Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

lapostadisibilla

#lapostadisibilla

30 Ottobre 2014 , Scritto da Mari Nerocumi Con tag #mari nerocumi, #lapostadisibilla

#lapostadisibilla

Carissima Mari Nerocumi - Sibilla


Mi chiamo Luca Lapi.
Sono nato il 17 Marzo 1963.
Sono diversamente abile (con paralisi agli arti inferiori ed agli sfinteri) a motivo della Spina Bifida e dell’Idrocefalo diagnosticati subito dopo la mia nascita, ma non ho più la Spina Bifida e l’Idrocefalo, oggi, ma la lesione neonatale, la malformazione di cui vivo i postumi.
La Spina Bifida e l’Idrocefalo non sono malattie.
Non sono malato di Spina Bifida e di Idrocefalo.
Non ho la Spina Bifida e l’Idrocefalo.
Ho avuto la Spina Bifida e l’Idrocefalo che, poi, mi hanno portato a disabilità più o meno importanti con altre conseguenze a livello neurologico.
L’esperienza che ne è derivata mi ha portato a considerare, inizialmente, questo mio stato un problema con cui sarei stato costretto, per sempre, a convivere e, convivendoci, mi avrebbe portato, spesso, ad autocommiserarmi.
Mi ha portato a non vederne, da piccolo, che i lati negativi: sedia a rotelle, stampelle che consideravo una vergogna, non potere fare ciò che altri potevano quando e quanto volevano, ma l’esperienza che ne è derivata, a posteriori, e sto vivendo, tuttora, salvo piccoli, fastidiosi problemi, mi ha portato a vederne anche lati positivi: le mie diverse abilità possono essere risorse da porre a servizio dei più bisognosi, ricchezze da condividere con tutti.
Mi ha portato, in altre parole, ad intravedere le diverse abilità, apparentemente, nascoste nelle mie disabilità: non posso camminare con le mie gambe, ma posso farlo con la mia mente, il mio Cuore e la mia Anima.
Ho scritto: "…STAMPELLE CHE CONSIDERAVO UNA VERGOGNA…” e mi spiego.
Iniziai a camminare con le stampelle, a 11 anni, dopo avere passato i precedenti sulla sedia a rotelle ed incontravo, per la mia città, bambini più piccoli: mi puntavano il dito e, rivolgendosi ai genitori, facevano loro notare, a voce alta, quanto fossi buffo e sembrassi piccolo (a 11 anni) poiché ero e sono, evidentemente, basso di statura (nella parte inferiore del corpo).
Pensavo (ignorando, allora, cosa, realmente, avessi,) che si trattasse di una situazione provvisoria e che non fossi, ancora, abbastanza, cresciuto per potere camminare.
Ho capito tutto, invece, da adulto, delle conseguenze della Spina Bifida e dell’Idrocefalo: le ho accettate e, grazie alla mia fede cristiana, le ho accolte, come doni d’amore misteriosi di Dio Padre, non come suoi castighi verso di me.
Non mi vergogno più, perciò, incontrando, oggi, sulla sedia a rotelle, su cui sono dovuto ritornare, bambini che si comportano come quelli di un tempo: non provo che dispiacere, non per me, ma per codesti bambini che considero insufficientemente educati dai genitori o dalla scuola al rispetto per tutti.
Provo dispiacere, inoltre, per tutti i bambini e adulti che convivono, con disagio, con la loro diversità fisica e che, a motivo della loro emotività e sensibilità, soffrono dinanzi ad esternazioni, più o meno, innocenti, di alcuni bambini verso di loro.
Ho imparato, col tempo, in qualche modo, ad ignorare tali esternazioni, ma penso che molti altri bambini e adulti non ci siano riusciti e mi sento solidale, perciò, con ciascuno di loro.
Non intendo dire che, oggi, quelle esternazioni mi avviliscano, quando dico “…IN QUALCHE MODO…”, ma, piuttosto, il constatare che mi piovano addosso in momenti e/o periodi di sofferenza a causa dell’isolamento che mi è stato imposto da chi consideravo amici.
L’ironia è che loro non arrivino ad accorgersi di essere responsabili del mio isolamento.
Si tende a educare, giustamente, scolari e studenti al rispetto verso gli extracomunitari, loro compagni di classe, ma si tende a trascurare l’educazione al rispetto dei diversamente abili.
Mi chiedo e chiedo, perciò, che si possa fare affinché, un giorno, ciò che ho descritto non accada più.
Appaio, certamente, ossessionato, ma non mi pare esagerato pensare che il dito puntato dai bambini contro i diversamente abili possa diventare, un giorno, una mano che impugna una vera e propria arma da fuoco pronta a sparare contro chi è colpevole, solo, della sua diversità fisica.
Sono più sensibile verso chi vive situazioni di disagio peggiori.
La percezione della mia sensibilità è stata importante.
Ripeto, infatti, che ho recepito le mie diversità fisiche non più come problemi, ma risorse da porre a servizio dei più bisognosi, ricchezze da condividere con tutti.
