valentina casadei
Poesie di Valentina Casadei

Immaginai la vita
Come donna
Le diedi un corpo piccino
Di fata
Un naso grande
Di strega
E due grandi occhi
Una domanda.
Te, nel cielo
nell’ignominia del dolore
guardi in basso
M’osservi vivere,
muovere l’arto destro
camminare sui piedi stanchi
M’osservi osservarti
implorare il cielo d’assottigliarsi
la troposfera di scomparire,
per avvicinarci
M’osservi piangerti
macchiare di nulla i cuscini
nell’attesa d’allontanare
tutti i tuoi aliti di pensiero
E nell’imparità del fato
sei il dubbio
il miracolo dell’eventualità
Te, nel cielo
Poesie di Valentina Casadei

Ti dedichi,
con cura,
al peso delle piume
Detieni i diritti dei cieli
linea diretta alle stelle,
che unisci
come puntini senzadio,
sparsi a manciate goffe
da mani di contadini
che trovano casa ai semi
Sono un disastro sbiadito
Un errore dall’alto
Un dito puntato
Sono un enorme rimpianto
Sono un fiume nel mare
il fluttuare dell’onda
l’annegare del sordo
Sono un navigante disperso
Poesie di Valentina Casadei

Abbiamo visto arrivare la notte
con lo scoppio di tutti i tuoi ordigni
che frantumavano il rantolo dei ricordi
e seguivano le mappe dello splendore
Abbiamo visto arrivare la notte
nella disperazione dell’abbandono
in quell’eremo dove dimora
la mia pietà verso la tua dottrina
Abbiamo visto arrivare la notte
ad occhi aperti, nel buio
nella beatitudine dei tuoi respiri
pieni di senso e di colore chiaro
Il mattino per le stelle
la fame per le fauci
il passo dell’inerzia
Sei pioggia su giacca
sei quella parola che non dico
Misconosci le regole del vuoto
e l’eternità ti aspetta fra i respiri
Valentina Casadei, "Tormento fragile"

Tormento fragile
Valentina Casadei
Bertoni Editore, 2018
pp 79
12,50
Tormento Fragile, di Valentina Casadei, è una silloge di belle poesie, scritte da una venticinquenne che ha dimestichezza non solo con le parole ma anche con le emozioni, affrontate con la saggezza di una persona molto più anziana. L’amore, la nostalgia, il ricordo, la paura del tempo che passa e della morte, il ripiegamento su se stessi, hanno anche qui lo scopo che tutta, o quasi tutta, la poesia dovrebbe avere, cioè arginare e incanalare l’emotività, rendendola sopportabile. Insomma, condividere diventa uguale a dominare e controllare.
Si tratta per lo più di dialoghi al femminile, con un interlocutore che varia di volta in volta, un tu che diventa noi ma anche io, per guardarsi dentro senza sconti. E questo parlare all’altro da sé indica il bisogno estremo di contatto, di apertura, ovvero il contrario del “ripiegarsi come una salamandra”, ed è ciò che aiuta a considerare la paura “solo una parola.”
Il linguaggio della Casadei è ermetico ma lo è in modo semplice e scorrevole. Proprio nelle frasi più comuni e prosastiche si annida la suggestione: “Incontriamoci da qualche parte /stasera”, “e hai regalato ai vivi /la cura che diamo ai morti”,
Liriche brevissime, brevi o più lunghe, senza un titolo che le definisca o contenga. C’è parecchia solitudine, “mi ripiego/come una salamandra magra”, dovuta anche all’atteggiamento ostile di alcuni, e c’è paura della morte, contrastata da un provvidenziale elan vital che si spera non venga mai a mancare: “spero che non finisca mai / questa mia vitale spinta”.
La conclusione è che esistere è fine a se stesso, ma ciò non deve spaventare, piuttosto farci apprezzare certi “orizzonti” che gli amanti “non si stancano di rimpiangere”.
Ci vuole coraggio per affrontare l’esistenza così com’è, con tutti i chiaroscuri, comprendendola senza edulcorarla ma nemmeno respingerla perché, in questa dimensione così materiale e terrestre, si può comunque ravvisare lo spirito che anima e pervade tutto, unito ad un amore carnale/ filiale/ amicale che consola: “Sei una parola di petali, dolce.”
Concludo riportando una poesia, particolarmente bella:
Ti prendo come poesia.
I tuoi versi sono capelli
Uniti in strofe di trecce.
Ed ecco che l’allitterazione dei tuoi sospiri
Sfida il vento.
Ma tu, poesia da foglio di carta,
ti involi con lui.
Paladina dell’alba.