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liliana comande

Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.

10 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.

LE ISOLE RISENTONO DELLE DIFFERENTI DOMINAZIONI E GLI STILI DIVERSI SONO PIUTTOSTO EVIDENTI.

Gli appassionati di vela vanno pazzi per questa “catena” formata da 32 fra isole e isolette, situata fra St. Lucia e Grenada, sia per le splendide spiagge, le acque cristalline e le ricche barriere coralline. Si tratta, infatti, di isole non ancora prese d’assalto dal turismo di massa, ma assolutamente in grado di offrire tutto il lusso e il fascino dei Caraibi.

St. Vincent, l’isola più grande, possiede un entroterra ancora inesplorato, ricco di una vegetazione floridissima, con fiumi e cascate. Le spiagge, quasi tutte di origine vulcanica, offrono un piacevolissimo contrasto con le montagne che le sovrastano.

Insomma, si tratta di un vero e proprio paradiso tutto da scoprire!
Fu, naturalmente – come potremmo sbagliare – il solito Cristoforo Colombo a scoprire St. Vincent, dichiarandola di dominio spagnolo, ma, al contrario delle altre isole dei Caraibi, ci vollero ben due secoli prima che la colonizzazione europea riuscisse ad avere il sopravvento. Un lunghissimo periodo, durante il quale gli indiani Caribi opposero una resistenza durissima, che comunque non riuscì a fermare le molteplici e sanguinose battaglie fra i colonizzatori per il predominio dell’isola.

Gli inglesi ebbero la meglio, nonostante l’eroico, quanto vano, tentativo di alleanza fra i francesi e i Caribi per riprendersi il territorio. Nel 1969, infatti, St. Vincent divenne uno Stato britannico Associato, condizione in cui rimase fino al 1979, anno in cui l’isola proclamò la sua piena indipendenza dalla Gran Bretagna.

La lingua ufficiale è l’inglese, ma alcune fra le isolette minori hanno risentito molto delle influenze culturali francesi; la differenza di stile, quindi, è abbastanza evidente.
Un altro e non meno grave motivo di sofferenza per St. Vincent, furono le frequenti eruzioni del vulcano “Soufriere” che, fortunatamente, dorme un sonno profondo da ormai moltissimo tempo, ma che costituisce una delle maggiori attrazioni dell’isola. E’ possibile, infatti, arrampicarsi fino al cratere, ma attenzione, è consigliabile affidarsi ad una guida più che esperta.

Le Grenadine, le cui isole principali sono Bequia, Musique, Canouan, Mayreau, Union, Palm e Petit St. Vincent, costituiscono dei porti sicuri e, da molti anni, famose mete per gli yacht, pur essendo un tantino povere dal punto di visto economico.

Infatti, le poche popolazioni permanenti sulle 8 isole vivono di lavori stagionali, o costruendo imbarcazioni.

Kingstown, la capitale di St. Vincent, è sicuramente da visitare, non fosse altro per osservare la frenetica attività sul lungomare, fra golette e transatlantici o il mercato del sabato mattina fra agricoltori e pescatori.

Da non tralasciare è anche la “Marriaqua Valley”, detta anche la Valle di Mesopotamia, lungo la quale si oltrepassano foreste, ruscelli e fattorie per arrivare ai “Giardini Montreal” famosi per le sorgenti naturali di acqua minerale.

Per quanto riguarda lo sport, lo splendido mare che circonda le isole merita sicuramente almeno un’immersione subacquea, magari dopo aver fatto una partita a tennis o a golf.

Gli alberghi delle varie isole sono accessibili per tutte le tasche, ma gli amanti del lusso allo stato puro avranno di che deliziarsi. E’ qui, infatti, la più alta concentrazione di alberghi superlusso dei Caraibi. Indipendentemente dalle tariffe, comunque, è in quasi tutti gli alberghi che si svolge la vita notturna, fra discoteche, piano bar e musica dal vivo.

Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.
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Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto

7 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto

CHIAMATE UN TEMPO SAMOA OCCIDENTALI, GLI ABITANTI SI VANTANO DI ESSERE GLI UNICI E VERI POLINESIANI.

Le Sporadi Equatoriali sono dette anche Isole della Linea perché situate sull’Equatore ed è proprio qui che cambia la data.
Sono undici isole che appartengono alla Repubblica di Kiribati, ad eccezione di due atolli: Palmyra e Jarvis, e ci sono oltre novemila abitanti, per lo più concentrati sull’atollo Kiritimati, il più grande del mondo.
Si tratta di un angolo sperduto del mondo, collegato solo con l’aeroporto di Honolulu. Solo quattro villaggi, per sentirsi veramente nell’antica Polinesia, lontano dal frastuono del mondo occidentale e anche fuori dai circuiti del turismo di massa.

Upolu e Sava’i sono le due isole maggiori che costituiscono quelle che un tempo erano chiamate Samoa Occidentali, per il resto, un insieme di isolotti e atolli non abitati.

Gli abitanti di Samoa si considerano gli unici veri polinesiani, perché ritengono di essere la vera popolazione autoctona di quelle terre. Il loro mito della creazione è molto simile a quello biblico.
Missionari, pirati, balenieri, sbarcarono spesso qui, rendendo queste isole molto frequentate già intorno alla fine del XVIII secolo. La cessione di questa parte delle Samoa alla Germania, e il coinvolgimento nelle due guerre mondiali, non hanno intaccato lo spirito cordiale e ottimista di queste popolazioni.

Le isole non sembrano aver subito molto l’influenza occidentale e tutto sembra legato al passato. L’unica vera città dello Stato è la capitale Apia che, nonostante qualche traccia di modernità, mostra tutto il suo fascino con i suoi mercati, dove si può trovare di tutto, dall’artigianato ai vestiti, ai gioielli in noce di cocco.

Nella capitale è facile trovare numerose chiese cattoliche e anglicane sparse ovunque.

