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Cerca risultati per “Aldo Dalla Vecchia Vita da giornalaia”

Radioblog: "Riglione" di Massimiliano Bacchiet

29 Marzo 2018 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #radioblog, #interviste, #vignette e illustrazioni, #eva pratesi, #luoghi da conoscere, #audioletture, #storia

 

 

Quando Massimiliano Bacchiet al Pisa Book Festival 2017 mi ha parlato del suo libro, mi ha detto che ha voluto dedicare la sua prima pubblicazione “alla su Riglione” prima frazione e oggi quartiere di Pisa, raccontandocene curiosità, aneddoti, vicissitudini politiche e sociali.

In questa lettura ascolterete un singolare episodio che racconta del primo sciopero del quale si sono rese protagoniste due donne dai nomi tutt’altro che rivoluzionari Santina e Assunta.

Buon ascolto!

 

Riglione. Questa centrale e laboriosa borgata. Vita sociale e politica 1861-1948 di Massimiliano Bacchiet - BFS Edizioni.

 

Per contattarci: radioblog2017@gmail.com

Illustrazioni a cura di Eva Pratesi: www.geographicnovel.com

Musica: Sinfonia n.1 in Re maggiore “Titan” di Gustav Mahler da www.liberliber.it 

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Vigilia di Natale

24 Dicembre 2017 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #unasettimanamagica

 

 

 

 

Oggi, ad esempio, consegni le pizze, triste fattorino, in questa sera ascensionale ch’esala, nella neve, dall’asfalto al cielo. Vorresti fare il traduttore, cambiar lingua alle parole, ma ti obbliga a tutt’altro la realtà. «Pazienza, mi rassegno», hai deciso già da anni. E mentre i due lampioni chini sulla via, cioè il vicolo piccino che attraversi proprio ora, ti ricordano l’infanzia, rifletti un poco più sereno sulla cupa delusione esistenziale che t’infesta sia la vita che le tante sfacchinate, vagabonde e assai randagie, d’ogni giorno; e concludi i tuoi pensieri rivolgendo una preghiera all’amico preferito, il tuo... Babbin Gesù: «Fa’ che il lavoro mi nobiliti la rabbia...».

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Nadia Banaudi, "Vita e riavvita"

28 Novembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

Vita e riavvita

Nadia Banaudi

Bookabook, 2017

pp 414

16,00

 

Il libro è capitato nelle mani sbagliate, perché altrove sarebbe forse apprezzato più di quanto possa fare la sottoscritta. Nel senso che la Banaudi è brava ma io non amo questa scrittura femminile dove succede sempre qualcosa che fa cambiare improvvisamente in meglio la situazione, dopodiché tutto sembra girare per il verso giusto e la vita si “riavvita”, riparte, anzi, viene rilanciata verso uno zuccheroso lieto fine. Peccato che nella realtà le cose non stiano per niente così, peccato che i cambiamenti, se ci sono, non avvengano in un attimo ma abbiano bisogno di lunghi periodi di decantazione e maturazione per potersi sviluppare, ammesso che si possa davvero cambiare, ammesso che ciò che siamo non ci perseguiti per sempre, ammesso che il binario morto sul quale siamo arenate non resti tale all’infinito.

La Banaudi somiglia a molte altre narratrici che parlano di rinascita muliebre (Musella, Masserotti, Fabbroni, Cabras), che disegnano donne sconfitte e depresse, capaci, come dicevamo, d'innescare la svolta cruciale. Nadia Banaudi, però, in Vita e riavvita ha senz’altro una marcia in più per come sa raccontare i sentimenti e le sfumature dell’animo e per quella gradevole struttura con la quale è stata in grado di legare un racconto all’altro – ché di cinque racconti lunghi trattasi.

