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Ritorna "L'isola delle Lepri"!

6 Ottobre 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli

 

 

 
 
Con una seconda veste grafica, nonché nuova edizione, torna L'ISOLA DELLE LEPRI!
Quale migliore occasione per chi non lo avesse ancora letto?
 

 

 
Ritorna "L'isola delle Lepri"!
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Il desiderio di Geppetto

5 Ottobre 2022 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

Le Marionette odiano i Burattini e viceversa.

I Peluche odiano le Paperelle di Gomma, tale sentimento è reciproco. 

I Manichini odiano gli Spaventapasseri, un odio vicendevole. 

Le Bambole odiano le Bambole Gonfiabili, un'accanita ostilità decisamente ricambiata. 

Io, invece, strano ma vero, non essendo il loro "giocattolo", li odio praticamente tutti, tra l’altro siamo in guerra. Se la globalizzazione umana risultava una chimera, figuriamoci adesso, visto che le fazioni provavano già avversione in tempi non sospetti. Gli schieramenti, negli ultimi mesi, hanno deciso però di fare una tregua temporanea e di coalizzarsi contro il genere umano. 

Mi trovo barricato in un avamposto militare assieme a un nugolo di soldati con le armi pronte e con la necessità di mantenere un costante stato di allerta, difatti i nemici potrebbero arrivare da un momento all'altro. 

E pensare che, fino a non molto tempo fa, i miei giorni scorrevano tranquilli in una mensola in legno, finché una notte, quella "mezza sega" di Geppetto espresse un desiderio che disgraziatamente venne male interpretato. La stronza della Fata Turchina, calcando un po' troppo con la bacchetta, donò la vita sia me che a miliardi di altri inanimati. 

«Fatina, cosa diavolo hai combinato?»

Queste furono le ultime parole di quello stolto falegname prima di crollare terra, colpito da un infarto.

 

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La collezionista

4 Ottobre 2022 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

Era una collezionista di qualsiasi cosa, aveva iniziato fin da piccola collezionando tappi. Manco a farlo apposta, Il collezionista di ossa era il suo film preferito.

Un'autentica mania ma, Beatrice, mia moglie, era fatta così.

Penso che amasse di più la sua collezione di cappelli. Cappelli di paglia, cappelli da cowboy, cappelli lavorati a maglia e persino alcuni fez acquistati durante le nostre vacanze in Marocco, in un bazar affollato di Marrakech.

La "collezionista" è deceduta l'anno scorso, lasciandomi tutte le collezioni. Seduto sul divano, tra le mani tengo stretta una vecchia fotografia trovata in un cassetto. Questa foto gliela scattai io, ritrae Beatrice che orgogliosamente indica con l'indice della mano destra le sue adorate lattine riposte su uno scaffale.

Indossando un sombrero e affranto dalla malinconia, i ricordi mi fanno compagnia.

 

Nota dell'autore: La collezionista ha partecipato in un altro portale letterario a un laboratorio di scrittura creativa intitolato LA FOTOGRAFIA avente come tema: "Hai trovato una vecchia foto nel cassetto. Pensieri e ricordi."

 

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Erika

3 Ottobre 2022 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

«Cazzo, non posso salvarti se non vuoi essere salvata!» urlò una voce maschile dall'altra parte della cornetta.

La linea telefonica crepitò, Erika in tono apatico rispose che stava attraversando un periodo difficile.

Erika chiuse gli occhi e sospirò, stringendosi la giacca intorno alle spalle. Non voleva morire. No, semplicemente desiderava non esistere affatto.

«Papà, prestami dei soldi!» supplicò la ragazza. 

Clic.

Il tintinnio delle restanti monetine rilasciate dalla cabina telefonica coprirono l'intera imprecazione, monetine che finirono per essere accozzate con delle sgualcite banconote. Quel denaraccio lo ritenne sufficiente per potersi permettere una dose da Khaled, uno spacciatore ben mimetizzato in un angolo lugubre della stazione di Messina Centrale.