Altri lati positivi, nella mia vita, sono stati l’Inserimento Terapeutico nella Biblioteca Comunale della mia città e la possibilità, per un periodo di tempo, di guidare un’auto apposita.
Ho contatti quotidiani con molti giovani (studenti universitari, neolaureati) a motivo del mio Inserimento Terapeutico, ma circoscritti tra le mura della Biblioteca: non sconfinano in amicizie al di fuori.
Il risultato è conoscenza reciproca di nome e di vista: nulla più!
Sento lo stimolo a confidarmi con molti, ma ne risultano rapporti alimentati da una parte sola (la mia), un prendere, portare a casa, chiudere a chiave in un cassetto e buttare via la chiave per non pensarci più, rapporti di conoscenza, educazione e gentilezza:”Buongiorno! Buonasera! Buonanotte! E, talvolta, “Buon appetito!”: nulla più!
Molti pensano, forse: "Luca ci vede in Biblioteca: gli deve bastare!”
Altri frequentano, come me, la Parrocchia, mi vedono in Chiesa e pensano, forse: "Luca ci vede in Parrocchia, in Chiesa: gli deve bastare!”
Mi pare, così, che l’amicizia si riduca a misera figura di “dente da togliere”, “tassa da pagare”, “attività lavorativa” dove si entra in fabbrica, ufficio, Chiesa, locali della Parrocchia e si è amici, si esce e non lo si è più; dove si sta accanto con rassegnazione: non insieme con passione, “qualcosa che si usa e getta”, “si prende, porta a casa e chiude a chiave in un cassetto per non pensarci più e si butta via la chiave”.
Mi pare, così, che l’essere umano si riduca a misera figura di “macchina erogatrice di servizi” dove i “servizi” erogati dalla “macchina” essere umano si chiamavano, un tempo, “sentimenti”.
Mi avvilisce continuare a constatare che con chi frequenta, come me, Biblioteca e/o Parrocchia e Chiesa non continui a trattarsi che di rapporti concepiti, portati in grembo per qualche tempo e, infine, abortiti.
Vedo giovani accoppiati in Biblioteca e sposati in Parrocchia ed in Chiesa ed il loro evitarmi mi fa pensare che l’amore che li lega non sia che una maschera sul volto dell’egoismo di coppia.
Mi chiedo e chiedo che si possa fare, perciò, affinché ciò non accada più.
Apro una parentesi.
Ho definito le diverse abilità: "RICCHEZZE DA CONDIVIDERE CON TUTTI”.
Anche affetto, amicizia ed amore lo sarebbero, ma c’inducono a chiuderci in noi come se temessimo che, condividendoli, possano volatilizzarsi, quando li si prova.
Si degenera, così, da affetto, amicizia ed amore reciproci in egoismo di coppia o, addirittura, di gruppo.
Si degenera da “CONDIVISIONE” in “DIVISIONE”.
Dico, alla maniera di Adriano Celentano:”DIVISIONE è lenta e CONDIVISIONE è rock”.
“CONDIVISIONE” è assente giustificata a lezioni dell’Università dell’Età Libera, purtroppo.
Troppi si giustificano: "Sono sano: non ho tempo per malati, per chi abbia difficoltà fisiche; faccio volontariato: non ho tempo per chi ritengo che non ne abbia bisogno; sono studente, studioso: non ho tempo per gli ignoranti; sono lavoratore: non ho tempo per disoccupati, licenziati, pensionati; sono accoppiato, sposato, convivente: non ho tempo per i ‘single’; sono genitore: non ho tempo per chi non lo è; sono figlio: non ho tempo per gli orfani!”
La “CONDIVISIONE” soccombe quando chiunque abbia responsabilità educative civili o religiose non provvede affinché ciò che ho descritto non accada più.
Chiudo la parentesi.
Mi convinco, infatti, che il mio nascere con la Spina Bifida e l’Idrocefalo e crescere con le loro conseguenze corrisponda a misteriosi doni di Dio Padre che mi svela, di volta in volta, particolari sia negativi, in parte, relativamente, minore, sia positivi, in parte, infinitamente, maggiore.
Non posso che affidarmi, totalmente, a Lui.
Sono contento così, ma questa mia dichiarazione m’induce a continuare a riflettere.
La mia fede m’induce a pensare, in futuro, ad un disegno di Dio Padre di mia guarigione dalla disabilità della paralisi agli arti inferiori ed agli sfinteri, benché non Glielo chieda, più, da tanto, esplicitamente, nelle mie preghiere (non per stanchezza, non per indebolimento della mia fede, ma per il mio essere entrato in altro ordine d’idee in merito a ciò che penso che sia la Sua volontà su di me).
Mi chiedo: come mi comporterei se si verificasse un miracolo di mia totale guarigione?
Continuerei ad impegnarmi ad essere Cristiano coerente?
Il mio impegno è totale, ma la tentazione di svicolare, a motivo di ciò che mi vedo intorno e mi delude, è forte.
Cordiali Saluti

