rita bompadre
Marco Galvagni, "Sogno d'amore"
Sogno d'amore di Marco Galvagni (Quaderni di poesia - Eretica Edizioni, 2022 pp.76 € 15.00) è un inno alla vita, un canzoniere destinato all'infinito sostegno della vocazione sensoriale nella mente e nell'animo. Il poeta padroneggia la materia plasmabile dell'amore, descrive una eloquente combinazione d'immagini e di sensazioni, coinvolge l'incanto delle emozioni. Marco Galvagni è profeta del desiderio. Raggiunge il talento esplicativo nel ritmo ardente delle liriche, accompagna l'intonazione della pura adesione all'infatuazione e all'intensità dell'anima, nello stupore e nel calore della complicità. L'occasione viva, incondizionata, esclusiva della poesia, sostiene l'esistenza, coglie l'istante descrittivo nei contenuti estetici del cuore, del destino, estende lo scenario naturale dell'illuminazione, attraverso il potere allusivo del mare, il confine simbolico del cielo, la lusinga degli occhi. Il poeta evoca forme e colori universali, nell'immediatezza idilliaca di carezzevoli similitudini e accattivanti metafore, nella trasposizione emblematica del linguaggio. I testi ripercorrono sentimenti suadenti e ritraggono impressioni lusinghiere nei confronti di una idealizzazione romantica, nella fantasia onirica dei paesaggi interiori. La meraviglia ricorrente del poeta esalta il fascino inatteso e amabile della seduzione, il corpo della donna e la trasmissione persuasiva del corteggiamento. Il germoglio amoroso dei versi manifesta l'origine compiuta della passione, unisce la spiritualità e la carnalità, nella sensualità dell'attesa, nella ricerca costante dell'universo di senso, nel carattere pulsionale dell'inconscio. L'eros, in Marco Galvagni, è sempre una rifrazione sincera verso la bellezza, un indicatore elegante e discreto dell'orizzonte segreto della volontà amatoria. Sogno d'amore coglie l'intensità vitale nell'ascolto estasiato del tempo, nella voce saggia del poeta che si affida al fascino originario del destino per decifrare la relazione ammaliante con il mondo. La silloge si compone anche di poesie scelte, riunite nella memoria affettiva, dalle tematiche intimiste, collegate allo strumento letterario di restituzione dei ricordi, nel silenzio della nostalgia. L'orientamento poetico di Marco Galvagni riconsegna alla parola penetrante e fremente l'energia assorta nel balsamo ipnotico dell'immaginazione, sublima l'entusiasmo e la delicatezza dell'ispirazione, evidenzia il beneficio della luce dell'inchiostro gettato su ogni pagina bianca della vita. Il poeta rivolge la sua infuocata e sapiente riflessione sulla natura umana nel vincolo reciproco della speranza, ammette la vulnerabilità della chimera ma continua ad assaporare il dolce spirito del rituale attraente nella necessità d'amare, nelle corde di un cammino memorabile verso la nobile esigenza del piacere. La verità rappresentativa del coinvolgimento, la risonanza intuitiva degli insegnamenti d'amore, traducono la direzione dell'approccio con le tonalità sentimentali dell'essere: “Perché l’amore, mentre la vita ci incalza, /è semplicemente un’onda alta sopra le onde.” (Pablo Neruda)
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Il poeta
Il poeta è una nuvola innamorata,
una goccia di stella scesa dal cielo,
la sua parola è l'onda che sale e si rovescia,
parola nel mare che sposta le navi col pensiero
macchia di luna bagnata dai raggi del suo sorriso
cielo impassibilmente terso
che custodisce i sogni dei gabbiani:
volano nella notte scendendo dalle stelle,
risalgono nell'aurora bruciando il sole.
Ho visto te
Ho visto un cielo di bolle
colorate di giallo grano,
di verde cespuglio,
di rosso papavero.
Ho visto uno spazio
libero per l'amore.
Ho visto te.
Sogno d'amore
Donna proibita
carnosa nelle lame di sole
scaverai, dopo un autunno lussureggiante,
con le sottili note di canto
della tua voce
un bagno di musica nel manto nevoso dei prati.
Sono ora ombre di tomba
i vecchi amori con corteccia di tartaruga,
un altro nido ha il mio paesaggio femminile
trepido di future delizie infuocate,
altre finestre hanno gli spifferi di vento -
agiterà con desiderio d'ardore le lenzuola.
Sarà nostro il paesaggio,
nostre saranno le calze che sovrasteranno i cirri,
non un palmo della mia mano ti sarà distante -
sarò la tua palma prestabilita,
dea che trae origini dai miei sogni,
dal mio sogno d'amore.
Sarai frutto deflorato,
regina che spossata si rigirerà
in un turbine di passione,
in un armonico saliscendi di ogni notte
figlio del mio desiderio d'amarti
facendoti gioire col mio vello.
Nell'aurora
Ti scorgo nuda e brillante -
un aculeo di paura
irrompe sotto il firmamento -
un fremito nel corpo
il tuo di corallo
orda la spuma dell'erba.
Giorni funesti per altre donne
bruciano infuocati,
gioventù s'è infranta,
ora son sorrisi velati
tramati di carezze -
avranno i gemiti del fiore brunito.
L'alba libera gli uccelli,
parole dal cuore di marmo,
rettili dagli occhi d'artigli -
costruisco la catena d'un ponte
invisibile come paglia trepida d'aria.
Sulla nostra pelle vestita d'amore
Potremo respirare
l'odore di stelle del mare
annusando il profumo di muschio della notte
sulla nostra pelle vestita d'amore.
Perdermi nella musica d'un arcobaleno
coricati accanto sul silenzio del bagnasciuga
intinto dei tuoi colori: carbone corvino
come le tracce, ornato - come i nembi del cielo -
da un velo d'ebano come il mare dei tuoi occhi.
Volo sognante nella fitta trama dei pensieri
in un'aurora di colori, accarezzato
dalla luce del sole, ascoltando i miei sospiri:
saranno sferzate di brezza
sulla nostra pelle vestita d'amore
mentre sarai nuda tra le mie braccia
e avrai un sorriso di stelle di madreperla, luccicante di
desideri.