***

L'ago le perforò la pelle del braccio sinistro pieno di buchi per entrare in una vena, il confortante intorpidimento dovuto all'eroina riuscì a placare la sgradevole iperattività. Erika, adagiandosi al muro della stazione ferroviaria cominciò ad ondeggiare ed ebbe la sensazione di sentirsi risucchiata in un vortice intriso di luci psichedeliche e cacofonici suoni, fino a scivolare nell'oblio oltre che sul marciapiede

 

 

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Claudio Cherubini, "Uscire da Matrix"

2 Ottobre 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

 

Uscire da Matrix

Claudio Cherubini

Editore: Youcanprint

ISBN: 979-12-20375-29-0

Pagine: 291 p. brossura

Anno edizione: 2021

 

 

Amiamo tutti, chi più e chi meno, la comodità. Ergo, quando siamo costretti o semplicemente se ci viene chiesto di abbandonare la cosiddetta e celebre comfort zone storciamo il naso  e la bocca. E poi vogliamo  pure rispondere seccamente di no, sentendoci talora persino offesi per tale richiesta. Ma scherziamo?

Perché dobbiamo farlo? E brutalmente poi ci chiediamo pure che vantaggi possiamo trarre da ciò. Siamo- insomma - sotto sotto tutti dei gran abitudinari e pensare, anche solo minimamente, di stravolgere la nostra quotidianità, per non parlare poi della nostra stessa vita! No, non ci pensiamo nemmeno. Non ne abbiamo voglia e ne abbiamo una gran paura. Farlo sarebbe - in sostanza - come buttarsi nel vuoto senza un paracadute.  Ma agendo così non ci rendiamo conto che non solo non riusciamo a conoscere  sul serio  il mondo che ci circonda, che è davvero molto vasto e nasconde non solo tante brutture ma anche infinite bellezze, così come il nostro interiore che - se vogliamo - potrebbe rivelarsi ancora più affascinante, oltre che complesso. E se non ci conosciamo sul serio, come possiamo sapere che cosa vogliamo dalla nostra esistenza e da noi stessi? E se non ci capiamo davvero, non siamo in grado di rispettarci e di amarci nel profondo, non solo con la mente ma anche con il cuore e con l'anima. Come possiamo - dunque - illuderci, perché di assoluta e mera illusione, di rispettare e amare gli altri? Cherubini ci invita, tra le pagine della sua seconda opera, decisamente ben scritta, su queste tematiche che prendiamo un po' troppo sotto gamba. nascondendoci dietro al fatto che siamo sempre troppo indaffarati e di corsa per poterlo fare. Ma anche questa è una scusa per non guardarci dentro e per non  lottare per chi siamo. Lungimirante.

 

 

 

Contatti:

https://twitter.com/cherubao

https://www.facebook.com/Cherubao

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Sante Rodella, "Gatti, uomini e tutto il resto"

1 Ottobre 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #animali

 

 

 

 

Sante Rodella
Gatti, uomini e tutto il resto
Sensoinverso Edizioni - Pag. 150 – Euro 14

 

