
 
 
Lo sai?
Ci sono silenzi che irrompono
col loro fragore immenso e 
rimbombano nelle pareti vuote
di tacite illusioni.
Lo sai?
Ci sono giorni dove un Sì o
un No sono determinanti per 
una vita intera.
Lo sai?
Ci sono parole che non esprimono nulla
e a volte sarebbe meglio tenerle dentro,
anche a costo di scoppiare, pur di non 
rovinare tutto.
Lo sai?
Ci sono momenti che vorremmo
dimenticare, eppure, sono quelli ai quali non
puoi fare a meno di pensare con una lacrima 
che squarcia il viso.
Lo sai?
Ci sono persone che ci restano nel cuore
per le ferite che gli hanno inflitto e ti ricordi
di loro in ogni crepa che si riapre, provvisoriamente
tappezzata di piastrine di ricordi.
Lo sai?
Si sollevano polveroni nelle esplosioni
che ci rendono ciechi,
ma curano la cateratta dagli occhi
dell'anima, in una visione meno edulcorata
delle cose.
Lo sai?
Ci sono promesse che ti restano impresse
e sensazioni che ti corrodono la pelle 
solo a pensarci,
non per la loro bellezza,
ma per il colpo basso che ti hanno inferto.
Lo sai?
A volte ci sono verità celate da bugie,
che non vorresti sentire, eppure, quando
sveli le loro trame,vorresti non aver saputo
la verità.
Lo sai?
Dicono che l'amore vero è per sempre,
ma i veri amori sono quelli che per sempre
sarai condannato ad odiare.
Lo sai?
Dicono che in ogni lacrima si celi una promessa,
ma sono poche quelle che vengono mantenute,
innumerevoli quelle tradite e soffocate nel pianto.
Lo sai?
Molte son le parole non dette e le paure celate
per timore di esporsi e cadere in volo, eppure,
sarebbero quelle frasi soffocate dal cuore a
salvare dai naufragi...
Lo sai?
A volte ci sono eventi che rimangono
sospesi come domande ...
Passano ore, minuti, secondi, secoli, millenni,
ma prima o poi la vita risponde e ti porta il conto
e chissà se per alcuni sarà salato abbastanza!
 
- Credo che lo abbia fatto volare il destino, sono parole molto intense e scritte con vero amore, chi ne sarà l’autore?
 
- E’ scritto a piè di pagina…
 
"Edoardo corre verso la panchina e riconosce subito il foglietto rosa di un taccuino che gli aveva regalato lui e la sua scrittura, sempre così ordinata e chiara da sembrare stampata, lo accarezza, come se quel foglio potesse trasmettere quella paura e quell'affetto a lei e legge tutto d’un fiato".Firmato Mariateresa Scionti  1+1=1 edizioni Libereria
 
- Quello che abbiamo letto e che ci è arrivato dal cielo è tratto da un libro e l’autrice si chiama Mariateresa.
 
- Walter, penso che questo libro parli di un amore sofferto. Sai che a volte la sofferenza dipende dal troppo amore? Mio padre, ad esempio, mi amava e per me voleva il meglio, questo suo desiderio di amore  era così grande che gli offuscava la vista, non vedeva che io ero attratto dall'arte, mi amava e aveva paura per me. Mio padre sapeva che alla sua dipartita non poteva proteggermi e quindi, secondo i suoi canoni, preferiva per me una vita serena e gratificante. Invece non capiva che mi faceva del male, il suo era troppo amore, non voleva di certo recarmi danno, voleva solo il mio bene ed io non ho fatto in tempo a ringraziarlo e a dirgli che fare l’artista era quello che volevo e che mi rendeva felice. Anche se nella mia carriera sono stato un incompreso, quando dipingevo ero felice e questo mi bastava. Queste parole me le ha inviate il cielo, voglio farle leggere anche a mio padre e gli strapperò un sorriso.
 
- O una lacrima.
 
- L’amore sincero accetta di ridere e anche di piangere, credo che questo sia quello che intende Mariateresa Scionti nel suo 1+1=1. Alla fine è solo la conferma che questo sentimento è una semplice e unica parola…amore… Walter, vado a dirlo a mio padre. Forza, risaliamo in macchina che devo raggiungerlo.
 
- Va bene, sarebbe proprio un bel lieto fine. A proposito, adesso in finale qui al bar ci sarebbe un conticino da pagare.
 
- Andiamo di corsa, non c’è tempo, lascialo al prossimo artista, chi sarà?
 
- Credo un giovanotto squattrinato.
 
- Tranquillo, la sua arte vale oro.
 
- E’ meglio che ce ne andiamo. Tanto, dopo la fuga con Picasso, qui al bar sono rassegnati.
 
Amici lettori della signoradeifiltri io, Edouard Manet e Mariateresa Scionti vi salutiamo e vi aspettiamo al prossimo appuntamento e sarà sempre un piacere.

