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Eternit, ingiustizia è fatta
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Eppure il picco di morti dovute all’amianto purtroppo non è arrivato, non ancora, ma questo non è bastato alla suprema corte di cassazione per decretare il fatto che per questa storia solo a Casale Monferrato muoiono fra le 50 e le 60 persone ogni anno perché il mesotelioma e le malattie asbesto correlate non vogliono saperne di andare in prescrizione.
Con la sentenza del 19 novembre non solo si è messo una pietra sopra ai morti di Casale Monferrato e delle altre città che hanno avuto la sventura di ospitare fabbriche dove si lavorava l’amianto ma si è già provveduto a seppellire i morti futuri. E se la sentenza precedente, che vedeva la condanna di uno dei due titolari della fabbrica Eternit di Casale Monferrato, aveva aperto porte inaspettate verso una giustizia vera ed era già diventata un esempio per la giustizia per le morti sul lavoro nel mondo, con la decisione della Cassazione un colpo di spugna cancella la già fragile fiducia che in Italia si ha della giustizia.
Triste, doloroso vedere i parenti piangere davanti al Palazzaccio di Roma. Triste e doloroso perché i loro padri, madri, fratelli, sorelle, nipoti, mariti, mogli sono stati uccisi un’altra volta a base di cavilli legali. Una mancanza di pietà mascherata da presunta giustizia da azzeccagarbugli. Un’offesa ai morti e ai vivi.
Il mesotelioma pleurico è democratico, non fa distinzione di genere e di censo, di chi lo ha lavorato o di chi nemmeno sapesse cosa fosse. La malapolvere si insinua, si infiltra e colpisce senza pietà. Un assassino silenzioso di cui Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier De Marchienne (morto tranquillamente in tarda età nel suo letto) non sapevano nulla al punto che quando si è capita la pericolosità dell’amianto hanno chiuso le fabbriche. Ma all’improvviso sono sorte fabbriche di Eternit in paesi in via di sviluppo dove la sicurezza sul lavoro è un’utopia. Basterebbe riguardarsi il bellissimo documentario Polvere di Nicolò Bruna.
E a Casale Monferrato, una comunità che non si rassegna a morire in silenzio, si è ritrovata per manifestare rabbia, tristezza e onorare i propri morti, cosa che non è riuscita a fare la Giustizia.
Luca Cavallero Marco Fiorletta
Vengo da lontano ma so dove andare
E così anche Landini cade nella trappola della provocazione e si fa sfuggire una frase inopportuna. Senza andare tanto a rimestare se è una citazione precisa, un'estrapolazione, una interpretazione
Ricordando le vittime di Costa Concordia
Ci sono eventi che per la loro tragicità forgiano eroi o vili.
Il coraggio, come la paura, non si imparano... o siamo predisposti a diventare eroi oppure siamo solo degli egoisti, pure narcisisti quando tutto va bene. Il resto è tutta gente comune... milioni di persone che vivono la normalità della propria realtà, tra gli Eroi e i vigliacchi, che troppo spesso ne condizionano anche la loro esistenza.
Finché non si è travolti dall'evento, non si può sapere neanche di che pasta siamo fatti. E pertanto questo, per quanto deprecabile, è forse l'unico motivo che mi fa pensare se per viltà si dov'essere pure condannabili.
Ma se nella codardia si aggiunge la falsità fino all'ultimo, non solo per portare a casa il proprio culo sano e salvo, ma anche preventivamente pensando al dopo, a come uscire anche da altre responsabilità, questo non può essere giustificato.
Mentre la gente moriva o scampava alla morte, il Capitano continuava a pensare solo a se stesso... a come non peggiorare la sua già grave situazione per le scelte imperdonabili e sciagurate decise con il suo potere, forse per apparire ancora più bello agli occhi dei più.
Io non sono nessuno... solo una persona che vive la quotidianità... certamente, tantomeno, un Capitano coraggioso. Ma almeno così non rischio di essere un uomo di merda!
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Ad un anno dalla tragedia, vogliamo ricordare le trentadue vittime con la speranza che la Costa Concordia non sia un altro Moby Prince: GIUSTIZIA !
http://www.livornomagazine.it/redazione/Costa-Concordia-anniversario-tragedia.htm