Nella cornice di un bar si svolgono le vite delle protagoniste, alcune alle prese con problemi molto concreti, come il lavoro precario, il sovrappeso, la vedovanza, la gestazione. Le loro esistenze sono tracciate con tocchi veritieri e molta sensibilità: sappiamo cosa mangiano, come si vestono, quanto pesano, cosa leggono e che musica ascoltano. Sappiamo, soprattutto, cosa pensano e cosa provano. I moti del loro animo sono ben descritti, molto bella La storia di Sonia e Manuela, perfetta, commovente e coinvolgente l’immedesimazione con l’animo di una bambina infelice e abbandonata a se stessa.

Le situazioni descritte non sono mai indeterminate bensì concrete, il cibo, gli oggetti, le azioni sono piccole cose specifiche e quotidiane che fanno venire in mente Pascoli e Gozzano dei giorni nostri.  In alcune storie, però, come in quella di Amalia e il gatto, il realismo diventa magico, trascolora in sogno e fantasia. I cinque racconti sono, a tutti gli effetti, cinque fiabe, dove la bacchetta magica c’è ma non si vede, scaturisce dal risveglio interiore.

Il fuoco della narrazione è interno ai personaggi ma si sposta in continuazione dall’uno all’altro.  La Banaudi scrive bene, ha anche qualche trovata geniale, come la ragazzina che “di lavoro fa la bambina”. Dispiace, perciò, riscontrare un paio di svarioni che gli editor non hanno corretto. E i dialoghi a volte suonano artefatti, improbabili.

Nel complesso, un’autrice che ha da lavorare tanto per liberarsi di certe eccessive quotidianità, per rendersi più universale, per  volare ancora più alto, ma che ha anche già un’ottima base dalla quale partire.

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L’altra Grace: l’inquietante miniserie marcata Netflix e ispirata a una storia vera

3 Febbraio 2018 , Scritto da Federica Cabras Con tag #federica cabras, #televisione

 

 

 

 

Fatta apposta per chi non ha tempo né voglia di iniziare a vedere una nuova serie – di quelle che vantano otto dieci stagioni da venticinque episodi l’una –, L’Altra Grace è una miniserie Netflix inquietante – molto! – ma anche certamente interessante. Tratta da un romanzo di Margaret Atwood e ispirata a una storia vera, la serie narra le vicende di Grace Marks.

Siamo nel 1843 quando Grace Marks, domestica non ancor sedicenne, viene accusata di aver tolto la vita al suo padrone, Thomas Kinnear, e alla governante incinta di Kinnear, Nancy Montgomery. McDermott, tuttofare che eseguì – pare – materialmente il delitto, viene impiccato; poco prima di perdere la vita con un cappio intorno al collo, sputa tutto l’odio per Grace, che accusa in modo molto duro.

Malgrado lei sostenga a gran voce di essere innocente, sono varie le testimonianze che la inchiodano. Ecco perché è condannata al carcere a vita.

La serie inizia proprio dopo quindici anni da questi fatti delittuosi. Grace è chiusa in un penitenziario ed è costretta ad affrontare le angherie più crudeli.

Il dottor Simon Jordan deve redigere una relazione su di lei, sulla sua presunta innocenza; questo potrà forse donarle nuovamente la libertà.

Fin dal primo colloquio, Grace racconta a Simon il suo passato con estrema precisione ma anche con una calma innaturale; talvolta, nella sua testa volano dei ricordi – quasi sempre molto duri, molto forti – ma lei non fa una piega. I maltrattamenti al manicomio – dove è stata prima di finire al penitenziario – ma anche la sua vita precedente di serva tuttofare in case ricche. Il dolore della morte. La tristezza del duro lavoro. La convinzione di non poter andare oltre, di non poter crescere. Le violenze e i brutali colpi. Il suo sguardo rimane imperturbabile. Dà a Jordan la sua versione, sempre china sul fazzoletto che sta ricamando salvo che per guardare il medico con sguardo indagatore, intenso. Nei suoi occhi di ghiaccio – è una donna molto bella, il suo sguardo è conturbante –, freddezza e dispiacere – quello che viene fuori quando, suo malgrado, si lascia andare in elucubrazioni e in riflessioni personali e non filtrate da una mente arguta. Poi, quando le sembra di essere andata oltre, quando le sembra che il dottore la guardi con fin troppo ardore, si ritira. Per tutti e sei gli episodi, gli occhi rimarranno incollati allo schermo della tv.