Rreaders of the blog, whose pages are like spring, today we will have a great protagonist of the Impressionist movement. But before I reveal his identity to you, I confess to feel excited because, probably, of all the Impressionists he was the most important and, if he had not been so stubborn as to reject all the aspirations of the father who wanted him employed in something else, we would never have had an exstraordinary artist.

I'm going to pick him up on our 500. Here he is, ladies and gentlemen: Edouard Manet.

 

- Hi Edouard, come on.

 

- Hi Walter, thanks for inviting me, where are we going?

 

- How about Piazza Navona? We sit in front of Borromini and look at Bernini's fountains (then we go to Pasquino).

 

- I accept, I trust you, I like your means of locomotion.

 

- Would you like a coffee? A sweet treat? A prosecchino?

 

- I'd really prefer a cappuccino.

 

- Fasten your seat belts, we'll be at the bar in five minutes.

 

- Matteo Gentili has installed a one hundred thousand watt solar panel and has put two pistons of a Lamborghini Miura, who knows where he will have found them.

 

- Edouard, here we are, do you know that we had other distinguished guests in this bar?

 

- I am pleased to. Come on, let's not talk about artists of the past, what is your first question?

 

- What do you think of modern art?

 

- Modern art does not exist, or rather, it would be good not to give it a classification. Art must be constantly evolving, which does not mean ignoring the production of the past but working on the continuous search for new languages. And users do not have to side with one style or another but only enjoy and assimilate the wind of passion transmitted by a piece of art.

 

Edouard Manet (Paris, 23 January 1832 - Paris, 30 April 1883)

 

As a young man he had the luck / misfortune of living in front of the Academy of Fine Arts, a fundamental point of reference for every artist. Lucky because he had his destiny at hand, unfortunate because in the family they stubbornly disapproved of his natural talent. Only a maternal uncle, who had recognized innate qualities in him, encouraged him to pursue his dreams. But his father wanted him to be a magistrate, and so Manet, at sixteen, thought of rebellion before enrolling in the Naval Academy, from which he was also rejected, then embarking as a deckhand on a commercial ship. The father accepted, Manet could do anything but the artist.

But the father had not considered the tenacity of the son. On board and on land in Brazil, after four months of sailing, Edouard filled notebooks and notebooks with notes and sketches.

On his return he tried again to enroll in the Naval Academy, rejected again. At this point the father, convinced that he had a failed son, exhausted by the obstinacy of the future prince of Impressionism, left him free to study art.

At this point Manet begins a new life, his only life, the one in which he could demonstrate his value and his true essence. After his studies, six long years of apprenticeship with an established artist, and after traveling to Holland and Italy, temple of art, in 1856, intolerant of his mentor's schemes, slamming the door, he left the atelier where he was employed.  

Paris at that time is the paradise of art, realist art is supplanting painting linked to classical and mythological schemes, and Manet manages to refine and personalize his technique.

He shares the philosophy of Gustave Courbet and is appreciated by Delacroix. While recognizing their ideals, he prefers to keep away from the group of realist artists. He is too well educated to frequent the usual meeting places with them. Manet knows all the most popular artists but does not socialize, selects his friends carefully and, probably, thanks to Charles Baudelaire he finds the strength and courage to wander with his talent on canvases of great beauty which, however, presented in public are not appreciated.

But by now he has become a revolutionary. Breakfast on the grass and Olympia are his calling card, he is proving to be a great artist but he is unpopular with the public and all the critics who consider him mad. In this case the saying "for better or for worse as long as you talk about it" is appropriate. The more they speak ill of it, the more he is artistically on everyone's lips.

Manet is too sensitive. Not resisting the pressure, he leaves for Spain, where he does not find the inspiration he seeks. He returns home, now labeled a provocateur and nonconformist.

He has the support of writers and artists but he is alone against everyone, so he decides to team up with young emerging artists, rebels against official painting, among which, Pizarro, Renoir, Cezanne, Monet, Degas who give life to the Impressionist movement .

Manet is the leader but, having no phisique du role, nor the ambition to put any medal on his chest, he is the theorist detached with the headlights off, remaining in the shadow of the nascent successful movement. In the meantime, opposition to his modern art has gradually diminished, and he has regained credit on the art scene. Stopping on his theories, Manet paid a heavy price for his resisting attacks.

His physique debilitated by always going against the current, first against his father and subsequently against criticism, is weakened and exhausted. Between 1881 and 1882 he made the one piece of art emblem of his great talent and his last existential state: The bar of the follies Berger.

He died in Paris on April 30, 1883, now deceased, he receives great honours and recognition for his value.

This is how Edouard Manet expresses himself towards one of his latecomer admirers: "It could have been he who decorated me. He would have given me luck, now it is too late to repair twenty years of failure." Furthermore, ironically and bitterly, he told a critic who did not have the courage to tell the truth and admit his immense skill: "I would not mind finally reading, alive, the amazing article that will consecrate me after death".

 

- Edouard, why have you never tried to be a "genius and unruly" artist? It would have avoided you many sorrows.