Salve Luca,

apprezzo la sua mail così dettagliata (per questo è stata pubblicata in toto) perché comprendo la sua necessità di prendere le distanze da quel modo un po’ approssimativo con il quale di solito le persone valutano chi abita perennemente una sedia a rotelle.

E apprezzo anche il fatto che lei spieghi minuziosamente le varie fasi di accettazione di sé, così come è, con cui ha dovuto fare i conti fin dalla sua infanzia, fino a scoprirne finalmente i lati positivi da poter condividere con chiunque altro le capitasse sul cammino.

Ora i problemi iniziano quando percepisce che i rapporti con gli altr, nelle condizioni in cui si trova, non sono così idilliaci, partendo dall’educazione fin dall’infanzia nei confronti delle persone diversamente abili fino alla mancanza di sensibilità di persone adulte, che pur frequentando luoghi come la chiesa, dove concetti quali comprensione e soprattutto condivisione, dovrebbero generare accoglienza e supporto, non riescono a comprendere il suo stato e condividere con lei pezzi di vita. Non ci sono dubbi che per quanto riguarda l’educazione dei bambini nei confronti delle persone che vivono in disagio è basilare e se
questa manca è l’ignoranza a trionfare. E contro quella purtroppo nemmeno le
tavole possono fare qualcosa…

Dalla sua lettera poi sono riuscita ad avvertire quanta fame ha la sua legittima richiesta e quanto appaia triste la condizione di chi potrebbe rispondere e sfamare richieste come la sua e non lo fa.

Sarebbe bello un mondo fatto di leggerezza assoluta, dove normalità e diversità vivono in reciproca sintonia e benevolenza, in reciproco supporto e comprensione. Dove non esiste il bisogno di rivendicare sé stessi e come si è o di nascondersi dietro a squallidi egoismi per paura di ammettere di paura. Perché è proprio così, Luca, in questo idilliaco mondo non dovrebbe esistere la paura, quella contro cui abili e diversamente abili combattono per
la propria vita tutti i giorni. Non faccio distinzione tra lei che rivendica i suoi giusti diritti e chi vive egoisticamente la sua vita. Siamo persone fatte di carne e anima che soffrono e che cercano di vivere al meglio il contorto percorso che gli è stato messo davanti. Chi vive situazioni di maggiore disagio è vero che ha maggiori ragioni di rivendicare il proprio diritto a voler stare bene ma non lo può pretendere da chi questi disagi non li vive. Chi non li vive non sa nemmeno di cosa si tratta e pure quando decide di capire di cosa si tratta, perché decide di
condividere con lei pezzi piccoli o grandi di vita, è spaventato dal fatto di non sapere come aiutarla quando lei sta male, è spaventato perché si sente impotente e incapace di poterla aiutare nel momento del bisogno. Lei è un impegno che mette paura e la paura si sa che fa brutti scherzi. Ma alla paura si può reagire, mi può giustamente obiettare lei, ed è quello che mi auguro possa fare ognuno di noi in positivo, mi auguro che lei possa incontrare un’anima
disposta a starle accanto anche quando si vivono momenti meno felici, senza preoccuparsi di quello che si riesce a fare o non fare, l’importante è esserci.