Grace è innocente o colpevole? Ha ucciso o no i due, senza pietà alcuna?

È molto religiosa, sì, ma ha anche un atteggiamento di forte condanna verso il peccato; Nancy era incinta del suo padrone e questo la disgustava. L’ha uccisa per questo? Ha ucciso l’uomo per lo stesso motivo? Per il peccato fatto agli occhi di Dio?

Poi torna una ragazza normale, dolce e singolare, con la paura del sangue e della morte. Ci confonde, gioca con i nostri sentimenti e con la nostra mente, Grace Marks. Ci sfida a un gioco che sa di oscuro, di male, di tenebre. L’ultimo episodio arriva e non ce ne rendiamo conto. Non ci sfama. Per questo, forse, non basterebbe una serie da trecento episodi.

 

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Patana

13 Marzo 2013 , Scritto da Fabio Marcaccini Con tag #fabio marcaccini, #poesia

Patana. Niente più si muove.
Il sole invoglia al tuffo
immergersi è un invito a rilasciare
il sale, da questa pelle e dal sudore.

Freschezza di emozioni
non più giovani né mai mature,
sopite, rilassano le membra,
riemergono anche il cuore
per farlo galleggiare, accoccolato,
dal maestoso mare.

Sospinto verso l’alto, sospeso con fiducia,
dipingo ad occhi chiusi i colori della vita,
il senso ai miei ricordi, le gioie e i delusi.

Ora, libertà. Pace è intorno,
la terra è a distanza
voglio incontaminarmi al cielo,
sotto di me resta il profondo
ma non dà più pensiero.

Mi muovo appena-appena e nel silenzio
lo sguardo vola in alto,
riassapora ogni momento
nel rincorrere il rimorso.

Le labbra si serrano tra i denti
poi un sospiro grida al mondo:
“non c’è traccia di rimpianti”.

Patana
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Carlotta Nobile, "Il silenzio delle parole nascoste"

6 Maggio 2016 , Scritto da Adriana Pedicini Con tag #adriana pedicini, #recensioni

Carlotta Nobile, "Il silenzio delle parole nascoste"

Il silenzio delle parole nascoste

Carlotta Nobile

Aletti editore

2008, ISBN 88-7680-675-X

Il silenzio delle parole nascoste è la prima prova letteraria di Carlotta Nobile, un racconto sincero del suo nascere e crescere prima come fanciulla e poi come giovane donna, con tutti i turbamenti e i palpiti di gioia propri delle due età, ma con un qualcosa in più, con uno speciale spessore di sensibilità, dannazione e privilegio per l’anima che ne è posseduta.

“Un silenzio interiore, una confusione ovattata che in realtà non è fuori, ma dentro di te”.

È questo che leggiamo nella prima pagina dell’opera di Carlotta Nobile. Pur giovanissima, Carlotta percepisce infatti la frattura tra l’essere e il sembrare, tra l’interiorità e l’esteriorità, percezione da cui inevitabilmente deriva il dissidio tra sogno e realtà, tra rinuncia e desiderio, tra luce e buio; e poi ancora il senso di inadeguatezza rispetto a una condizione da cui vorrebbe fuggire. Ma certo non dal mondo affettivo che la circonda... tale disagio è sintomo di una curiosità alta, di un’aspirazione elevata, di uno slancio che vada oltre la mera dimensione esistenziale, i cui vuoti siano facilmente colmabili. Qui non possiamo parlare di vuoto ma di spinta in avanti.