Nella sabbia persino gli arenicoli danzeranno di gioia,
lascerà una scia di libertà l'impronta dei nostri passi.
Marco Antonio Sergi, "Disgregazioni"
Disgregazioni di Marco Antonio Sergi (Quaderni d'arte - Eretica Edizioni, 2021 pp. 104 € 16.00), con i disegni di Simone Capriotti, è un'opera originale che dimostra come il sodalizio artistico e poetico sia in grado di rafforzare tra le pagine i contenuti della dimensione estetica, il significato della forma d'arte. L'unione dei due codici espressivi illustra la corrispondenza esistenziale nel senso di vuoto e di smarrimento, il segno rapido e disorientante dell'assenza, indica il percorso intimista dell'inquietudine. Il poeta indaga oltre l'estremità instabile dell'anima, scruta il mistero interiore nell'inconfessato e profondo dolore, ricerca l'enigma velato degli occhi, nell'inquadratura tormentata dei volti, dipinti accanto ai versi. Comunica con immediata intensità il sentimento degli incubi persistenti, frammentati nella cavità emotiva. I versi mantengono una definita, nitida consacrazione alla autobiografia del vissuto, nell'indistinto crocevia della superficie intima e spaventata, arricchita dalle sensazioni insistenti dei ricordi, dalle sfumature della malinconia. Estendono una realtà aumentata dalla percezione sensoriale dell'oscurità rarefatta dei sentimenti, delle piccole morti quotidiane e delle conseguenze incoraggianti di ogni rinascita. Marco Antonio Sergi disgrega la propria identità attraverso l'esperienza sensibile dell'amore, accompagna la consapevolezza delle proprie variazioni poetiche nella rappresentazione delle illusioni, delle indecifrabili sconfitte. Affronta la propria irrequietezza, conosce il disordine vertiginoso dei pensieri, identifica il disturbo dell'intelletto con l'incoerenza e il disadattamento degli atteggiamenti dell'uomo. Scioglie il riferimento essenziale dell'ostilità con la comprensione della realtà transitoria degli avvenimenti, descrive la sensazione di distacco e di estraneità, riconosce la conflittualità e il deterioramento dell'equilibrio umano. La poesia di Marco Antonio Sergi consuma l'integrità dell'io, scompone l'ipnotica riflessione in reliquia imperturbabile del tempo, risolleva l'intesa complice tra parola e visione. La personificazione dei volti di Simone Capriotti, inseriti tra le poesie, è simbolo incarnato di solitudine, d'isolamento. È emblema di un anonimato oscuro e minaccioso, segnato da smaniosa sofferenza, indizio di una sospensione vitale, riflesso di alterazione. L'autenticità della poesia rivela la marcata discontinuità della maturità, trasformata dal limite sommerso e inafferrabile dello svolgimento cognitivo degli eventi, la libertà crudele e coraggiosa degli errori. Disgregazioni anestetizza le emozioni, distingue il malessere dallo stupore, risveglia il contatto impressionante del passato, mantiene la sostanza dell'assenza nel presente. La fluida connessione spirituale e carnale dei versi disgiunge l'essenza della dispersione, il peso del cedimento, ma dimostra come la saggia osservazione di ogni fine sia un modo per riacquistare l'inizio e ritrovare se stessi.
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SCACCO AL RE
Tengo il coltello piantato lì sotto
lo so non si addice
ma è così bello guardare il volto di lui
con occhi rapaci, e sua è la pace
ovattata, di chi sta per pagare lo scotto
in un gioco a un solo finale.
CALANTE
Rimane a lungo nell'aria
la nota sfiatata di sax
rugginosa e pressante
fino alla fine del fiato
il petto contratto.
Risuona il sospiro
quel vecchio cancello
ancora violato.
SFUGGENTE
Come un'idea
perfetta
senza confini
senza definizione
senza paragone
Sei
Come ogni idea
nata da me
illusione.
CUORE NERO
Mi sono punto
d'inferno
di un veleno
che non comprendo
mentre mi scioglie
le budella come
morto a scroccasole.
Mi sono reso infermo
di nuovo
questo male
odio e amore
lo stringo
mano di vecchio amico
da riscoprire.
IL MOSTRO
Sotto il letto
non c'è bestia
che tenga testa
Sotto il sottotetto
non c'è sgorbio
davvero brutto
Sotto il sottobosco
non trovo occhi
maligni di folletto
Il terrore tutto
sta nascosto nel finale
di uno scritto
che ora è fuori
che ora è tale e quale
al reale.
RAFFICHE
Come sotto una raffica
di mitra
veloce, che sferza la carne
come in balia di tempeste
di sabbia,
che bucano la tenda di notte,
Io sono. Solo sotto questa pioggia
ritrovo
la forza di muovere i passi.