 

- Walter, surely I would have overcome obstacles by acting crazy, instead I was taken for crazy by behaving in a formal and civil way. I had to raise my voice but I wasn't capable of it. Why scream and take my opponents by the collar when my art was so clear and natural? Actually, I was an honest and good person, but shy and reserved.

 

- Of course, the world in all eras is not for gentlemen, I believe that they did not see you favourably for an unconscious envy, a sort of jealousy. You proposed real life when the right-thinking people hid their mikschieves masked with respectability,  double-faced hypocrites.

 

- Yes, but luckily art walks, walks, over the centuries it has always been like this, art walks and goes on overcoming the temporal barrier of ordinary mortals. Common mortals perish, art survives forever.

 

- Edouard, what do you think that flying thing is?

 

- It looks like a paper airplane hovering in the air.

 

- That looks like a pirouette.

 

- The round of death too.

 

-It comes towards us. It glides gently on this table.

 

- There are words written on it, Edouard, do you want to read them?

Lo sai?
Ci sono silenzi che irrompono
col loro fragore immenso e 
rimbombano nelle pareti vuote
di tacite illusioni.
Lo sai?
Ci sono giorni dove un Sì o
un No sono determinanti per 
una vita intera.
Lo sai?
Ci sono parole che non esprimono nulla
e a volte sarebbe meglio tenerle dentro,
anche a costo di scoppiare, pur di non 
rovinare tutto.
Lo sai?
Ci sono momenti che vorremmo
dimenticare, eppure, sono quelli ai quali non
puoi fare a meno di pensare con una lacrima 
che squarcia il viso.
Lo sai?
Ci sono persone che ci restano nel cuore
per le ferite che gli hanno inflitto e ti ricordi
di loro in ogni crepa che si riapre, provvisoriamente
tappezzata di piastrine di ricordi.
Lo sai?
Si sollevano polveroni nelle esplosioni
che ci rendono ciechi,
ma curano la cateratta dagli occhi
dell'anima, in una visione meno edulcorata
delle cose.
Lo sai?
Ci sono promesse che ti restano impresse
e sensazioni che ti corrodono la pelle 
solo a pensarci,
non per la loro bellezza,
ma per il colpo basso che ti hanno inferto.
Lo sai?
A volte ci sono verità celate da bugie,
che non vorresti sentire, eppure, quando
sveli le loro trame,vorresti non aver saputo
la verità.
Lo sai?
Dicono che l'amore vero è per sempre,
ma i veri amori sono quelli che per sempre
sarai condannato ad odiare.
Lo sai?
Dicono che in ogni lacrima si celi una promessa,
ma sono poche quelle che vengono mantenute,
innumerevoli quelle tradite e soffocate nel pianto.
Lo sai?
Molte son le parole non dette e le paure celate
per timore di esporsi e cadere in volo, eppure,
sarebbero quelle frasi soffocate dal cuore a
salvare dai naufragi...
Lo sai?
A volte ci sono eventi che rimangono
sospesi come domande ...
Passano ore, minuti, secondi, secoli, millenni,
ma prima o poi la vita risponde e ti porta il conto
e chissà se per alcuni sarà salato abbastanza!

- I think fate made it fly, they are very intense words and written with true love, who is the author?

 

- It is written at the foot of the page ...

 

"Edward runs towards the bench and immediately recognizes the pink note from a notebook that he had given him and his writing, always so orderly and clear as to seem printed, caresses him, as if that sheet could transmit that fear and that affection, and he reads all in one breath ". Signed Mariateresa Scionti 1 + 1 = 1 Libereria editions

 

- What we have read and what has come to us from heaven is from a book and the author is called Mariateresa.

 

- Walter, I think this book is about a suffered love. Do you know that sometimes suffering depends on too much love? For example, my father loved me and wanted the best for me, his desire for love was so great that it blurred his sight, he didn't see that I was attracted to art, he loved me and he was afraid for me. My father knew that at his departure he could not protect me and therefore, following his standards, he preferred a peaceful and rewarding life for me. Instead he didn't understand that he hurt me, his was too much love, he certainly didn't want to harm me, he just wanted my good and I didn't have time to thank him and tell him that being an artist was what I wanted and that made me happy. Although I was misunderstood in my career, when I was painting I was happy and this was enough for me. Heaven sent these words to me, I want my father to read them too and maybe he will smile.

 

- Or weep.

 

- Sincere love agrees to laugh and also to cry, I think this is what Mariateresa Scionti means in her 1 + 1 = 1. In the end it is only the confirmation that this feeling is a simple and only word ... love ... Walter, I'm going to tell my father. Come on, let's get back in the car I have to reach him.

 

- Okay, that would be a nice happy ending. By the way, now here at the bar there would be a small bill to pay.

 

- Let's run, there is no time, leave it to the next artist, who will he be?

 

- I think a penniless young man.

 

- Don't worry, his art is worth gold.

 

- It is better that we leave. So, after the flight with Picasso, here at the bar they are resigned.

 

Readers of Signoradeifiltri I, Edouard Manet and Mariateresa Scionti greet you and look forward to seeing you at the next appointment and it will always be a pleasure.

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