“La voglia di andare... non si sa dove... non si sa quando” E la vita sembra un viaggio lungo con una meta lontana. Essenza di un sogno incompleto che fai di tutto per rendere integro”.( pag. 15)

Parole profetiche che si ammantano di potenza metaforica nelle parole successive:

“Ho sempre sognato di volare...A volte il mio desiderio era talmente forte che mi sembrava sentire la terra allontanarsi sotto di me e il cielo avvicinarsi. Cominciavo a sentirmi più leggera, libera. E volavo. Volavo con l’anima”.

Sono questi i pensieri e desideri concepiti nell’infanzia quando la sua particolare sensibilità le consente perfino di capire che, nei colori della vita, sottile è la sfumatura che divide la gioia dal dolore.

E pur amando “restare colorata” il nero dell’angoscia si stendeva come nera ala sull’animo desideroso di altro. Non capiva bene cosa. Si tenta in simili frangenti di colmare le ferite dell’anima con le consuete esperienze e gli affetti famigliari, soprattutto quelli che rappresentano le radici e il punto di riferimento indiscusso, come, per la Nostra, la nonna, riflesso perfetto della sua anima. Destinato a finire come tutte le vicende terrene lasciando una scia di malinconia

“che persiste dentro. Come il richiamo ammaliante di un mondo che non esiste più, ma di cui si percepisce ancora l’essenza” (pag.15)

Poi l’amore, quello adolescenziale, quello per cui si piange senza motivo, per cui il presente diventa una fiaba surreale.

Intanto la sensibilità procede a lunghi passi se diventa sempre più pressante la domanda.

“Se il mondo attorno a te abbia un senso, se tu stessa possa avere un significato. Ti domandi quale sia il tuo compito, la tua finalità su questa terra, a cosa sia dovuta la tua esistenza.”

Ma non trovi risposta” (pag.27)

In realtà questa affermazione non è la conclusione a cui Carlotta approda. Conoscendo la sua vicenda esistenziale particolare e bellissima, possiamo dire che questo è l’inizio di un percorso straordinario di conoscenza e non solo.

Nell’immensa solitudine che cresce dentro, nonostante sia circondata da persone che la amano, ricorre sempre più impellente la necessità di cercare e porsi domande, mentre si affaccia il timore di non sapere cosa sarà domani.

“A volte mi sento come una piuma nel vento. Libera, ma confusa e spaesata... viaggio nel vento senza una meta, senza una via. Col solo desiderio di continuare a viaggiare. A vivere.” (pag. 35)

A volte mi sento figlia di un altro tempo. Non so dire se sia già trascorso o ancora immensamente lontano... E’ come se i mie occhi avessero visto cose che la mia mente non ricorda, come se la mia anima avesse su di sé il peso di altre vite... (pag.42)

Ci troviamo di fronte a un caso di personalità plurima, di un’anima che riesce a percepire l’altro da sé in un cammino di conoscenza che già si profila come conoscenza del metafisico. Un tumulto interiore straordinario che non cerca la via facile dell’appagamento materiale, né di facili appagamenti terreni.

“Eccomi giunta al confine tra ciò che è facile e ciò che è quasi impossibile. E comunque sempre più sedotta dall’impossibile che dal facile. Come un fiume che per immettersi nel mare sceglie sempre la strada più tortuosa, la più lunga. La più difficile. Forse perché in fondo credo che vincere con facilità sia come perdere. E perdere dinanzi all’impossibile sia come aver vinto”. (pag. 46)

Il racconto di sé continua, che poi non è solo racconto, ma ricordo, meditazione, riflessione, poesia. Come quando con accenti degni di Saffo avverte nel cuore della notte la solitudine immensa dacché perfino la luna si è eclissata.

“Anche la luna beffarda si è dissolta stanotte. E non tornerà”.

La luna che molto frequentemente ricorre nelle pagine ora compagna, ora complice, ora fredda osservatrice dei destini umani. E sembra di avvertire sulla pelle antiche emozioni leopardiane. E ora la luna veglia su un animo svuotato di un sogno d’amore per il quale pensava non potesse mai esserci la parola fine.