Un libro autobiografico questo Gatti, uomini e tutto il resto, una narrazione intima e profonda, che parte da lutti sentiti e situazioni intime difficili, complicate da pandemia  e isolamento. Per fortuna che ci sono gli animali, verrebbe da dire, siano gatti o cani risolvono il problema della solitudine e della mancanza di affetto, dell’impossibilità di poter avere uno scambio di idee con altre persone. Il protagonista del racconto si sceglie per amico una gattina, subito dopo la morte dell’amata madre, in piena pandemia, che riesce a dare pace interiore e un rinnovato entusiasmo. Sante Rodella, attraverso l’amore per un felino, dedica un libro al gatto come entità assoluta, divinizzata dagli egizi, perseguitata dai cristiani nel Medio Evo, considerata diabolica, vicina a Satana, amica delle streghe. Al centro del libro sta comunque il gatto, visto nel suo rapporto con gli uomini, animale valorizzato da brevi narrazioni dove è sempre in primo piano l’amicizia che cede il passo ai comici rapporti con le gatte e con i cani (del tutto diversi), mentre l’uomo osserva e sorride, alleviando le sue pene. Il materiale letterario è composito, si va dal racconto al dialogo semi filosofico (leopardiano), passando per le riflessioni sulla gelosia e la fedeltà, analisi sui sentimenti, per finire con una serie di storie che vedono protagonista il felino.  Autoironia e introspezione, dialoghi filosofici sul senso della vita e narrativa pura, racconto comico - direi tragicomico, come l’esistenza - e divagazioni sentimentali, il tutto accompagnato da un immanente senso della morte, una consapevolezza dell’età che avanza, segnato dalle parole di un autore profondo, mai banale, consapevole delle cose che (attraverso metafora) vuol dire. Sante Rodella ha pubblicato Liz e dintorni (biografia di Liz Taylor), Il prof. di religione (autobiografico), Ausonia (romanzo storico), Ultimo Divo (biografia non autorizzata di Gianni Macchia). Noi che li abbiamo letti quasi tutti, ve li consigliamo spassionatamente. Sensoinverso, tra l’altro, è un editore serio e capace, che produce buoni libri dall’aspetto grafico accattivante.

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Roberto Mistretta, "Rosario Livatino - L'uomo, il giudice, il credente"

25 Settembre 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #storia, #persoanggi da conoscere

 

 

 

 

Roberto Mistretta
Rosario Livatino - L’uomo, il giudice, il credente
Edizioni Paoline - Pag. 440 - Euro 22

 