E per quanto riguarda la sua ultima riflessione, le carte la invitano a usare maggiore indulgenza, nei confronti degli altri ma soprattutto di se stesso: nessuno la condannerebbe se guarisse e decidesse di vivere con o senza coerenza, a giudicarci ci pensa già la nostra coscienza.

Scrivete a

sibillarispondea@gmail.com

Mostra altro

#lapostadisibilla

21 Ottobre 2014 , Scritto da Mari Nerocumi Con tag #mari nerocumi, #lapostadisibilla, #psicologia

#lapostadisibilla

Cara Sibilla,

ultimamente ho notato che la mia migliore amica non si comporta come al solito.

In un primo momento ho pensato che si trattasse di una cosa passeggera, quando ho visto, però, la sua reazione ripetersi, sono rimasta male e ora non so se posso definirla più migliore amica.

Ti spiego:ho da poco trovato lavoro in una pasticceria importante del mio paese. Sono appassionata di cake design e dopo svariati corsi, sto finalmente coronando il mio sogno per quanto riguarda il lavoro. Inoltre, presi dall’entusiasmo di questa novità, io e il mio ragazzo abbiamo deciso di sposarci.

Quando ho raccontato del lavoro a Rosanna, questo è il nome della mia amica, ho notato che mi guardava a malapena in faccia e ascoltando a fatica quello che le stavo dicendo continuava a chattare col cellulare senza mostrare alcun segnale di contentezza per quello che mi stava succedendo. Ci sono rimasta male ma ho comunque pensato che qualcosa in quel momento la stesse infastidendo e volendo approfondire la cosa mi sono dovuta accontentare come risposta di scuse generiche, inventate al momento.

Ora, non mi sarebbe più tornato in mente questo episodio se non si fosse ripetuto quando ha saputo della decisione mia e del mio ragazzo di sposarci.

Mi affligge abbastanza non poter condividere con lei gli avvenimenti felici come facevamo quando eravamo ragazzine… aiutami ti prego!

Nicla

Gentile Nicla,

proprio in questi giorni leggevo un articolo su un’importante testata giornalistica che racconta di come è difficile oggi comunicare agli altri i nostri momenti di felicità. Non so se in altri tempi la mente funzionasse diversamente ma oggi sembra che quando racconti agli altri, specie se persone amiche o care, gli eventi straordinari che ci possono capitare, questi rimangono alquanto esterrefatti perché si sentono esclusi e distanti.

Sai, ti confesso che mi sono ritrovata nelle tue parole e ho rivisto scene passate della mia vita simili a quelle capitate a te per cui la faccia che ha fatto la tua amica non mi era nuova … e di sicuro non sapevo dare un nome a tutto questo. A dargli un nome invece ci ha pensato uno studio pubblicato sulla rivista "Psychological Science", per il
quale, più sono sensazionali le nostre novità, e più allontaniamo chi ci sta a
cuore.

Una vera e propria maledizione la definirei … difficile da annullare persino per le tavole
sibilline, anche perché non solo il nostro interlocutore si allontana ma anche noi che raccontiamo ci rimaniamo malissimo se tutta la felicità che vogliamo trasmettere svanisce quando chi la dovrebbe condividere se ne frega.

Probabilmente, come mi suggeriscono le tavole, il nodo cruciale sta proprio nelle tue parole, quando dici “come facevamo quando eravamo ragazzine”…

Dopo una certa età probabilmente sono tante le strutture e i complessi mentali che
ci creiamo che, per un istinto di sopravvivenza primordiale, un attaccamento morboso a quello che siamo o vorremmo essere, non riusciamo più a riconoscere la naturalezza e la purezza di certi sentimenti di apertura all’ascolto e alla condivisione.