Al momento l’unica felicità è la musica, compagna ideale, (pag 57) vincolo d’affetto, sostegno, sussurro, compagna di vita che permetterà l’evoluzione e la crescita. Con lei le sofferenze passano tutte, i dolori interni fluiscono via.

“Con l’orgoglio di aver realizzato il mio sogno, di aver vissuto tutto quello che c’era da vivere, di aver provato tutto quello che c’era da provare”.

...QUESTA PER ME è LA FELICITA’. (pag.59)

Non una felicità esclusiva come magari umanamente è desiderabile, ma uno stato di benessere interiore insieme agli altri, alle vite lontane, agli sconosciuti incontrati per strada, agli sguardi incrociati per caso.

“Adoro quando si cerca di stabilire un legame, che è essenzialmente un legame di “condizione” (pag.60)

Per sentire volare la sua anima insieme a quelle di mille altre persone di cui osserva le vite per cercare di comprenderne le sfumature. Eppure il percorso sembra non fornire mai la conclusione, la conquista è difficile e travagliata, e il traguardo non è quello sperato ma bisogna imparare ad accettarlo pena la perdita della serenità, perché, si sa, “nella vita ogni istante è una scelta”.

“E il dolore in questo aiuta. Aiuta a continuare a crescere... ad andare avanti. Per trovare un giorno la via giusta”. (pag70)

Mai abbandonare i propri sogni, lottare perché si realizzino. Nella vita come nell’amore.

“Da oggi in poi sarò l’artefice delle mie emozioni... del mio destino. Anche se credo che tutto sia già più o meno scritto”. (pag.71)

“Tutta la mia passione sembra ora rivolta altrove. Ad una dimensione di cui non so nulla. Ma che mi chiama a sé con tono persuasivo e seducente”. (pag 71)

Credo che, pur ammettendo la totale inconsapevolezza adolescenziale della portata di tali pensieri, sia questo il discrimine che fa della vita di Carlotta una vita diversa, una vita, se possibile, predestinata o semplicemente prescelta dall’Alto. Ella confessa di percepire un’altra se stessa, diversa e uguale a quella che l’ha preceduta.

“Le ultime lacrime sanno di voglia di volare via... di speranza... di forza... di avvenire. Di Addio” ( pag.72)

È come se una volontà incosciente agisse alle sue spalle, segno, da una parte di un impulso alla realizzazione di sé, dall’altra di un desiderio di travalicare la vita alla ricerca di una dimensione più totalizzante. Una capacità di saper anche tramontare pur di affermare nuovi e più autentici valori. Tanto più che Ella crede che:

“Quando perdi una persona è solo la sua forma a cambiare, non la sua essenza.

E i frammenti di noi continuano a vivere nelle persone che abbiamo amato. Perché ormai fanno parte di noi.

E’ questo il vincente coraggio del distacco” (pag.71)

Riflessioni che lasciano sgomenti per la virtù profetica delle parole. Ma come poteva un’adolescente presentire il suo futuro, inconsapevolmente, e raccontarselo, a 16 anni? Si rivede a 14 anni piangere tutte le lacrime del mondo ma non per una perdita, per un sogno infranto, ma perché avverte la presenza

“...dell’amore per qualcosa di più grande di me, di noi, della razionalità, della pazzia. Questo pianto ha il sapore di una violenta passione”. (pag. 73)

Tutto può essere interpretato con valore metaforico, ma questa passione violenta, questo amore capace di accompagnarla nei meandri dell’anima e farle scoprire una parte di sé fino a quel punta ignota, per ora è la musica che

“mi purifica ogni giorno, raschiando le scorie interne della mia mente e del mio cuore”

“Io sono rinata così, con il violino adagiato sulla spalla...e per la prima volta nella mia vita piango di gioia” (pag 76)

E ancora:

“Voglio entrare in quel mondo (della musica) intenso e sconfinato che però non mi spaventa”. (pag 75)

Le suggestioni metaforiche sono facili, a posteriori, sono facili, ma non è quello che importa ora, bensì seguire il processo di maturazione, scoprire l’attenzione che la fa consapevole di ogni peculiarità, della insignificanza e della necessità di ogni cosa, dell’evoluzione interiore che sta percependo.