SPECCHIO SPECCHIO
Immersi
e come l'universo
immensi
a fuggir da sé stessi
Antonio Bianchetti, "Non so se ho scritto troppo sull'amore"
Non so se ho scritto troppo sull'amore - un altro passaggio dai giardini di ponente - di Antonio Bianchetti (Quaderno dell'Àcàrya n° 55, 2021 pp. 160 € 14.00) è una raccolta poetica che celebra la grande capacità d'amare e irradia l'intensità di una luce infinita e di una visione del mondo in cui la bellezza, la corrispondenza spirituale, l'estensione delle emozioni sono l'incarnazione della prospettiva umana del bene. Antonio Bianchetti condivide la sintonia emotiva e l'inesauribile essenza della poesia, indica la connessione del cuore, oltrepassa le distanze terrene, orienta la sostanza e la radice dell'incisività universale dei sentimenti. Il poeta spiega l'efficacia espressiva della malinconia, concentra nelle pagine l'esposizione esistenziale della nostalgia, traccia l'incessante ritmo della corrente del tempo. La struttura elegiaca dei testi si compone della direzione esclusiva dei punti cardinali, conduce l'elemento simbolico del cammino in una traiettoria sensibile per riportare alla memoria gli scenari di un viaggio interiore, per orientare il passaggio delle contraddizioni impulsive della vita, per osservare e determinare la passionale frequenza della sfera affettiva. La poesia di Antonio Bianchetti declina la validità generatrice della viva dedizione alla ragione del cuore, rinnova la componente metafisica e spirituale della quotidiana intimità, evidenzia la sintonia e la complicità mentale nei confronti dell'incondizionata meraviglia dell'anima, la definizione della magica confidenza della sensualità, il principio decifrabile dell'innamoramento. Il legame indivisibile con l'universo carezzevole dell'amore avvicina alla necessità fortunata dell'eredità romantica, allo sconfinato, imponderabile segreto dell'eternità, traduce il contenuto corporeo delle avversità, affronta gli ostacoli impenetrabili delle incomprensioni e le difficoltà dei silenzi arrendevoli. L'assenza subita identifica l'inevitabile inquietudine e la profondità del disorientamento, ma regala anche lo strumento indispensabile per riconoscere la propria consapevolezza e difendere la propria esperienza nella previsione straordinaria di una sfida individuale, nel sostegno compiuto di un distacco e di una successiva, nuova vicinanza. Antonio Bianchetti non ha scritto troppo sull'amore, ha comunicato il suo inno alla vita, accolto la fragilità pulsante del ricordo, concesso la continuità della presenza amata nello spazio inesauribile della speranza. Non ha mai allontanato l'affermazione del futuro, ha percorso il destino presente per non dimenticare l'elogio della fiducia nella rinascita, la provenienza delle stagioni dell'esistenza, scandite dal dinamismo dell'equilibrio introspettivo dei desideri. Il libro è impreziosito dalle suggestive fotografie del mosaico con la rosa dei venti impresso sul lago di Como, a simbolo dell'intuizione delle coordinate spazio temporali, nel saggio significato della guida e nella protezione della forza di volontà. Nella chiave di lettura del percorso il poeta incontra l'incanto dell'arte elegiaca, percorre la spontaneità, la dolcezza e la gratitudine dell’ascolto, in linea con la gentilezza e la generosità concesse a ogni destinazione della passione.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”
BALCONE VISTA MARE
Questo orizzonte ci sorprende
fin dove lo sguardo
incontra il respiro
della vastità
e su quello che si avrà
il panorama vissuto
ci rinnova gli auguri
fin dove possiamo vedere
oltre il confine
di un giorno
al di là
dei nostri giorni futuri
IL SERVITORE MUTO
Ho posato gli occhi
sopra la fine del giorno
che ricomponi piano
insieme al vestito
accarezzato
dolcemente con la mano
insieme alla premura
di fare un po' di ordine
dentro a queste ore buie
Poi ci fermiamo a guardare
come se questo panorama
fosse ancora
un orizzonte da indossare
come se la notte
non volesse mai arrivare
messa da parte
insieme agli ultimi indumenti
Lasciata sola nell'eternità
di questi pochi gesti
insieme ai colori
dei nostri movimenti
EPITAFFIO
Parlavamo sempre dell'eternità
ma ora il nostro cielo
ha misure troppo piccole
per ascoltarti
troppo grandi
per cercare di abbracciarti
LA VITA È UN'IPOTESI BELLISSIMA
Non è la sera
che respira d'ombra
una solitudine diversa
ma luce che non tramonta
dentro
negli angoli di un mondo
dove cercarti è sogno
aria
e altro ancora
E sono tanti i nomi
che daremo al buio
se il nostro sole
non si fosse fermato
per essere nel cuore
un altro mattino da ricostruire
La vita è un'ipotesi bellissima
tutto il resto
è amore che ci sfugge
e sorge ancora
dentro
UNA FORZA MAI ARRESA
Qualcuno mi darà da bere
e l'alba mi giudicherà
se il viaggio ricompone
giorno e notte
in questo errare
dentro una certezza
La dolcezza sarà
come il bacio del crepuscolo
diviso
nella moltitudine di questa attesa
per ogni aurora che vedrà
un altro andare
Insieme ai venti sceglierò i semi
di una forza mai arresa
verso l'aria di levante
per dire al sole
che germoglierò
come ad ogni primavera
per dire al tempo
che ritornerò
prima della mia sera
Paolo Parrini, "Prima della voce"
L'opera Prima della voce di Paolo Parrini (Samuele Editore - Collana Callisto, 2021 pp. 70 € 12.00) parla al cuore della vibrazione poetica, modula i segni espressivi dello stupore interiore, trasmette l'essenza iniziale delle parole considerando la materia comune della memoria con l'appropriata elezione d'immagini e tradizioni universali. Il poeta concede al linguaggio una diffusione rituale, iniziatica, attribuisce al miracolo incantevole della poesia la traduzione biografica in riflessioni indispensabili, contratte tra l'intuizione di una sensazione provvisoria e la sensibilità permanente, custodisce la rispondenza sonora della vita nell'oscillazione di una devozione pagana con la natura correlativa degli eventi. Prolunga il senso sottile e delicato della relazione estetica con l'unità dell'esperienza sensibile, osserva il presentimento acuto della visione del mondo e dei suoi struggenti accordi, traccia il rilievo emerso delle emozioni, distingue la cavità difensiva dell'ispirazione come il salvifico territorio delle occasioni e della verità. Il percorso elegiaco incrocia la scheggia indicativa nell'intreccio dei ricordi, l'intensità dello sguardo quotidiano sulla consistenza saggia della realtà. Prima della voce rintraccia la grammatica e la ricostruzione dei significati affettivi, recupera il dialogo spirituale trasferendo nella rappresentazione delle fotografie artistiche, contenute nel libro, la contemplazione della bellezza, riscatta la percezione delle impressioni che il disincanto ha estinto intorno alla nostra esistenza. Paolo Parrini riacquista la possibilità di vivere i legami con la naturale capacità di ascoltare e capire le proprie passioni, accoglie la cura dei sentimenti, concentra il raccoglimento religioso delle attese nei labirinti dei propri desideri, salvaguarda il sincero legame con le proprie promesse, affermando l'estensione di un'esecuzione lirica obiettiva, l'elevazione di un'epifania meravigliata, in comunione con un equilibrio riportato in luce oltre la discordanza oscura del vivere. Risana l'intermittente dimensione del tempo e la direzione di appartenenza ai propri versi, ricompone le incertezze nell'esercizio stilistico di conquista dell'amore e di perizia dell'inquietudine, abita il luogo esteso dell'anima, ospita intenzioni e metafore della quiete. Il ritmo dei testi celebra la visione dinamica della pagina, come spazio e corpo degli elementi letterari, il carattere sacro e sensuale di una conversazione insistentemente scampata alla dimenticanza. La poesia di Paolo Parrini riconduce sulla soglia di un avvenimento, traduce il realizzarsi scrupoloso della successione del rumore e della sospensione, nel calpestio dei passi della vita, definisce una voce segreta e ritrovata, estende la cortina della fragilità nell'infinito riflesso dell'estremità esistenziale, percorre le venature, la condensazione e l'evaporazione dell'assenza. Fonda la sua dottrina nel respiro del miracolo sacro e familiare della tenerezza, nell'impalpabile sensualità, annoda il tessuto evocativo dei luoghi inattesi, escludendo il debito della parola alla deviazione del silenzio: “La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare.” Octavio Paz
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”
Il lento schiudersi
della notte nel mattino
il sonno stemperato
in un caffè forte.