Dopo l’ottimo libro su don Ferdinando Di Noto e la sua battaglia in favore dei bambini, Edizioni Paoline affida a Roberto Mistretta un lavoro altrettanto importante - direi quasi indispensabile - sulla figura del giudice Rosario Livatino, già pubblicato sette anni fa, ma rivisto e ampliato dopo la beatificazione di un uomo definito martire di giustizia e della fede. Roberto Mistretta è scrittore conosciuto per i piacevoli romanzi gialli che vedono protagonista il pacioso commissario Bonanno (Premio Tedeschi, 2019), ma anche di racconti per bambini e saggi divulgativi a tema sociale. Rosario Livatino è un personaggio che affascina lo scrittore siciliano, perché è un uomo coraggioso e indomito, appassionato difensore della legalità, profondo conoscitore del diritto e della società, sorretto da una fede forte, convinto che il suo unico compito fosse quello di servire lo Stato. Livatino, il giudice ragazzino, ha compiuto il suo dovere fino in fondo, contro tutto e tutti, questo libro gliene dà merito, sin dalla presentazione evangelica, scritta da monsignor Russotto, che lo definisce l’uomo delle Beatitudini, un giudice santo pur se profondamente uomo, un coraggioso eroe del Vangelo e della giustizia. Mistretta prosegue sul solco tracciato dalla fede, perché avvisa il lettore che il suo libro - oggi più di sette anni fa - è dedicato soprattutto a chi crede nel Vangelo e si propone di mettere in evidenza l’umanità e la profonda spiritualità del giudice ragazzino. Prima di cominciare a scrivere su Livatino, l’autore si reca in pellegrinaggio ad Agrigento e sosta in raccoglimento davanti alla camicia intrisa del suo sangue, quella che indossava il giorno del martirio. Il libro è dedicato a un Beato, a un giudice integerrimo, eroe della fede, servitore dello Stato, che pone sempre Dio e la legge al centro del suo lavoro. Trentotto anni ancora da compiere, il più giovane magistrato ucciso in Italia, il primo a essere dichiarato Beato. Il libro si sviluppa in cinque parti: L’uomo e il magistrato, Le agende specchio dell’anima, Sangue innocente, La vita oltre la morte: i miracoli, Interventi pubblici di Rosario Livatino. Mistretta racconta vita e opere di un uomo cresciuto a pane e diritto, destinato a compiere grandi cose sin dai tempi del liceo e di una doppia laurea, magistrato zelante e meticoloso che indaga su uomini intoccabili e pericolosi, su potenti mafiosi che ne decretano la condanna a morte. Livatino era un uomo schivo, non si lasciava intervistare, non amava la ribalta, neppure le fotografie, preferiva lavorare con passione (persino in ferie!) e compiere il suo dovere senza esibire successi e impegno. Il giudice ragazzino, dopo la morte si è meritato gli onori di un film girato da Alessandro di Robilant tra Comitini, Naro e Agrigento, per narrare la vita e la figura di un magistrato ucciso da quella mafia che aveva cercato di combattere. Mistretta racconta il metodo di lavoro, approfondisce l’uso delle agende che contengono elementi importanti per ricostruire il suo pensiero e il lato umano di un personaggio che soffriva un grande senso di isolamento, cercando rifugio nella fede in Dio. Terribile il capitolo intitolato Quel cornuto lo dobbiamo ammazzare, dove da buon scrittore di thriller l’autore ricostruisce l’organizzazione dell’omicidio e l’agguato a un uomo indifeso, vittima sacrificale di un sistema corrotto. Cosa vi ho fatto, picciotti? Ha appena il tempo di sussurrare il giudice ragazzino, finito da cinque colpi di pistola. Tieni, pezzo di merda! È la terribile risposta che accompagna gli spari. Mitra e pistola, poi un colpo in pieno volto. Mistretta racconta tutto, con stile piano e suadente, grazie a capitoli brevi e testimonianze, con umile partecipazione alla vita di un Beato, di un futuro Santo. Non mancano le parole dei pentiti e i miracoli compiuti, ma anche se non credete al soprannaturale e se non avete fede, il più grande miracolo di quest’uomo è aver affrontato la vita come la morte, convinto di fare il proprio dovere e di servire lo Stato fino in fondo. Leggete questo libro e approfondite la sua esistenza. Vi sarà utile.

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Il fantasma di Alessandro Appiani (2022) di Stefano Simone

24 Settembre 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #cinema, #recensioni

 

 

 

 