“A volte perdo pezzi di me, mi lascio crollare giù dai dirupi emozionali. Cavalco mondi paralleli che percepisco ma non comprendo” .

“Guardo dentro il buco del tempo e la mia anima vibra su note scomposte, su suoni indomiti che non riesco più a contenere”.

“In questo giorno che sento infinito sento il sipario calare su un io che forse morirà ancora prima di nascere” (pag 83)

Bisognerebbe leggere tutta la confessione con se stessa, bellissima e densa di afflato poetico, che si serve di parole il cui senso profondo sfugge. Si avverte solo un tumultuare di passioni, di sensi sconvolti, di visioni oniriche che l’allontanano sempre più dal reale, dal mondo. Una forza irresistibile, ammaliante possederla tutta, forte come l’amore, come la musica, da cui non riesce a liberarsi.

“E’ una libertà falsa la mia. Sono un angelo inquieto che vola in una stanza oscura. Sono un’aquila che non ha mai visto il cielo”. (pag.85)

“Io...principessa di un regno che non esiste più. Che forse non è mai esistito”.

“Gli occhi sono gocce di anima che cadono giù lente... sono infinito racchiuso in uno sguardo. Sono “oltre” (pag 86)

Lo sguardo acuto di Carlotta riesce a distinguere tutta la molteplicità delle maschere, degli atteggiamenti fasulli che quotidianamente esprimiamo, delle scelte che operiamo guidati di volta in volta da sentimenti o risentimenti, ma comunque sempre in condizione di schiavitù dell’anima. Nel fiume della vita vede parti di sé, per così dire, superate e non più significative, scomparire per sempre tra i gorghi, mentre nuove gemme fioriscono sull’anima che rinasce dopo “l’agonia dello spirito”, dopo “la piccola-grande battaglia contro l’altra me”. E soprattutto dopo aver creduto alla favola bella della Vita ed esserne rimasta delusa, perché il finale di felicità le è stato sottratto, perché la Vita nel suo narrare e narrarsi aveva omesso di dire che spesso i sogni non si avverano. Tutte le illusioni deluse, tutte le promesse svanite.

“Illusi e sciocchi noi poveri umani. Burattini mal fabbricati che ballano una danza di cui non conoscono i passi su un palcoscenico di cartone che può cadere da un istante all’altro. Che è la nostra vita” (pag 93)

Eppure Carlotta non si arrende dinanzi alla confusione, alla difficoltà, alla sconfitta.

“Eccomi di nuovo qui a cercare disperatamente qualcosa che non so cosa sia e che, pur sapendolo, so che non riuscirei a trovare. Ma che, proprio per questo, è ancora più ammaliante, più bello”. (pag 102)

Intanto la vita prende il sopravvento, amata, cercata, goduta nelle piccole cose, nella musica diventata Arte, ricerca dell’emozione più profonda e più irraggiungibile.

“Eccomi qui a vivere nella ricerca della bellezza, del sublime. Sotto qualsiasi forma”. (pag 103)

Ormai maturata, cresciuta, Carlotta non rincorre più traguardi esterni e la sua ricerca, che prosegue incessantemente, è rivolta dentro di sé. Ci sovviene di Sant’Agostino d’Ippona:

“In interiore hominis abitat veritas”. (De vera religione, XXXIX) La fanciulla “petrarchesca” ascende al monte dell’arte, della bellezza attraverso la musica, la poesia, la natura.