Lo studio c’avrà pure ragione ma non dice che rosicare è un’abitudine che nuoce gravemente alla salute. La tua amica si sarà pure allontanata a sentire te che stavi al settimo cielo ma forse perché lei (per ragioni che stanno solo nella sua testa) nel momento in cui tu glielo raccontavi si sentiva al terzo di cielo e come molti di noi sanno, il terzo cielo non è poi tutto sto granché…

Mi fanno poi notare le tavole che, Rosanna, se appartiene alla schiera delle amiche“vere”, non tarderà ad accorgersene e a tornare quella di prima.

Mostra altro

#lapostadisibilla

17 Ottobre 2014 , Scritto da Mari Nerocumi Con tag #mari nerocumi, #lapostadisibilla, #erotismo

#lapostadisibilla

Cara Sibilla,

ho scoperto che mio padre recentemente ha fatto delle avances abbastanza spinte a un’altra donna. “Questa” mi ha chiamato e mi ha raccontato fin nei minimi dettagli le parole che ha usato per convincerla ad andare a letto con lui e per chiedermi di parlarci e distoglierlo dal molestarla. Nonostante il nostro non sia mai stato un grande rapporto di stima reciproca (sai la classica situazione dei ruoli invertiti… figlia saggia e padre scapestrato?) non lo credevo capace di fare e “dire” certe cose. Ora non so come comportarmi, al momento non riesco a guardarlo nemmeno negli occhi. Ho un disperato bisogno di un consiglio. Laura

Salve cari amici, dalla breve mail di sopra avrete capito che chi mi scrive oggi è Laura, una ragazza, o meglio donna, dalla sensibilità spiccata che ci racconta l’ultima malefatta di un padre immaturo e puttaniere. Le tavole divinatorie ci hanno messo un po’ per deliberare una soluzione valida al problema ma alla fine ce l’hanno fatta e hanno sentenziato:

Senza tirare in ballo il classico complesso di Edipo, noi donne, a differenza degli uomini, creiamo nella nostra mente un’immagine quasi sacra dei nostri padri, e a volte lo facciamo anche se non ne siamo pienamente consapevoli (e questo è il caso della nostra Laura).

Dimentichiamo a volte che essi sono pur sempre il nostro primo amore e vorremmo che lo fossero anche quando non corrispondono al nostro ideale di uomo, anche quando fanno cose che non ci piacciono, per intenderci. Il fatto è che ci dimentichiamo che sono persone normali con pregi e difetti come chiunque… li riteniano al di sopra...

Per cui ci sentiamo offese quando il comportamento di questi si dimostra lontano da certi schemi che noi consideriamo morali o etici o addirittura di importanza ancora minore.

Infatti questa mail mi ha portato alla mente un ricordo di qualche tempo fa su mio nonno…

Mia madre (che adorava suo padre come un dio e lo raccontava a noi figli come un personaggio delle favole dalla dolcezza infinita) un giorno incontra al mercato una vecchia vicina di casa, coetanea dei suoi genitori, che tra chiacchiere e vecchi ricordi si lascia sfuggire che mio nonno all’età di 20 anni era già vedovo e che sposò mia nonna dopo nemmeno quattro mesi dal primo incontro.

Mia mamma incredula e riluttante a una verità a lei sconosciuta (il fatto che fosse vedovo) cerca di liquidare la vicina e la verità confutando i fatti con uno scambio di persona dovuto ad arteriosclerosi avanzata de’ sta povera vicina.

Non può dirsi più bugie quando arriva al confronto con le sue sorelle… per non portarla per le lunghe mia mamma sessantacinquenne nei sessantasei per questa “verità nascosta” ha pianto per due mesi.