La resurrezione di ogni giorno.
Fuori stanotte è caduta la neve.
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Si scompone la sera.
Ritmico il suono del tergicristallo
intacca il tempo perso
ad aspettare il giorno.
Alla mia sera aggiungi la tua.
Non siamo fatti di certezze.
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Poi nasce un fiore all'improvviso
là dove tacciono le fronde
ha il nome di una voce ormai passata
persa tra le dune e il temporale.
Stanotte ha raffrescato sopra i tetti
sui vetri già colmi dell'inverno
piccole dita intrise di calore
hanno scolpito i segni del tuo tempo.
Domani risvegliati avremo un altro sole.
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Attraversi la strada a capo chino
svanisci dentro il fiato caldo
e il sorriso che hai lasciato.
Nella nebbia s'appoggia
il rumore del mattino.
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Altre stanze gridano.
In questo giardino muto
anche le piante assorbono dolore.
Aspettare la luce della sera
il tacere delle voci.
Un calmo lago le dita.
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Amare una sedia, una mano,
il vuoto dentro un temporale.
Come se fossi nato solo per
questo darmi e avere,
una bilancia, un saliscendi.
Poi una fontana e lo scroscio,
il perdono. Non so
come altro dire amore.
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Farsi raggio o crepa,
sottile, annidarsi nei concavi
spazi, addormentare la memoria.
Quello che non abbiamo
sono i suoni iniziali dei nomi
che un tempo ebbero un volto.
Sia benedetto
questo spazio fatto altrove.
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Il cammino si conclude qui
dove era cominciato.
I giorni sono sentinelle stanche
riconosci gli odori e il silenzio.
Forse solo un poco più fondo
questo muoversi piano delle cose
l'emozione sale a cercare il fiore incolto.
Sei partito per tornare a casa
ora è tempo di raccoglimento.
Alfredo Alessio Conti, "Sulla soglia dell'infinito"
Sulla soglia dell'infinito di Alfredo Alessio Conti (Biblioteca dei Leoni, 2021 pp.96 € 12.00) è una raccolta poetica che contiene la necessità del pensiero umano d'indicare l'essenza dell'infinito, indaga l'inquietudine originaria della vita attraverso le intonazioni elegiache delle parole, trasmesse con il segnale espressivo dell'autonomia sensibile, nell'esplorazione della natura divina e istintiva della compassione. Il sentimento intimo del poeta emerge dalla dimensione spirituale dell'invisibile, dall'ispirazione mistica delle emozioni, trae il suo carattere individuale affermando il suo anelito verso una realtà più autentica, riconosciuta nella comunione solenne con l'assoluto. L'umana esistenza orienta il suo dissidio interiore oltrepassando la materia tangibile del senso della vita, includendo il privilegio del significato speculativo e dell'intuizione, il principio dinamico trascendente del fondamento sovrumano dell'anima. La poesia di Alfredo Alessio Conti custodisce la rivelazione dell'amore, nella sua sfera discorde tra felicità e sofferenza, nelle sue infinite declinazioni esistenziali tra l'armonia e la distensione, la grazia della luminosità e l'inganno dell'oscurità, unisce la sensazione indistinta della contemplazione alla speranza di una redenzione emotiva, sostiene il riscatto ultraterreno, comprende la realizzazione dell'attesa, sospendendo la profetica previsione della nostalgia sfuggente e del desiderio indefinito. Il codice del vissuto quotidiano riflette, nei versi, il tragitto intrapreso dall'uomo, in relazione ai segreti, ai simboli della solitudine, alla metafora dell'intervallo presente, all'incertezza sull'avvento del futuro, procede lungo il cammino dei sogni e il silenzio del destino. Lo stile essenziale, puro, accogliente, permette di apprezzare il contenuto profondo e sconfinato, di sentire il significato immenso della ricerca dell'uomo, di ascoltare l'oscillazione delle riflessioni. L'arricchimento lirico delle immagini propone la densità interpretativa del linguaggio, la relazione con la suggestione dello spazio straordinariamente dilatato della poesia, misura la smarrita astrazione della voragine intimista, guida l'orientamento sacro delle stagioni, consegna il solco delle illusioni al principio devozionale della fiducia. Alfredo Alessio Conti riconosce i limiti dell'esperienza percettiva, prende coscienza delle possibilità di una verità altra, comunica la prospettiva universale del tempo oltre l'apparenza del fenomeno filosofico, trattiene il suo indugio “sulla soglia dell'infinito”, sulla sostanza del conoscibile, sulla volontà inconscia dell'indulgenza, in limine sul confine esistenziale di ogni visione intuitiva dentro il grembo lirico del mondo, avviando l'intenso contrasto tra la lacerazione e la tenerezza, nella tormentata occasione della consapevolezza.
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Svanire
Rivedo
assorto
nel sonno eterno
il riflesso sfocato
della mia Anima
svanire nel nulla.