“Voglio vedere il sublime... nella mia vita” e aggiunge ”quello totalmente imperfetto. Quello dell’Arte” (pag 104)

Ecco disvelato il senso delle parole nascoste, dei pensieri rimasti a lungo celati, che hanno preteso di prendere forma non perché rimanessero parole d’inchiostro sulle pagine di un libro, ma rimanessero anima. Anima da donare, anima da condividere.

“Non più silenzio ma grido".

“Il grido delle parole nascoste” (pag.107)

Violinista e laureata con lode in Storia dell’Arte, Carlotta Nobile divide i suoi ventitre anni fra attività concertistica e studi universitari. Diplomata in violino a 17 anni con lode e menzione, si è perfezionata a Londra e Salisburgo. Ha al suo attivo poesie edite e inedite e sta incidendo un CD con l’opera omnia per violino e pianoforte di Ernest Bloch, per l’esecuzione della cui musica ha conseguito la “Bloch special mention” all’International Ibla Grand Prize 2008.

Considera questo suo primo, scritto a 16 anni, una fotografia fedele di una ragazza nella quale fatica a riconoscersi. Ma a cui guarda con tenerezza e affetto, consapevole che fra queste pagine abbia preso forma e consistenza la donna che sta diventando e che a soli 24 anni diventerà, libera delle spoglie terrene, un Angelo di rara bellezza e virtù.

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Fabio Izzo, "I cavalieri che non fecero l'impresa"

7 Maggio 2016 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

Fabio Izzo, "I cavalieri che non fecero l'impresa"

Fabio Izzo

I cavalieri che non fecero l'impresa

Terra d'ulivi Edizioni - Euro 13 - Pag. 135

Fabio Izzo lo conosco da quando ha cominciato a pubblicare racconti, per il semplice motivo che il suo primo editore sono stato io, prima sul Foglio Letterario rivista e subito dopo nella collana narrativa. Ricordo ancora l'editing sul suo primo libro, Eco a perdere, roba del 2003 se non vado errato, ma ancora in catalogo, passando per Balla Juary, Doppio umano, Il nucleo... Fino a To jest e l'esperienza esaltante della partecipazione al Premio Strega 2014. Può darsi che non sia obiettivo quando leggo Fabio Izzo, ma lo considero un grande letterato, uno scrittore che se ci fosse una giustizia ed esistessero ancora i talent scout non pubblicherebbe con Il Foglio Letterario e con Terre d'ulivi, ma con Mondadori.

Izzo proviene dalla terra di Pavese, tra il Monferrato e le Langhe, un luogo difficile da abbandonare, e nel suo ultimo romanzo racconta il senso di appartenenza alla provincia, si sofferma sulla vita che passa e dispensa sconfitte, sottolinea il distacco da un mondo vuoto e superficiale dove non resta il tempo per fermarsi a pensare. Izzo scrive un romanzo che vede protagonista un autore di fumetti a disagio con la vita, in cerca d'amore e di certezze, ma soprattutto a caccia di un'etera musa ispiratrice e della giusta dimensione per narrare storie. Hildebrando Aristolakis è il nome d'arte del nostro cavaliere destinato a non fare l'impresa, che lotta contro i mulini a vento di una società che vorrebbe cambiare ma è perfettamente consapevole che non riuscirà mai a farlo. Il romanzo racconta il distacco tra uomo e superuomo, più semplicemente tra la dimensione esteriore e la rappresentazione più intima del nostro essere.Tema portante l'impossibilità di concretizzare i propri sogni, di trasformarli in realtà, ma anche il riuscire a vivere nonostante tutto, accontentandosi della propria dimensione provinciale, ai margini della vita che pulsa, lontano dalle metropoli.

Non è una scrittura facile quella di Izzo, intrisa di rimandi letterari, anche ad autori poco noti al grande pubblico, ma importanti nella formazione dello scrittore. Izzo contamina cultura alta e cultura bassa, letteratura e fumetto, parla di calcio e ricordi, di provincia e metropoli, di Pavese e attaccamento alle proprie radici.