Le spiagge più belle – sì, perché nonostante tutto il fascino di queste isole è sempre il mare cristallino e le candide spiagge – si trovano nella parte meridionale dell’isola di Upolu, dove si deve richiedere il permesso prima di effettuare immersioni e dare, forse, un piccolo “dazio”.

Il turismo è una delle principali fonti di sostentamento nel paese in cui molti problemi hanno

provocato la deforestazione e i cambiamenti nel mondo agricolo.
Prendendo un taxi o un autobus da Apia, si giunge a Vailima, nella casa trasformata in Museo, dove visse Louis Robert Stevenson, recatosi in quel luogo – allora sperduto – per curare i suoi polmoni malati.

Alla sua morte gli abitanti del luogo lavorarono per 24 ore consecutive per tracciare un sentiero fino alla collina per collocare lì la tomba del loro “tusitala”, narratore di favole.
Lì, da dove si sovrasta l’isola, la barriera corallina e tutto l’orizzonte infinito, venne sepolto con le parole della sua elegia “Requiem”: Rientrato il marinaio, rientrato dal mare/ e rientrato dal monte il cacciatore.
Non solo Stevenson, ma naturalmente altri scrittori e artisti scelsero di vivere in queste splendide isole. Fra i tanti, Herman Melville, l’autore del famoso “Moby Dick” .

Fra i nostri connazionali, Hugo Pratt, fece nascere proprio qui il suo Corto Maltese. Mete ideali – i Mari del Sud – per ambientare le loro storie.

Qualcuno di loro scelse di viverci e anche di morirci.
In questi luoghi, che la storia europea ha consacrato all’avventura, risuona lento il passo di chi ritorna dal mare, lascia la vita e consegna per sempre il suo sonno alla terra…

Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto
Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto
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Reportage Hawaii. Isole non solo per i surfisti.

1 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Hawaii. Isole non solo per i surfisti.

L’arcipelago è composto da 8 isole principali, più altre isole minori e atolli che raggiungono il considerevole numero di 150.

Le Hawaii non avrebbero bisogno di presentazione, ma dopo aver parlato della Polinesia non può essere ignorato quest’arcipelago polinesiano (sì, proprio polinesiano) che dal 1959 costituisce il cinquantesimo degli Stati Uniti d’America.
Un insieme di 150 isole e atolli equidistanti dalla California e da Tahiti. Ben 4.000 chilometri dividono, infatti, questo arcipelago e ne fanno le terre emerse più isolate del mondo.
Non solo, le Hawaii rappresentano il vero punto d’incontro tra Est ed Ovest e ospitano una cultura veramente varia per la presenza di diverse etnie. Cinesi, giapponesi, malesi, vietnamiti ed altri si sono mescolati alle popolazioni originarie e agli europei arrivati con James Cook nel 1778.


L’isola principale, OAHU, è detta “l’isola degli incontri”. Tutti i luoghi più famosi ed evocativi delle Hawaii si trovano qui: dalla capitale Honolulu a Waikiki, da Pearl Harbour a Sunset Beach. I primi due centri formano un tessuto urbano continuo, simile a quello delle grandi città americane.

Ma la natura incontaminata è poco lontano, anche se qui le spiagge sono quelle che vedono folle di turisti e i surfisti più famosi impegnati nelle numerose competizioni.
La cultura hawaiana rivive nelle scuole di Hula, la danza tipica, e nella lingua che si parla, però, solo nei momenti della tradizione e nella toponomastica.

La seconda isola dell’arcipelago è MAUI, racchiusa in una valle tra due vulcani spenti, anch’essa affollatissima e piena di vita. Per chi desidera un po’ di pace, basta recarsi nella costa orientale o in montagna, dove è minore la presenza turistica.
Qui svetta il più grande vulcano inattivo del mondo, Haleakada, dalla cui sommità, proprio vicino la bocca del cratere e dopo una lunga salita attraverso scenari quasi lunari, è possibile ammirare lo spettacolo meraviglioso dell’alba.

Ma la natura più rigogliosa, e alla portata di tutti, è nell’isola di KAUAI, dove si trova il monte Waialeale, considerato il luogo più umido della terra. Ma è considerata anche l’isola giardino, per i suoi paesaggi così belli ed unici.
Non a caso, è stata scelta per girare numerosi film come “i predatori dell’arca perduta” e “Jurassic Park” (quest’ultimo girato anche in Venezuela, a Canaima).


L’isola che dà il nome a tutto l’arcipelago, Hawaii, misura il doppio di tutte le altre isole messe insieme. Ha un patrimonio naturalistico unico, con deserti, foreste pluviali, vulcani ancora attivi (ce ne sono cinque nella sola isola) e vette imbiancate di neve.


L’Hawaii Volcanoes National Park comprende due vulcani attivi, una caldera ancora fumante, coni di cenere, colonne di pomice e fiumi di lava. Ma tutta l’isola, per il suo ambiente così naturale e particolare, con boschi e foreste, è il luogo ideale per escursioni.


Se c’è qualcuno che preferisce trascorrere le proprie vacanze “fuori dal mondo” e lontano da ogni tipo di stress, l’isola di Moloka’i è l’ideale. E’ molto piccola, e si è difesa strenuamente dall’invasione dei turisti pur avendo perso, in questo modo, molti posti di lavoro.


Ma solo qui, dove vivono pochi abitanti rispetto al testo dell’arcipelago, si possono rivivere le emozioni di un luogo dove il tempo sembra si sia fermato e dove i suoi abitanti sono ancora molto legati alle loro antiche tradizioni

Nessuna discoteca, nessun grande albergo è presente a Moloka’i. Qui si possono effettuare escursioni, passeggiate in riva al mare, mangiare tanto pesce e… ritrovare sé stessi.