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Vorrei vivere in un faro
Vorrei vivere
in un faro
illuminare le notti
tempestose e buie
segnalare
il pericolo
che ci attende
all'attracco
della vita.
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Sono alla ricerca di nuove parole
Sono alla ricerca
di nuove parole
di nuovi significati
al vivere il presente
per il futuro c'è tempo
anche se ormai
adesso
l'ho oltrepassato.
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Sono un ramo
Sono un ramo
curvo sull'acqua
che si abbevera
e rinfresca
sognando
di rizzarsi in piedi
per accogliere nidi
di cardellini
e sentire il loro canto
per l'ultima volta.
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Battito di ciglia
La nostra vita
è intrisa
d'infiniti punti di domanda
della cui risposta
ultima
sarà solo
un battito
di ciglia.
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Sulla soglia
Ho camminato
a lungo
in questa vita
a volte frettolosamente
a volte piano piano
a volte come gamberi
sulla riva del mare
a volte pieno d'entusiasmo
a volte solitario
ed ora
sulla soglia dell'infinito
non mi resta
che percorrere
l'ultimo tratto.
Alessio Martini, "Salvare i naufraghi"
Salvare i naufraghi di Alessio Martini (Nulladie Edizioni, 2021 pp. 145 € 15.00) è un libro che svolge la sua azione narrativa nell'epoca storica del 1943. L'approccio narrativo a situazioni ed eventi, datati nel contesto di sequenze realistiche e descrizioni militari, domina il supporto espositivo nel documentare la metafora inquietante della condizione umana. Il tema della salvezza, l'orizzonte vitale e spirituale dell'uomo, basato sulla contraddizione vitale della perdizione e della pericolosa supremazia, sono i profondi contenuti al centro dell'indagine psicologica e relazionale dell'autore. La storia narrata da Alessio Martini incrocia il destino di Ettore Piola, il comandante di un treno armato della Regia Marina e una misteriosa ragazza russa, Svetlana, nella manovra surreale e sospesa della sorte che fa arrestare il treno in una sperduta stazione. Come in una simbolica ritirata nel tempo l'autore rende la tangibilità all'ombra sfuggente e indefinibile dell'atmosfera minacciosa, prolunga la sensazione dell'estraneità, intuendo, nell'artificio della desolata ed eroica vicenda, l'allegoria dei sentimenti contrastanti. L'intreccio descrittivo della trama evidenza la precarietà superstite della missione di salvataggio, trasmette il significato inevitabile della speranza e dell'angoscia, scorge l'avvistamento dell'ignoto, accompagna il cammino morale delle motivazioni ideologiche alla deriva di una destinazione rassegnata. Il tentativo di assicurare un'offensiva cattura i protagonisti del libro nell'attesa strategica di un ardimentoso realismo, nella percezione inesorabile e immobile di un'oppressione, nel presentimento di un'autorità sconosciuta, nello smarrimento inaspettato. Alessio Martini ricostruisce circostanze legate all'indagine storicizzata del passato, interpreta l'identità della mistificazione, concede l'irresistibile attrazione verso la fatalità che ha compromesso la natura di tutti i personaggi. Lo scenario paludoso affronta la materia romanzesca con uno stile lucido ed esasperato, l'orientamento dell'autorità e la sua conseguente irruenza, trascina nella suggestione espressiva ogni simbologia dell'affondamento nell'abisso esistenziale. Il libro rielabora attraverso il carattere vivo e coinvolgente della scrittura il territorio emotivo delle disfatte e l'ambiguità distruttiva del potere. “Salvare i naufraghi” è una preghiera rivendicata con la risolutezza fiduciosa delle relazioni, un rifugio dell'illusione delle emozioni, un'intensità descrittiva distorta dalla voragine insidiosa degli incidenti, un disorientamento della razionalità e dell'imperturbabile risolutezza dei principi militari. Il contesto del racconto, ancorato alla sospensione delle vicissitudini spiega la distensione dell'attesa, l'inquietudine per il presagio delle circostanze, che rivelate solo alla fine del romanzo, demoliscono la generosità morale in conflitto tra sincerità e falsità, ma vigilano il rifugio dal naufragio dell'anima.
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Cipriano Gentilino, "Parabole"
Parabole di Cipriano Gentilino (Nulladie Edizioni, 2021) è un libro intenso, consegnato al lettore in nome della sincera e sensibile relazione con l'osservazione esistenziale della vita, esposto alla sostanza interiore e riflessiva della poesia, congiunto al significato dell'esperienza emotiva, concepito nel doloroso senso di esclusione affettiva, nel malessere dell'uomo, nello svolgimento logorato e inadeguato degli episodi dell'inquietudine, nell'elemento individuale del tormento e delle difficoltà quotidiane. I versi compongono un contenuto evocativo, complicato e tortuoso, distendono profondità simboliche e dimensioni espressive, trasformando la condizione delicata e fragile del mondo descritto, dichiaratamente estromesso e abbandonato, in inesauribile resistenza sensibile e opponendo alla desolazione della solitudine il conforto spirituale della poesia. Parabole vuole illuminare la nuda verità della realtà emarginata ed esporre attraverso l'elaborazione elegiaca di una dottrina etica e devota alla religiosità nell'anima, il valore riabilitativo delle parole, avvicinando la tenacia persuasiva delle immagini al dono dell'ispirazione umana, alla profezia pagana del messaggio emblematico nell'attenzione premurosa e responsabile dello strumento versatile della consistenza, schietta e assoluta, dell'inchiostro. La poesia rivela il suono incomunicabile del silenzio, spiega il conflitto con il percorso psicoanalitico delle similitudini, interpreta l'oscurità del cuore, commenta la supplica universale con la lusinga della speranza, contrastando la prigione della disperazione. Cipriano Gentilino è testimone dei disturbi eccentrici del tempo e riesce a cogliere l'aspettativa della quiete, a sostenere le dinamiche erranti delle sofferenze, a dipingere l'incantesimo lacerato dei sentimenti, avvolto nel respiro di un sorriso. Affida al riflesso dei versi la desolazione, l'amore e la follia di ogni vissuto, spezza le ferite di ogni istintiva e inconscia illusione, solleva l'ombra celata della coscienza, eleva l'esistenza all'incoraggiamento del ritorno, eludendo l'isolamento della segregazione, il profilo discriminatorio degli orizzonti lirici tra il bene e il male. Il poeta associa uno stile struggente e malinconico con la trasparenza delle destinazioni della natura, consacra l'irrequietezza nella lucidità dell'espressione, giunge alla soglia libera e disincantata dell'ebbrezza inebriante di ogni perdizione, attraversa la cifra estetica dell'intima inclinazione umana, donandole l'essenza della cura. Cipriano Gentilino conosce il casto e devoto pudore del limite, oltrepassa il carattere speculativo dell'abisso, esplora la luminosità e lo spettro segreto della mente, accoglie il mistero incisivo e contemplativo della tristezza, alimenta l'incanto delle sensazioni indefinibili e la percezione innocente dell'attesa, nel margine sfuggente e irrazionale dei desideri, confessando l'entità faticosa e consapevole del rimpianto, la vaghezza impulsiva e drammatica nel simulacro della presenza vitale, nell'affinità suggestiva delle parole.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Marea
Maschere sottopelle,
riflesse allo specchio
rammentato col resto
di fiabe,
sottobanco bisbigliano
ticchettii di ore attese
per un amore
a cielo calante.