Per cui Laura, hai ragione a sentirti ferita e offesa, e per dirtela tutta a mo’ di sfogo (visto che devi fare i conti con “l’essere persona” di tuo padre) le tavole ti autorizzano a dargli un bel vaffa…ulo, a riconciliarvi e a perdonarlo se vuoi ci pensi dopo…

Scrivete a

sibillarispondea@gmail.com

Mostra altro

#lapostadisibilla

21 Settembre 2014 , Scritto da Mari Nerocumi Con tag #Mari Nerocumi, #lapostadisibilla

#lapostadisibilla

Grazie all’arrivo in redazione di diverse lettere e richieste di lettori con problemi d’amore nasce questa nuova rubrica dedicata a chi osa mettere a nudo i propri sentimenti…

Stai parlando della Posta del cuore mi direte… ma da Sibilla cumana dei giorni nostri decido di slegare la matassa dei sentimenti che si affollano nei nostri animi e di non ricucire solo cuore affranti, da Sibilla Cumana dei giorni nostri, incapace di pronunciare oracoli tipo Ibis redibis non peribis in bello (le famose tavolette sibilline il cui ordine decretava il futuro) preferisco avere l’ultima parola sulla vastità di emozioni che ci assale ogni giorno e che nonostante l’intuizione ci avvisi della loro presenza non riusciamo a riconoscere.

In fondo il mondo che ci circonda è come le quattro tavolette sibilline su cui vita e amore si intersecano e per trionfare devono passare attraverso la risoluzione di strani enigmi.

Affidate quindi i vostri cuori alla voce di una Sibilla che, né vecchia né decrepita, né giovane né inesperta, ma intrisa di esperienze legate a feelings’ affair, attraverso questa rubrica cercherà di infondere coraggio in chi ha paura di parlare dell’amore senza cedere alle mode, di ricordare che incontrarsi è divino e non perdersi è umano e che per non perdersi basta imparare a mettere nel giusto ordine le tavolette della vita.

Se siete persone desiderose di ricomporre il puzzle dei vostri sentimenti e della vostra storia d’amore potete scrivere a sibillarispondea@gmail.com

Per chi non fosse a conoscenza del mito, secondo la leggenda, Apollo aveva promesso alla Sibilla cumana, una donna in grado di predire il futuro secondo la tradizione attraverso un foro praticato in una grotta, di esaudire qualunque suo desiderio in cambio del suo amore, ella gli chiese di poter vivere altrettanti anni quanti erano i granelli di sabbia che poteva tenere nella sua mano. Trascurò, tuttavia, di domandare al dio anche l'eterna giovinezza, che Apollo le offrì in cambio della sua verginità. In seguito al suo rifiuto la Sibilla Cumana iniziò ad invecchiare e a rinsecchire fino ad assomigliare ad una cicala e a essere appesa in una gabbia del tempio di Apollo, a Cuma e di cui sopravviverà solo la voce. Alla Sibilla viene attribuito un modo di parlare... detto sibillino attraverso cui è possibile dare una duplice interpretazione ai fatti.... così da non aver mai torto....

La prima lettera, o meglio il primo enigma della tavola dei sentimenti, ce la invia un anonimo che si chiede se sia possibile che una donna si possa innamorare del proprio capo. Purtroppo il nostro amico non specifica se il capo è lui o se sua moglie l’ha cornificato col suo capufficio. Nel primo caso, se si tratta di lui, oserei dire che il nostro amico è un tantino ingenuotto a non sapere il fascino che può esercitare il proprio superiore su una donna. A tal proposito mi è venuto in mente un film che ho visto qualche tempo fa “Secretary” di Steven Shainberg che racconta le varie fantasie sessuali che ruoli quali capo e segretaria possono suscitare sia nell’uomo che nella donna soprattutto per il divertimento erotico che può venirne fuori. E a questo proposito data la tua ingenuità ti consiglio di vederlo senza nemmeno scomodare le tavole per un responso. La commedia finisce anche con un happy end ma in the real life non è sempre così.

Infatti caro amico se appartieni alla schiera dei cornuti cornificati dalla moglie col capo, non ti stai divertendo, anzi ti stai chiedendo come sia potuto succedere a te, proprio a te e ti chiedi se una donna possa innamorarsi del proprio capo perché vuoi ingoiare a tutti i costi questo rospone che tua moglie ti ha rifilato per cena.

In questo caso le tavole le scomodo ma la risposta non è così allegra…

Che tu scelga di perdonare o di buttarti alle spalle la storia con tua moglie, ti aspetta una lunga salita e solo se riuscirai ad arrivare in cima potrai ficcare la tua bandierina sul terreno…

Mostra altro