Reportage Hawaii. Isole non solo per i surfisti.
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Reportage. Le Antille francesi: Saint Barthelemy

21 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage. Le Antille francesi: Saint Barthelemy

L’isola che porta il nome del fratello di Cristoforo Colombo…

Il fratello di Cristoforo Colombo si chiamava Bartolomeo. Ed è in suo onore che il nostro navigatore chiamò Saint Barthelemy, un’isola piccola piccola di soli 20 chilometri quadrati, le cui montagne sono ricoperte da una vegetazione foltissima e le cui numerosissime spiagge sono formate da una incredibile sabbia di origine corallina.
I primi colonizzatori fecero capolino nell’isola nel 1648 e Saint Barthelemy, meglio conosciuta con il diminutivo di Saint Barts, a parte un brevissimo periodo di dominazione britannica nel 1758, rimase costantemente francese fino al 1784, anno in cui l’isola fu venduta alla Svezia in cambio di un magazzino a Goteborg!
Gli svedesi, dopo aver chiamato la capitale Gustavia, in onore del loro re, la dichiararono porto franco e diedero l’avvio ad un fiorente – e molto spesso clandestino – commercio.

Alla fine delle guerre in Europa, l’isola ritornò sotto il dominio francese, ma il suo stato di porto franco rimase. Si potrebbe dire che Saint Barts ha due facce: una che rispecchia la tranquillità dei suoi abitanti, le cui donne anziane camminano a piedi scalzi e intrecciano paglia per cestini o e cappelli sotto il sole, e un’altra, che è l’immagine della ricchezza e del lusso (è qui che la famiglia Rockfeller possiede una villa con tanto di rifugio antiatomico), una specie di Saint Tropez caraibica, per intenderci.

Del resto, il porto di Gustavia è talmente piccolo che soltanto gli yacht possono attraccarvi. Visitare la capitale è quasi d’obbligo; nonostante le sue dimensioni ricordino una casa di bambole, la città è nota come centro di grandi attività.

Percorrendo, invece, la Route de Grand Fond, si possono ammirare splendide spiagge su cui fermarsi, magari per prendere un po’ di sole o fare immersioni subacquee, per poi proseguire verso Grand Fond, la zona rurale formata da fattorie, tutte rigorosamente in legno, e da casette con il tetto in tegole. E’ proprio tutto un altro mondo.

Più breve, ma ugualmente interessante, è il percorso chiamato Route Corossol da attraversare fino al villaggio della paglia, dove risiedono gli anziani dell’isola, discendenti dei primi colonizzatori francesi ed esperti nel comporre graziosissimi oggetti in paglia.

La vita notturna a Saint Barts è fatta di ristoranti, caffè, club, pianobar e locali – molti dei quali ricavati all’interno di caratteristiche abitazioni – in cui “gustare”, come dopocena, dell’ottimo jazz, rigorosamente live, magari prima di andare a fare quattro salti in una delle più note discoteche, frequentate da scatenati nottambuli di ogni età.

Reportage. Le Antille francesi: Saint Barthelemy
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Reportage. I Caraibi semisconosciuti: Grenada

19 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage. I Caraibi semisconosciuti: Grenada

Una piccola isola di origine vulcanica ma ricca anche di bianche spiagge

Lunga soltanto 33 chilometri, Grenada era anticamente chiamata l’isola delle spezie per l’incredibile quantità di piante che venivano coltivate: zenzero, alloro, cannella, vaniglia, cinnamomo, zafferano, pepe nero e noce moscata. Ed era proprio una noce moscata il simbolo che sventolava sulla bandiera di Grenada, mentre dal 1974 è cambiato perché ci sono sette stelle che rappresentano le sette parrocchie della nazione, con quella centrale inserita in un cerchio rosso che si riferisce alla diocesi di St. George’s, la capitale, ma nella parte sinistra della bandiera è stata inserita una noce moscata stilizzata.
La tradizione vuole che le noci vengano “vendemmiate” come l’uva, cioè tramite un vero e proprio pestaggio con i piedi; alle donne spetta il compito di raccoglierle, agli uomini quello di pestarle.
A questo punto, è facilmente immaginabile il profumo che regna costantemente nell’aria di Grenada. Ma le curiosità non finiscono qui. Grenada, scenario di sanguinose guerre anglo-francesi del XVIII° secolo, è anche l’isola più “ribattezzata”di tutti i Caraibi.

Cristoforo Colombo che la scoprì – anche se non è certo che vi sia sbarcato personalmente, altrimenti avrebbe fatto incetta di quelle spezie che, allora, venivano importate esclusivamente dall’Oriente – la battezzò “Conception”, nome che fu ben presto sostituito in “Granada” dai marinai spagnoli che, ammirando le colline sparse lungo la costa, ripensarono alla loro terra di origine.

Poi fu la volta dei francesi che, in omaggio alla loro città, la ribattezzarono “Grenade”. Infine, gli inglesi le hanno dato l’attuale nome Grenada (ma con pronuncia britannica “Greneida”).

L’isola è di origine vulcanica ma, nonostante la presenza di una certa quantità di spiagge in sabbia nera, il paesaggio è davvero da sogno: spiagge bianchissime, laghi, fiumi, cascate, giardini tropicali curati nei minimi particolari e, dulcis in fundo, la piscina naturale ai piedi delle “Annandale Falls”, in cui fare il bagno sommersi dai rododendri.

Ovviamente, come in ogni isola dei Caraibi, gli sport acquatici – immersioni ed esplorazioni subacquee, pesca sportiva, ecc…- sono i più quotati, seguiti a ruota da tennis, cricket e golf. Tra l’altro se si fa snorkeling vicino St. George’s, si avrà la possibilità di ammirare le numerose statue che sono state posizionate sott’acqua e che sono stati denominate “I guardiani”.