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Sortilegio
Dal sortilegio
dell'esserci mancati
negli interstizi pietosi
ci riaccoglie perturbato
il nostro respiro
mentre il ciliegio
si è imbiancato
nel silenzio di neve,
e la luna endemica
aspetta il solito turno.
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Riflesso
Questa sera sei luna
seduta a gambe strette
poesia,
illusione poliedrica
sulle labbra storte,
testardo silenzio
sul riflesso artrosico
della mia pelle.
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Affannata la nebbia
Affannata la nebbia
si posa sugli scricchiolii
delle foglie lasciatesi
cadere
a segnare una fine,
pudica s'adagia
sul silenzio
delle palpebre
a nasconderci la nostra.
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A vento quieto
A vento quieto
ci rivedremo,
i vivi e i morti,
labirinti
di arianne a
cercare un filo.
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Oltre il canneto
Oltre il canneto
la vigna tagliava
il mare in righe
dalla riva al cielo
non ricordo nuvole
né maestrale
solo la tua voce
che accarezza
antica
me che sogno.
Antonio Corona, "Controfobie"
Controfobie di Antonio Corona (Quaderni di poesia Eretica Edizioni, 2021) è una raccolta poetica intensa e manifesta con incisiva e profonda emotività la consapevolezza degli affetti e della compassione, mutando la trascrizione e la distorsione della fobia nella comprensiva e generosa espressione dell'empatia. L'autore interpreta, nell'esperienza della pura solidarietà, l'attitudine della ragione umana d'intuire la capacità emblematica della realtà, relaziona l'approccio altruistico nella coerente osservazione del rispetto e dell'indulgenza nei riguardi di una universale disponibilità all'apertura mentale, affrontando il conflitto persistente dell'irrazionale limitazione della negazione e delle contrarietà. La materia dei versi convince la spiegazione a ogni spontanea condivisione, accoglie l'impulso motivazionale dell'universo interiore, riconosce il disorientamento degli squilibri e condanna l'inafferrabile oscurità dell'ignoranza. Antonio Corona mantiene la disinvoltura dell'indipendenza sentimentale in relazione ai principi ispiratori della libertà, percorre il sentiero compromesso dalla ferita del disagio, dal tormento dell'irresolutezza, dall'apprensione per un'intolleranza che addensa le incrinature dell'anima. Il poeta congiunge la sintonia con il lettore con l'esecuzione di un proposito di colloquio intimo, consolida il tragitto istintivo tra fiducia e affidabilità, esplora le incertezze delle frontiere intellettive, permette di distinguere la discrezione con la quale guarda al mondo attraverso il proprio vissuto e accoglie la potenzialità della diversità, accennata, e non giudicata, da un'angolatura percettiva. Le distinte prospettive delle parole seguono l'originale itinerario delle sezioni poetiche, suggerite con i colori rivelativi, Nero Fardello, Indaco Bastardo, Rosa Fragilità, Rosso Passione e Verde Speranza, per definire ogni rappresentativo stato d'animo, il segno compiuto di ogni carico morale, l'insolenza dell'offesa, la tenerezza dello smarrimento, il desiderio resistente dell'amore, la dichiarazione profonda di ogni aspettativa. Leggere Controfobie accomuna la fermezza coraggiosa e dolorosa all'intonazione della complessità, consente di condannare i provocatori contrasti delle convenzioni e dei pregiudizi sociali e di escludere dall'impostazione esistenziale il conflitto dell'incomunicabilità. Antonio Corona rivendica le occasioni perdute e le promesse ritrovate, indugia sulla consistenza del proprio sentire, scindendo la scelta di mostrare la propria identità dal timore di non essere riconosciuta, rivela un'umanità conquistata con maturità poetica, senza biasimo, predilige la capacità d'identificare il dono di agire secondo i propri sogni, divulgando la voce più autentica nell'urgenza necessaria della scrittura poetica.
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Subire
Un vuoto a pressione
che esplode nel petto,
un gesto tagliente
che affonda nel ventre,
una frase sbagliata
che uccide da dentro.
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Amare nell'ombra
Un bacio mai dato
è un'emozione mancata
ma un bacio nascosto
è come un cuore spezzato.
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Pioggia d'estate
La senti cadere ferita smarrita
come lacrime gioiose irrompe
in cerca della terra secca zollata
che accoglie i segni dei palmi
di chi carponi cammina trafitta
in cerca di quel sole che corrompe
chi d'amore mancato perisce.
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Sulla fune
Su una fune
sospesa nel vuoto
la vita danza sulle punte
di un amor congiunto
fra anima e corpo
tra sensi e tatto
di chi ascolta e poi agisce
senza cogliere nel segno.
Mi fermo
nel fulcro della ragione
sapendo che seguirla
mi porterà altrove.