Termino la lettura di questo breve ma intenso romanzo e mi pongo una domanda: perché non l'abbiamo pubblicato noi? Non sarebbe cambiato niente, chiaro, ma mi prende una strana tristezza quando leggo un romanzo che rappresenta un'occasione perduta, che profuma di rimpianto. I cavalieri che non fecero l'impresa è un impercettibile tassello di narrativa utile in un mondo letterario pervaso dal niente pubblicizzato con grande strombazzamento mediatico. Se riuscite a trovarlo, leggetelo. Per parafrasare un dialogo tra i personaggi del romanzo, non vi cambierà la vita ma ve la renderà migliore.

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Radio Blog: Cesare Pavese

12 Dicembre 2018 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #radioblog, #eva pratesi, #vignette e illustrazioni, #gordiano lupi, #personaggi da conoscere

 

 

Cesare Pavese scrittore, poeta, traduttore ma soprattutto uomo. In questa chiacchierata con Gordiano Lupi, scrittore e direttore editoriale de Il Foglio letterario, abbiamo ripercorso alcune fasi della vita di questo grande interprete della letteratura italiana del Novecento: l'attaccamento alla terra natia, l'esperienza del confino, gli amori tormentati e quasi mai corrisposti, le grandi traduzioni, fino ad arrivare al Premio Strega e alla morte da lui spesso invocata e alla fine voluta.
Un omaggio che speriamo sarà gradito dagli amanti di Pavese come da coloro che, incuriositi, avranno voglia di saperne un po' di più.

Buon ascolto!

 

A cura di Chiara Pugliese 
 

Illustrazioni di Eva Pratesi - Geographic Novel - www.geographicnovel.com
Musica: www.bensound.com
Per contattarci: radioblog2017@gmail.com

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Radio Blog: L'oroscopo letterario di Zelda Sayre

18 Dicembre 2018 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #radioblog, #loredana galiano, #astrologia, #personaggi da conoscere, #eva pratesi, #vignette e illustrazioni

 

 

"Anticonformista e quasi spregiudicata; bella e capricciosa, ha una personalità molto appariscente, audace, gioviale e ottimista.
I valori spiccati della sua undicesima casa e la congiunzione di Luna e Venere nel segno del Cancro la rendono ingenua, sofisticata e indimenticabile
".

 

Stiamo parlando di Zelda Sayre, meglio nota come la moglie dello scrittore Francis Scott Fitzgerald.
La sua vita intensa, tragica e tormentata è stata sviscerata dalla nostra Loredana Galiano che ha scritto per noi la sua biografia astrologica.

 

Buon ascolto!

 

Lettura di Chiara Pugliese
Illustrazione a cura di Eva Pratesi - Geographic Novel
Testi di Loredana Galiano - https://astromix.altervista.org/
Musica: Bensound

 
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Due rimedi e molta tristezza

2 Marzo 2020 , Scritto da Nicole Con tag #nicole, #i rimedi di nonna rosa

 

 

 

Ciao dalla vostra Nicole.

Non sto attraversando un buon periodo, il mio compagno di vita, il gattone Mufasa, mi sta lasciando. Ha diciassette anni e l’età si fa sentire. Sono molto triste all’idea di non trovarlo più a casa ad aspettarmi.

Per distrarmi vi regalo un paio dei miei trucchi.

Il primo è utile in tempo di coronavirus. Come farsi l’Amuchina gel a casa? Prendete del gel per ultrasuoni bianco, che trovate in farmacia, e usatelo per diluire un cucchiaino di candeggina. Ecco pronto un rimedio disinfettante.

Il secondo è una ricetta per uno scrub di bellezza facile ed efficace. Unite due bicchieri di olio di mais a tre cucchiai di sale fine. Frizionatevi con questo preparato tutto il corpo e terminate con un getto d’acqua.

Vi aspetto per nuovi consigli, sperando che Mufasa non mi lasci troppo presto.

 

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