La capitale di Grenada, St. George’s, è sicuramente uno dei posti più pittoreschi di tutti i Caraibi. Il Carenage è il porto più interno ed è, in realtà, il profondo cratere di un vulcano ormai spento.
Molti degli edifici che lo circondano risalgono al XVII secolo, costruiti in mattoni dai colori molto forti (gialli, rosa, rossi…). Sulla collina che domina la città si erge il forte costruito dai francesi nel 1705: “Fort George” (nome originale: Fort Royal). Visitarlo è come fare un tuffo nella storia, nel passato. La stessa cosa si può dire per l’interessantissimo Museo Nazionale.

Chi ama la natura, invece, potrà passeggiare all’interno del Giardino Botanico e dello Zoo, dove vivono alcune specie rarissime di uccelli e animali tipici dei Caraibi.

E, anche qui, come nelle altre isole caraibiche, il momento clou del divertimento è il carnevale, che si svolge fra canti e balli e tanta allegria.
Grenada, isola caraibica dove è possibile fare non solo turismo balneare, così come per tutte le altre se si hanno occhi per guardare oltre il mare e le spiagge.

Reportage. I Caraibi semisconosciuti: Grenada
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Reportage Polinesia: la terra del sogno e della libertà

17 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Polinesia: la terra del sogno e della libertà

Isole che sono nell’immaginario di ogni persona. Natura, mare, spiagge e la naturalezza degli abitanti sono un grande richiamo come le “sirene” per Ulisse.

Suoni, profumi, sapori, libertà, bellezza, sensazioni…sono queste le unicità delle isole che ognuno di noi vorremmo visitare una volta nella vita. Sono lontane da noi ed il viaggio è lungo, ma ciò che si ha la fortuna di ammirare compensa della stanchezza del lungo volo. Polinesia, il solo nome evoca un paradiso non ancora perduto e che ci si augura resti ancora naturale nel suo paesaggio e nella sua popolazione.
Non a caso molte persone ci si sono trasferite per recuperare quella naturalità perduta nelle città, e per riacquistare quella pace e serenità che la vita quotidiana ci ha fatto perdere da tempo. Polinesia, luogo incantato nel quale è possibile ritrovare sé stessi, il proprio io, la propria “animalità” o il vivere senza le costrizioni che c’impongono i paesi cosiddetti industrializzati.
Ma incominciamo parlando un po’ della storia di queste isole uniche.
I primi europei che approdarono nelle isole della Polinesia avranno sicuramente pensato di essere arrivati nel paradiso terrestre. Lo sanno bene i protagonisti dell’ammutinamento più famoso di tutti i tempi, reso noto dalle versioni cinematografiche. Ma i marinai del Bounty non furono i soli a perdere la testa per queste terre. La cupidigia e la violenza degli occidentali, infatti, arrivarono in poco tempo a devastare e a distruggere tutto ciò che volevano conquistare. Fortunatamente queste isole magiche si sono salvate e ancora oggi rappresentano il sogno di un luogo incontaminato e sereno comparato al grigiore delle nostre città.
La Polinesia è una macroarea che comprende diversi arcipelaghi sparsi nell’Oceano Pacifico, a ridosso dell’Equatore tra la Nuova Zelanda e l’America Centrale: quelle che vengono definite Polinesia Francese, Hawaii, Tonga, Samoa Occidentali e Sporadi Equatoriali.
Sono cinque i gruppi di isole che costituiscono la Polinesia Francese. Abitate, secondo alcuni, da popolazioni provenienti dall’America Centrale, furono scoperte nel 1521 dalle prime spedizioni spagnole, ma solo nel 1595 ebbero i primi contatti con gli abitanti, che conobbero, oltre all’uomo bianco, anche le armi da fuoco e la sifilide.

Nel XVIII° secolo s’intensificarono le spedizioni scientifiche degli inglesi; nel 1767 Samuel Wallis trovo Tahiti, cominciando la colonizzazione degli europei. Gli indigeni persero pian piano la potestà sulle terre che nel 1880 vennero date in dono dal loro re alla Francia, mentre la dinastia regnante e larga parte della popolazione di Tahiti si erano convertire nel frattempo al cristianesimo. Ne è nata una società multiculturale nella quale si sono poi integrati diversi popoli orientali, portati dagli europei come braccianti nelle piantagioni.

Nelle isole della Società, l’aeroporto internazionale di Tahiti-Faa, della capitale Papeete, e il suo porto rappresentano le porte della Polinesia nel mondo. Tutti i turisti che arrivano passano di qui. L’arcipelago è diviso in due gruppi: le isole del Vento, con Tahiti e Moorea, più densamente popolate, e le Isole di Sotto Vento, con Bora Bora, Raiatea, Tupuai.