Mi muovo
in equilibrio sul cuore,
se cado volo
se arrivo cammino.
Amare è l'unica certezza.
Parole di convivenza
Parole cucite all'orizzonte
perse tra due mondi
uniti sulla linea del niente
congiunte solo in un miraggio
ma in realtà sempre distanti.
Parole vuote nell'aria
affogate nel mare
in due mondi bruciati
dal silenzio del confronto.
Vorrei parole unite da una lampo
riportate all'orizzonte
riflesse sul mare
proiettate lunghe sulla terra
paciere di tolleranze
ed amorevole convivenza.
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A piedi uniti
In quel punto esatto
dove a piedi uniti
premo sulla sabbia bagnata
leggermente sprofondano
pensieri, azioni ed intenti.
Guardo quell'ombra formarsi intorno
e permango in attesa
di un'onda, dell'onda
della forza che m'inonda.
Affonda e ritorna
la spuma circonda
come nebbia spettrale
l'assenza e l'essenza
la gioia e il tormento.
Mi getto mi bagno respiro
vivo. Acqua sabbia sale
un pane bagnato
indissoluto
sotto i miei piedi.
Coraggioso attendo,
il vento.
Mauro De Candia, "Sundara"
Il libro Sundara di Mauro De Candia (Ensemble, 2021 pp. 80 € 12.00) è un'originale, incisiva, contemplativa visione del mondo, concepita nella manifestazione profonda di liberazione dalle convenzioni culturali e sociali, una osservazione poetica oscillante tra l'intento satirico di una mitologia contemporanea e l'inconsolabile perplessità nei confronti delle sovrapposizioni esistenziali. Il poeta risana l'equilibrio e la suggestione concedendo al titolo della raccolta l'inno evocativo dell'incanto e della grazia, all'entusiasmo vitale delle poesie il sarcasmo e la fiducia emozionale nei confronti del genere umano, conducendo ogni impressione in un universo metafisico, ammaliato da influenze espressive surreali e oniriche. La libera ed ermetica combinazione stilistica dei versi interpreta il carattere autentico e moderno della riflessione, l'imprevedibilità dell'anima e la sfrenata fantasmagoria dell'immaginazione, delinea il codice significativo con l'enigmatica impenetrabilità delle parole, con l'oscurità schematica della dimensione interiore. Mauro De Candia accoglie le indicazioni di una discontinuità ritmica e attraverso una definizione articolata della logica nella ricerca specialistica di temi filosofici risolve la risorsa speculativa nelle dinamiche rappresentative dell'uomo disponendo l'esigenza di spiegare la propria centralità contenutistica in un percorso identitario. Una poesia sensoriale che concede a ogni intonazione ipnotica del verso la metamorfosi del discorso, la possibilità terrena dell'orientamento ispiratore. L'elemento poetico dello stupore è il filo conduttore di ogni intuitiva illuminazione e favorisce una nuova prospettiva della scrittura. L'orientamento rapido, autentico, insolito ed eccentrico dei testi dirige la perspicacia di un sillogismo necessario per affermare la verità identificativa e l'immedesimazione della realtà attraverso la meditazione con l'emblema dell'irrealtà. Sundara è un vocabolo proveniente dalla lingua sanscrita e il libro di Mauro De Candia associa al significato animato dell'essenza comunicativa l'intonazione del segnale spirituale e mentale dell'archetipo salvifico della bellezza, congiunge all'accordo poetico il prodigio e la meraviglia taumaturgica, diffonde nel verso autonomo e svincolato l'obiettivo di una eloquenza innovativa, aggiornando il carattere filologico della terminologia e il processo neologico della nuova esigenza letteraria, approfondita nella moderna apertura e nella competenza dell'effetto stilistico. L'estrazione leggendaria della rappresentazione dell'intensità del bene e dell'ostilità del male trascende l'affermazione sublime della poesia. La poesia concentra l'ammirata osservazione su se stessa, unisce la sostanza al profilo lirico, rigenera l'entità della ricostruzione nell'estensione figurativa del potenziamento semantico, manifesta la combinazione creativa dell'iperbole rafforzando il senso vivo e intelligente del pensiero, nella ricerca rigorosa e compiuta del fondamento esistenziale, nella maturità elegiaca dell'identità.
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CANTOFABULA (PARTE PRIMA)
Un giorno si rinchiuse, in Transilvania,
il Sole che annegava nel bromuro
narrato in un Jules Verne, in un Urania.
S'innamorò del buio, un corpo oscuro,
cantando storie, ergendosi più in alto,
sferzando i raggi intrepidi sul muro,
e illuminò così tutto il basalto,
e illuminò così l'intera valle,
e un'ombra pose un daimon in risalto,
e un canto pose il buio alla sue spalle:
spalle di favola, dorso di terra,
ali di indifferenza han le farfalle.
L'indifferenza genera la guerra,
ma io son differente, puoi scoprire
ciò che racconto, l'odio dissotterra
e lo tagliuzza, e poi lo fa morire.
Sei son le corde, cinque le vocali,
quattro sono le dita da accudire.
Tre sono i versi in bocca agli animali,
due son le mani: aspetta di capire.
CANTOFABULA (PARTE SECONDA)
Un mendicante ursaro era disteso,
toccato fu dal Sole che arpeggiava:
un dito gli mancava, era indifeso
quel giorno in cui una banda lo predava,
quando si avvicinò uno scannapane
e con la lama in mano lo sfregiava.
E accanto al mendicante era il suo cane.
Triunică (era il suo nome), che abbaiò
e in quel “tre” aleggiava un senso immane:
tre voci, tre volteggi in un rondò
compiva la sua lingua; rabbia, pianto
e infine anche la gioia lo guidò.
Il suo padrone diede vita a un canto,
una ghironda prese tra le mani
e con le corde il cielo mosse al vanto:
“Io canto quelle storie degli umani
che mai nessuno ha visto né sentito,
storie che ricordiamo noi zigani,
nei secoli il silenzio hanno subito:
io non potrei lasciarle mai morire”.