Prevalentemente montagnose e di origine vulcanica presentano la particolarità di una vegetazione rigogliosa che lambisce le spiagge sabbiose e bianchissime. L’isola di Tahiti, la più grande della Polinesia francese, incantò i viaggiatori francesi che descrissero le meravigliose cascate di acqua purissima e l’estrema fertilità di quelle terre.
I visitatori che amano la montagna non possono fare altro che avventurarsi in luoghi nascosti e impervi alla ricerca delle tre cascate di Tiarei, ai piedi una foresta di bamboo.
A Tahiti il pittore Gauguin visse molti anni, affascinato dai colori di questi luoghi e, non secondario, dalla grande bellezza delle vahiné tahitiane che ha ritratto in tante opere. L’artista scrisse: ”Nessun uomo, neanche il più felice, può resistere al loro sguardo”. A lui, europeo che l’ha amata molto, l’isola ha dedicato un museo che raccoglie molte opere originali che, insieme ad altre esposizioni, attende i viaggiatori che vogliono conoscere la cultura e le tradizioni di queste popolazioni.
Ma sono le spiagge e il mare cristallino che attirano i turisti, e non solo quelli che amano “oziare sulla sabbia, ma anche quelli che praticano il surf. La spiaggia di Papara, infatti, vede riunirsi i giovani amanti della tavola con i migliori surfisti mondiali.
Per chi ama invece le immersioni e la fotografia subacquea, l’isola ideale è MOOREA, con le spiagge di sabbia bianca, i meravigliosi fondali e la ricchezza della fauna sottomarina, abitata – un tempo – così come si racconta – da una gigantesca lucertola gialla che con la sua coda creò le baie di Cook e di Opunohu.
Ma per chi ama trascorrere lunghi e rilassanti momenti sull’acqua, non si può perdere un giro in piroga nella cristallina purezza della laguna di Bora Bora. A RAIATEA, culla della civiltà polinesiana, regna la sacralità.
Ogni luogo, lì, è dominato dal mito e il monte Temehani è l’Olimpo polinesiano che veglia su questo angolo di mondo per preservarlo da ogni intervento esterno. Sotto il Tropico del Capricorno, decentrate rispetto a Tahiti, le isole Australi sono quelle che hanno mantenute uno stile di vita più autenticamente polinesiano.
Dal clima più fresco, l’arcipelago è un insieme di colori per le splendide abitazioni color pastello, costruite in pietra corallina. Tra la gente permane un diffuso sentimento religioso e nell’isola di Rurutu, nel mese di gennaio, gli antichi riti terminano con una tradizionale gara di sollevamento pesi, cui partecipano uomini e donne.

Segno, forse, della lontananza dell’uomo bianco e della presenza della natura incontaminata, le balene si trovano in queste acque ed è possibile ammirarle tra giugno e ottobre.
L’arcipelago delle Gamblier è quello che reca le maggiori tracce dell’arrivo degli europei. Furono i gesuiti a distruggere i resti della cultura politeista preesistente con la costruzione, al posto dei tradizionali luoghi di culto, di imponenti edifici religiosi.
La sua morfologia ha caratteristiche eccezionali, perché il 95% delle isole sono atolli, una percentuale unica nella Polinesia francese. Per questo l’arcipelago è noto per essere la culla delle perle polinesiane. La perla nera è invece caratteristica dell’arcipela delle TUAMOTU, famose anche per essere il paradiso del diving.
RANGIROA, che significa “cielo infinito” per la continuità del colore azzurro del cielo che si rispecchia nelle numerose lagune, è l’atollo più grande della Polinesia francese, con 240 motu (isolotti), separati da più di 100 piccoli canali.
Squali grigi, mante, pesci napoleone, cernie, sono solo alcune delle creature che popolano le acque circondate da questo nastro di isole. Henua Enana, “terra degli uomini”, così venivano chiamati dai nativi dell’arcipelago delle Marchesi, ma oggi, l’esiguo numero della popolazione che le abita è concentrata in poche delle 12 isole di cui è composto l’arcipelago. A 1500 chilometri da Tahiti è il gruppo situato più a nord, in prossimità dell’Equatore. Qui è nata l’antica arte del tatuaggio.
Continuando il nostro viaggio arriviamo a TONGA, forse l’unica terra del pacifico a non essere stata colonizzata.
Gli abitanti erano guerrieri valorosi e seppero salvarsi dalla conquista degli europei che a più riprese giunsero sulle loro coste.

La cultura di questi popoli, governati da una monarchia ereditaria, si è sposata pacificamente con la religione cristiana, cui hanno aderito con fervore. Le terre di Tonga sono costituite da 171 isole e atolli, di cui solo 40 abitate e si dividono in quattro gruppi: Tongatapo, He’apai, Vava’u e Niuas.
Queste isole conservano ancora la tradizionale cordialità e benevola e festosa accoglienza, insieme ad un patrimonio naturale unico: foreste pluviali, laghi vulcanici e bocche eruttive – che possono essere visitati in lunghe escursioni. .
Immersioni subacquee e discese alla corda sulle pareti delle scogliere attendono i più avventurosi che potranno ammirare anche due specie di iguane molto rare, volpi volanti, pipistrelli considerati sacri e protetti nelle sette aree tutelate, tra parchi naturali e riserve marine.
Il 4 luglio si festeggia il tradizionale Heilala festival, festa del fiore nazionale. Nella capitale Nuku’alofa, “dimora dell’amore”, si fondono gli elementi caratteristici della tradizione autoctona, i Palazzi e le Tombe reali, le antiche e magnifiche chiese cristiane, testimonianza della cultura occidentale.
Il Tongatapo orientale conserva la più grande concentrazione di siti archeologici del pacifico, resti delle tombe delle antiche dinastie.
Ecco, quando pensiamo alla Polinesia, la mente va subito al mare e alle spiagge ma, se si desidera capire un po’ di storia degli atolli e vedere oltre il mare, anche qui è possibile farlo.
E’ sempre il paradiso desiderato da tutte le persone, ma si deve andare anche oltre quello che ci hanno sempre mostrato. C’è molto di più.

Reportage Polinesia: la terra del sogno e della libertà
Reportage Polinesia: la terra del sogno e della libertà
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Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis

16 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis

Ci sono isole che pochi italiani conoscono. Incominciamo ad apprendere un po’ della loro storia.

Come ho già scritto qualche tempo fa, per la maggior parte degli italiani le isole caraibiche si fermano a S. Domingo, Cuba e Jamaica, vuoi perché ci sono i charter (non più per la Jamaica), vuoi perché sono le isole che si vendono da molti anni sul nostro mercato, vuoi perché le altre costano di più perché ci si deve arrivare con i voli di linea, e con scali intermedi e, inoltre, perché non ci sono villaggi italiani.
Ma sono tutte ideali per trascorrervi le proprie vacanze in un contesto naturale dove le spiagge sono belle e il mare adatto anche per chi ama andare alla ricerca di navi affondate. Oggi parleremo di….

ST KITTS - NEVIS

Queste due isolette si autodefiniscono “i Caraibi nascosti” e, agli occhi di mezzo mondo, lo sono davvero, nonostante entrambe offrano uno dei panorami più incredibili di tutti i Caraibi.

Cristoforo Colombo (ebbene sì, sempre lui!) le avvistò soltanto durante il suo secondo viaggio nel 1493, lasciandole tuttavia (bontà sua), ai loro legittimi abitanti, gli indiani Caribi, ma non dimenticò, però, di battezzarle. St. Kitts (in realtà si chiamerebbe S. Cristoforo, un po’ in onore del santo protettore dei navigatori e un po’per una tremenda botta di vanità. Nevis (in realtà Las Nievas, Le Nevi, per le nuvole bianche che ricoprivano le cime dei monti).
Soltanto nel 1607 gli inglesi che vi sbarcarono, le ribattezzarono con gli attuali nomi. La storia racconta di diatribe politiche delle due isolette con Anguilla, alla quale erano associate e con le quali avevano in comune soltanto il governo britannico.

Diatribe che finirono quando, nel 1967, Anguilla si autodichiarò indipendente dall’associazione.
Ma non finisce qui! Secondo “voci di corridoio”, St. Kitts e Nevis sono rivali, ma soltanto per una questione di orgoglio.
Gli abitanti di St. Kitts si sono sempre dichiarati gli unici ansiosi di sviluppo, ma lo stesso vale per quelli di Nevis.

Un tempo, zucchero e cotone erano fonti di enormi ricchezze per entrambe le isole. La prima ha continuato a coltivare la canna di zucchero, senza preoccuparsi troppo del settore turistico che, invece, per Nevis è sempre stata al primo posto.

Tutte e due le isole sono di origine vulcanica, rigogliose e verdeggianti. St. Kitts ha la forma di una mazza da cricket e la capitale: Basseterre, si trova all’interno di un porto naturale ed è, forse, uno dei più perfetti esempi di architettura delle Indie Occidentali.

Nevis, invece, ha una forma quasi perfettamente circolare ed è buffo vederle dall’alto perché, tutte e due insieme formano un grosso punto esclamativo!

La sua capitale è Charlestown, e per girarla non ci vuole più di un’ora. Ma più che i monumenti del luogo, la vera attrattiva di questo piccolo porto sono i racconti degli abitanti.
I tassisti delle isole sono tra le guide migliori di tutti i Caraibi occidentali e sono anche molto loquaci. Non c’è storia o pettegolezzo che non sappiano raccontare.

E’ possibile organizzare gite in barca a Nevis o crociere al chiaro di luna su una delle spiagge lungo la penisola di St. Kitts, o farsi una cavalcata in tutta libertà sulle colline settentrionali, oppure darsi alla scalata del monte Verchild, o del monte Liamuiga, per godere delle meravigliose vedute che offrono.

Ma anche le esplorazioni subacquee non sono da meno. Si può fare una vera e propria caccia al tesoro cercando – e magari trovando – una delle tante navi affondate nei dintorni e non ancora scoperte!
La vita notturna non è molto attiva, ma gli amanti del Jazz avranno di che deliziare le proprie orecchie, sono numerose, infatti, le orchestre di trombe, tromboni, sax, che fanno della musica eccellente.
Il momento clou del divertimento è il Carnevale – avvenimento che accomuna le due isole – che si celebra dal 24 dicembre al 2 gennaio ed è un’esplosione di colori, musiche e danze.

L’usanza vuole che i parenti lontani ritornino sull’isola ed è soprattutto in loro onore che vengono organizzate parate e sfilate in costumi d’epoca.

Indubbiamente è uno degli spettacoli più divertenti di tutti i Caraibi e può essere un valido motivo per scoprire l’anima, la cultura e le tradizioni di queste isole semisconosciute ma, proprio per questo motivo, ancora “vergini” e genuine.

Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis
Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis
Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis
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Reportage i Caraibi sconosciuti ma ricchi di fascino: St. Kitts e Nevis
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Reportage Thailandia. Phuket, il fascino della natura.

10 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Thailandia. Phuket, il fascino della natura.

Spiagge bianchissime, mare cristallino e baie piene di fascino.

C’è una calda brezza che accarezza i flessuosi palmizi ed il fruscio fa da sottofondo al melodioso cinguettare degli uccelli. La lieve risacca del mare, dai colori che vanno dallo smeraldo a quello del cielo, sembra accarezzare non solo la sabbia ma anche chi decide di passeggiare sull’impalpabile rena.

Potrebbero sembrare le fantasie di un turista, ma a Phuket, frammento della natura che riesce ancora a farci sognare e, spesso, ancora alla stato puro, è facile galoppare con la fantasia e godere di un sogno che si è avverato.

Phuket va bene per tutti i gusti. Offre divertimenti, musica, gastronomia, shopping a chi si immerge nelle fantasmagoriche luci delle strade di Patong, ma riserva angoli di sogno a quanti cercano momenti di rifugio nelle sue baie piene di fascino, nelle isolette che, come una collana di perle preziose, la circondano.

E’ difficile, se non quasi impossibile, resistere al fascino di questi luoghi ricchi di poesia e magia di colori e odori. Sensazioni romantiche e voglia di avventura si compendiano fino a formare una fantastica miscela di fantasia e realtà.

Mi piace parlare della spiaggia di Katha, dove funzionali e splendidi alberghi convivono con casette di pescatori e lindi ristoranti dove trionfano gustosi ed economici piatti a base di pesce fresco.

Tutto il resto è natura allo stato puro. La scenografia può essere indifferentemente uscita dalla fervida fantasia della penna di qualche scrittore di libri d’avventura, oppure l’altra, quella di un narratore di storie romantiche, di passioni e di grandi amori. Non a caso, quest’isola è scelta moltissimo dalle coppie in viaggio di nozze.