Il Sole lo ascoltava incuriosito
e vide tra le nubi comparire
le vite già vissute, e immortali
le colse tra i suoi raggi, vide uscire
da quella gola donne con le ali,
uomini colorati e poi cavalli,
e in sé raccolse tutti gli animali
mentre trascorse un secolo, e poi due,
ma il mendicante e il cane sono lì,
non sono mai invecchiati,
e neanche morti:
contaminando
non si muore
mai.
UN MERCATO
Al mercato di Z.
Una signora in carrozzina.
Un cane sul grembo della signora in carrozzina.
Un collare sul collo del cane sul grembo della signora in
carrozzina.
Un collare sulla vita della signora in carrozzina.
Accanto strepita di pece
una giovane coppia-chimera.
Un solo collare è sui colli stretti della coppia:
rimbalzano come anguille le adirate spine dorsali
imprigionate tra i banconi e i marciapiedi,
come la loro vita,
che è più in carrozzina di quella della signora.
Sorride la signora,
la sua mano alata è libera
e accarezza il cane.
Simone Corvasce, "Algoritmi di scacchi e passi d'angeli"
Algoritmi di scacchi e passi d'angeli di Simone Corvasce (Nulladie Edizioni, 2021) è un libro interessante e un efficace strumento intellettivo, prodotto con sincera padronanza nell'inquadratura progressiva del tempo, delimitato dallo spazio emozionale del poeta. L'autore mette in risalto, attraverso uno stile solido e profondo, il principio sconfinato di simboli e immagini incarnati nelle sue poesie, riveste la transitorietà del genere umano di resistenza benevola, realizza il disegno elegiaco dell'ispirazione, disponendo l'accordo delle reazioni dell'inconscio esistenziale nello spirito della misura primitiva e dimostrativa della riflessione interiore. I testi insegnano il proposito sapiente della comunicazione con il fondamento dinamico dei quesiti filosofici e delle meditazioni religiose, manifestano la rivelazione spontanea dell'intelletto, esprimono nella direzione immaginativa del pensiero la vocazione creativa, l'avvicendamento analogico ed emblematico delle parole accostate alla forma di un divenire spirituale, rintracciando nell'osservazione delle esperienze l'adesione alle nascoste significazioni delle atmosfere archetipali. Simone Corvasce presenta una poesia lirica, classicista, procede lungo i sentieri tortuosi dell'uomo per identificare il segno della soggettività interpretativa, la sostanza primaria dei contenuti colti, l'intuizione dell'appiglio poetico come assoluta e visibile realtà esegetica. Coglie i frammenti di una esistenza frantumata dal disorientamento delle incertezze e dalla mancanza di una linearità permanente, riceve l'influenza della vulnerabilità e della consapevolezza delle reminiscenze biografiche, la consistenza quotidiana della solitudine, le risposte all'abbandono desolato, la paura suscettibile, il senso angoscioso del nulla. Algoritmi di scacchi e passi d'angeli ha il nobile carattere dell'essenzialità dialettica, restituisce alla compassione degli incontri la metafora delle sensazioni immediate, il corrispettivo ontologico della condizione drammatica dell'uomo, la rivelazione dolorosa della vita, il riflesso degli instabili volti dell'anima. Il poeta è messaggero del valore culturale, sostiene la funzione speculativa nella difesa della misericordia umana, replicando alla precarietà dei comportamenti l'intensa forza morale. La ricercata dilatazione dei fantasmi introspettivi attenua l'estensione della sottile malinconia, corregge l'equilibrio del tempo presente, compensa la condensazione della passione rinnovata oltre l'oblio dell'impulso affettivo. La sensazione inconfondibilmente tragica e tradizionale del destino concretizza, nell'orientamento sincero dei versi l'inquietudine moderna, nelle oscurità enigmatiche delle condanne la rassegnata lucidità, coniugando andamenti tormentati di contemporanea sofferenza. L'entità della realtà poetica trae ispirazione dall'esortazione della coscienza e dalle questioni funzionali della saggezza, dal significato sensibile e romantico della congiunzione inscindibile con la natura e l'armonia della conoscenza umana. Simone Corvasce dipinge una spiegazione della finitezza, delineando l'esposizione delle possibilità, la dottrina e la ragione della sensibilità, attraverso il rammarico e la continua analisi della consapevolezza, per oltrepassare la peregrinazione affannosa e disperata dei sentimenti.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”
Dialettica Trascendentale
Per sfuggire ai diluvi la colomba
s'è inoltrata più in alto d'ogni cielo.
Ho temuto per lei, ma ecco che torna:
non reca il ramoscello
d'un'altra metafisica.
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Non è la vita a concedere meno
di quello che promette. Anzi concede
molto più del dovuto. Per tortura.
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Un orologio rotto segna l'ora
giusta due volte al giorno.
Gli altri, al contrario, sbagliano
di secondi, o minuti, ogni momento.
Siamo sicuri di cosa vogliamo?
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Un pensiero scambiato a mezzanotte.
Un attimo che vale l'universo.
La tenerezza d'esser soli in due.
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Letteratura
Il treno, all'alba, ripete stazioni
di ieri: all'infinito, necessarie.
Ero me stesso. Adesso?
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Ed essa inquieta chiede la tempesta,
come nelle tempeste fosse pace!
M. Lermontov, La vela, trad. T. Landolfi, Adelphi
La tempesta è passata. Quale cuore
paventa un mare placido?, e la brezza
che accarezza i capelli non sarà
dolce da sciogliere un pianto sincero?
Ecco che a me è preclusa questa gioia
vana, il riso d'un uomo sollevato:
dammi tempesta, e un senso, anche se duole!
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Un turbine, un delirio,
fuoco che gonfia il petto
e che vorrebbe esplodere...
Perciò è giusto destino
vivere a patto d'essere schiacciati,
oppressi da chilometri di cielo,
forse troppo lontano.
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Congedo
Mi domando da tempo
se questa mia inquietudine,
se questa mia poesia
gioverà mai a qualcuno.
Bramo una verità
che non ho. E quel che posso
cantare è solo il dubbio.
Io non sono la luce.
Neanche posso indicarla.
Posso solo gridare nel deserto:
“Preparate la via
a colui che verrà
additando le stelle”.