Phuket riesce ad offrire molto a chi cerca rifugio nella fantasia.
La baia di Katha Beach è chiusa da un’isoletta deserta, una piccola collina verde circondata dal mare di smeraldo. Dalla punta meridionale della baia è possibile raggiungerla nuotando in un’acqua trasparente, sempre calma e calda.

Non ha dunque misteri per chi si vuole avventurare fra le sue balze.

Sulla costa la candida sabbia crea un contrasto di colori con il verde degli slanciati palmizi tropicali, delle “siepi” di mangrovie e delle piante rampicanti i cui fiori sono un tripudio di colori.

La varietà del paesaggio alimenta il piacere della scoperta e la gioia di trovarsi in un posto così bello.
Andando verso sud scopriamo cosa nasconde la verde collina che scende a strapiombo sul mare.

La piacevolezza della passeggiata sulla battigia, addolcita dalla calda carezza sulle nostre gambe della risacca marina, diventa una bellissima sorpresa quando si scopre che in fondo alla baia di Katha c’è un angolo mozzafiato formato da un fiume che si confonde con il mare e forma una verde laguna.

Sull’acqua si dondolano placidamente piroghe di altri tempi, le cui esili prue sono cinte da coloratissimi veli e profumate ghirlande di fiori, espressioni della devozione dei pescatori.

E per dare il tocco finale al quadro che rappresenta un paesaggio paradisiaco c’è anche un rosso ponticello sormontato da una slanciata cupola che somma tutti gli aspetti della più raffinata cultura thailandese.

Avventurandosi invece sulla parte opposta della baia, tra le rocce modellate dal mare, c’è il piacere di scoprire la natura dei fondali.

L’animazione dei mille variopinti abitanti degli anfratti, la fuga verso il largo dei pesci quando la marea sta per calare attraggono la nostra attenzione e ci piace scoprire (e vedere) qualcosa di più di ciò che accade sott’acqua.

E poi, come non parlare del fascino dei tramonti? E’ vero che li vediamo ovunque, ma ci sono posti dove sono diversi e più coinvolgenti che altrove.
Quando l’orizzonte diventa infuocato, il cielo assume tante tonalità che vanno dall’arancione – che ci ricorda quello dell’abito dei monaci buddisti - al rosa e, infine, all’indaco. Come non rimanere ammaliati davanti a queste espressioni che la natura ci ha regalato?

Muore il giorno sulla baia di Katha, ma la notte porta una nuova ventata di fascino su questa terra che sembra senza tempo.
La scenografia cambia, ma non per questo è meno affascinante: c’è la luna che bacia il mare cristallino con gli argentei raggi, mentre il coro di sottofondo è assicurato dalle “voci” della vicina jungla.

E’ facile lasciarsi prendere dall’emozione. Qui è tutto magia e poesia.

Ma anche quello gastronomico è un aspetto da non trascurare, qui pesci pregiati e aragoste sono piatti comuni e alla portata di tutte le tasche.
E poi la cucina thailandese è la sublimazione delle ghiottonerie, a cominciare dalle banane fritte servite con miele e gelato al cioccolato, vaniglia o cocco.

E poi c’è la realtà allegra e spensierata di ogni luogo di vacanza che si rispetti: dalle musiche agli odori dei giardini degli alberghi, oppure fuori negli animatissimi mercati diurni e notturni dove si trova di tutto, soprattutto la felicità di una vacanza decisamente diversa, perché qui, in queste località, si riscopre il piacere di sognare ad occhi aperti.

Reportage Thailandia. Phuket, il fascino della natura.
Reportage Thailandia. Phuket, il fascino della natura.
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Reportage Caraibi: Trinidad e Tobago le isole sorelle

5 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Caraibi: Trinidad e Tobago le isole sorelle

Altre isole caraibiche poco conosciute ma interessanti da vedere e trascorrerci le proprie vacanze.

Si possono definire le “isole sorelle” per eccellenza e, nonostante siano distinte e separate, formano un’unica nazione, compensandosi a vicenda. Infatti, la pace e la tranquillità di cui è carente Trinidad, si trovano a Tobago, mentre la costante vivacità di un vero centro cosmopolita che manca a Tobago, è tipico di Trinidad. Tobago fu unificata a Trinidad verso gli anni ’80 del diciannovesimo secolo, dopo il fallimento dell’industria dello zucchero, che costituiva l’unica fonte di benessere dell’isola. Storicamente parlando, nelle due isole, nel corso di tre secoli, si sono succeduti spagnoli, olandesi, francesi e inglesi. Dopo molte battaglie, Trinidad e Tobago diventarono un’unica colonia britannica, rimanendo tale fino al 1976, anno in cui divennero una repubblica, governata da un presidente invece che da un re inglese.

Al giorno d’oggi, Trinidad è uno dei paesi più ricchi e industrializzati delle Indie Occidentali, anche perché, oltre all’industria dell’acciaio e del gas naturale, possiede il lago di pece più grande del mondo che, trasformato in bitume, è in grado di asfaltare tutte le autostrade del mondo!

Anche il petrolio non è da meno! Infatti, ve ne è in tale abbondanza che la benzina ha il prezzo più basso dei Caraibi.
Geograficamente parlando, Trinidad si presenta piuttosto pianeggiante, tranne che per la catena montuosa settentrionale, mentre Tobago ha un terreno montuoso, con colline alte 450 metri, che scendono fino a bianchissime spiagge.

Bisogna tenere presente che, fra le due isole, non esiste alcuna rivalità, anzi. L’ideale è visitarle tutte e due.
Si può trascorrere la giornata su una delle fantastiche spiagge di Tobago, circondati solo dalla più assoluta tranquillità, per poi lanciarsi nella eccitante vita notturna di Trinidad, fatta di ristoranti, bar, musica e “Calypso” (Trinidad ne è la patria).

A “Porth of Spain”, la capitale di Trinidad, vi è il grande “Queen’s Park Savannah”, punto di partenza ideale se si vuole effettuare il giro della città a piedi.

Questo immenso prato di circa 80 ettari dispone di una pista da corsa e di alcuni campi da cricket. Si tratta di una vecchia piantagione di canna da zucchero che, nel 1808, fu rasa al suolo da un violento incendio.

L’isola è comunque una curiosa miscela di stili: dalla “Roodal Residence”, in stile barocco, alla “Whitehall”, in stile moresco, alla “Red House”, in stile pre-rinascimentale.

Anche a “Scarborough”, la capitale di Tobago, vi sono molti luoghi interessanti da visitare.
“Fort King George”, per esempio, è sicuramente da vedere.

Situato a 130 metri sopra l’isola, oltre ad offrire un panorama splendido, testimonia le interminabili battaglie fra inglesi e francesi, che hanno caratterizzato la storia di Tobago.

Man O’Wae Bay”, all’estremità opposta dell’isola, è uno dei più bei parchi naturali di tutti i Caraibi, mentre, da non tralasciare, è Charlotteville, un piccolo villaggio di pescatori situato sulla baia, sul pendio di una collina.
Anche qui l’avvenimento folkloristico più importante dell’anno è il Carnevale, che ha inizio all’alba del lunedì precedente il mercoledì delle ceneri, per terminare alla mezzanotte del martedì.
Protagonisti assoluti: il Calypso e la musica delle “Steel Band”.

Per quanto riguarda l’alloggio, a Trinidad si trovano sia eleganti complessi alberghieri che pensioni meno lussuose ma caratteristiche.

I pasti non sono quasi mai compresi nelle tariffe. A Tobago, invece, è molto facile trovare alberghi che praticano anche la mezza pensione.

La cosa migliore è affidarsi ad un’agenzia di viaggi che potrà costruire su misura un programma “ad hoc”.

Reportage Caraibi: Trinidad e Tobago le isole sorelle
Reportage Caraibi: Trinidad e Tobago le isole sorelle
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Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…

1 Febbraio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

 Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…

Fiuggi è sempre stata considerata una meta per persone con problemi di salute, precisamente per chi ha patologie connesse ai reni, ma la cittadina offre tante altre cose che ne fanno una destinazione valida anche per una vacanza o un fine settimana. I turisti, qui, possono abbinare una vacanza in simbiosi con la natura, la bellezza e la salute. L’acqua che sgorga limpida dalle sue fresche sorgenti, consigliata dai medici nella cura e nella prevenzione delle patologie renali, è un vero e proprio toccasana anche per chi, più semplicemente, intenda concedersi una salutare pausa da godere in pieno relax, lontano dagli stressanti ritmi cittadini.

E non si deve credere che Fiuggi sia indicata solo per chi abbia superato abbondantemente il giro di boa dei fatidici “anta” o per gli abitudinari della vacanza rilassante. Così tranquilla da scoraggiare i “drogati” del caos cittadino e terrorizzati da una vacanza all’insegna della monotonia.
Ma, al contrario, questa deliziosa cittadina, che deve la sua notorietà alle fonti “miracolose”, nasconde angoli di rara bellezza, in grado di offrire una vacanza davvero completa e rigenerante sotto il duplice profilo naturalistico e culturale.
Ma come è nata la fama di Fiuggi? Lo si deve senz’altro a Bonifacio VIII il quale, dopo aver dedicato parte della giornata ad abbeverarsi alla fonte circa 700 anni orsono, le acque miracolose lo guarirono da una grave forma di calcolosi urinaria. Così Fiuggi diventò meta di “pellegrinaggio” per chiunque avesse di questi problemi.

Ma per chi volesse andarci oggi, oltre a trovare alberghi con tanto di SPA, può passeggiare lungo le tranquille viuzze del centro medievale di Fiuggi-città che, con Palazzo Falconi, La Collegiata di S. Pietro e le chiese di S. Stefano. S. Maria del Colle e S. Biagio, domina dall’alto la zona di Fiuggi-fonte.

Anche i dintorni di questo piccolo gioiello di architettura medievale riservano infinite possibilità di escursioni.
Approfittando del clima mite che caratterizza le stagioni intermedie, è senz’altro piacevole camminare tra i boschi, ossigenarsi respirando l’aria tersa e frizzante del mattino, riposarsi la vista ammirandone i colori caldi e rilassanti che la natura regala nel periodo autunnale o primaverile.
Ma non è finita qui, perché, immersa nella quiete di questi boschi, alle pendici dei Monti Ernici, sorge l’Abbazia di Trisulti, fondata nel 1208 dai Frati Certosini.

Lo stesso silenzio, rotto soltanto dal mormorio sommesso della natura, permea l’atmosfera di un altro dei numerosi capolavori di abilità cistercense, di cui è ricca questa zona. Si tratta dell’Abbazia di Casamari, uno dei rari ed esempi più belli di architettura gotica.
E poi Montecassino, con la famosissima Abbazia fondata da S. Benedetto nel VI secolo d.C., lo stesso periodo nel quale sorse l’Acropoli della vicina Alatri, con le sue lunghe mura di cinta.
Ed ancora…le caratteristiche cittadine di Atina, Ferentino, Fumone e la lunga lista delle località che, con le sue bellezze naturali ed artistiche, rappresentano il degno completamento di un soggiorno a Fiuggi.

Tuttavia, confidando nell’altrui spirito, è preferibile limitarsi a questi pochi ma significativi spunti per lasciare che ciascuno sperimenti di persona il fascino di una delle tante mete di cui è così ricca la nostra bella Italia, così poco saputa promuovere all’estero e all’interno stesso del nostro paese.

 Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…
 Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…
 Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…
 Conosciamo l’Italia cosiddetta “minore”: Fiuggi e dintorni, la bellezza abita anche qui…
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