Stefano Simone si conferma autore interessante e versatile, cambiando del tutto genere dopo gli ultimi lavori che spaziavano dal fantastico al thriller, con alcune incursioni nel tema sociale e dei diritti umani. Il fantasma di Alessandro Appiani è commedia thriller, qualcosa che in Italia si fa davvero poco, in parte riferibile a lavori internazionali come IT, per il tono e per la presenza dei ragazzini che indagano, fatte le debite proporzioni. Qui ci troviamo di fronte a un lavoro a basso budget che fa del cinema teatrale la sua maggior forza, con interpretazioni credibili da parte dei giovani attori, un cast interessante nel quale spicca la protagonista Rosa Vairo, per espressività e naturalezza. La sceneggiatura di Matteo Simone, Roberto Lanzone e Giuseppe Bollino parte da un romanzo di Gordiano Lupi, senza stravolgerlo nella storia, ma calandolo alla perfezione in un mondo popolato da adolescenti. L’operazione può dirsi riuscita, perché Silvia Lepri (Vairo) resta la ragazza sognatrice che sin dall’infanzia ha la straordinaria capacità di sentire le voci a grande distanza (idea di Aldo Zelli, dal racconto Le voci lontane). Nella versione del cineasta di Manfredonia si avvale della complicità di due amici come Luigi (Mangiacotti) e Carlo (Balta) per investigare su una serie di omicidi che sembrano collegati alla leggenda del fantasma di Alessandro Appiani e del suo castello abbandonato. Spinti dalla curiosità, i tre adolescenti iniziano un’indagine personale, basandosi sui libri di leggende popolari del professor Luisi, uno storico locale che cerca di riabilitare la figura del principe. Mentre la polizia brancola nel buio, sarà proprio il trio a risolvere il mistero. Non diciamo altro sulla trama, perché il film è un vero e proprio giallo con ben quattro omicidi e un colpevole, che lo spettatore scoprirà soltanto verso la fine, nel corso di una sequenza ad alta tensione. Veniamo ai pregi della pellicola, che sono molti, a partire da un cartone animato inziale che racconta la storia del delitto di Alessandro Appiani (episodio storico, avvenuto a Piombino nel 1580) avvalendosi di un singolare quanto originale rap in sottofondo. Pare di essere tornati nel cinema degli anni Settanta, quando spesso le commedie italiane venivano introdotte da un divertente disegno animato. Sara Strafile e Lucia Zullo sono davvero brave e realizzano un prodotto di godibile freschezza. Il film è ben fotografato da Tommaso Visentino, che conferisce le atmosfere giuste alla narrazione, passando senza soluzione di continuità dai toni cupi e giallastri dei notturni ai luminosi esterni. Stefano Simone dimostra di aver raggiunto un buon livello di maturità tecnica, che lo rende capace di affrontare sia i piani sequenza che i campi e controcampi per gestire i dialoghi di un film in gran parte teatrale, come impostazione narrativa. Non mancano le annotazioni d’autore come la scena del dialogo tra il nonno (Potito, molto bravo) e Silvia, dove il vecchio discetta sul valore dei sogni e sulla crudeltà della guerra, senza dimenticare il valore simbolico del binario (ricorrente nei film di Simone) con gli adolescenti che camminano lungo la linea ferroviaria, pronti per affrontare la vita. Il film ha un tono da commedia che non ha precedenti nel cinema del regista pugliese, alcuni personaggi sono volutamente grotteschi e caricaturali, come il giovane scrittore Paolo Lanfranchi (Simone), che parla senza capire il senso delle parole e usa piuttosto che a sproposito (come fanno in molti!). Per non parlare dell’inetto ispettore di polizia (Tricarico) e del suo assistente (Di Trani) che deve sopportare la prosopopea del superiore e la sua arroganza nell’imputarsi meriti inesistenti. Da notare alcune riuscite gag all’interno del castello abbandonato, dove gli sceneggiatori si prendono gioco degli stereotipi del cinema horror di bassa lega. Ottimo Matteo Mangiacotti nella parte dello studente secchione innamorato di Silvia e molto bene Simone Balta, il più giovane del terzetto che porta un tocco di leggerezza alla formazione dei giovani detective. Rosa Vairo è perfetta come indagatrice dell’incubo dotata di poteri soprannaturali, che confida solo al giovane amico Carlo, espressiva e sorridente, mai in difficoltà con la gestione del personaggio. Tra i pochi adulti, spicca l’interpretazione di Carlo Cinque, nei panni di un allucinato professor Luisi, scrittore ossessionato dalla figura di un principe calunniato dalla storia. Nota di merito per Stefano Simone, perché non è facile dirigere giovani attori e farli recitare in maniera spontanea e naturale, senza incertezze di sorta. Termino con il montaggio serrato, che contribuisce a creare suspense nelle sequenze più importanti, come durante la visita notturna al castello abbandonato. Ottima la scelta del suono in presa diretta che conferisce veridicità e spontaneità al materiale narrativo. Colonna sonora come sempre (sin dai tempi di Cappuccetto Rosso) del fido Luca Auriemma, una costante positiva nei film del regista sipontino. Attendiamo novità sulla distribuzione, che crediamo sarà soprattutto televisiva, anche se il film meriterebbe attenzione da parte di cinema indipendenti, festival e rassegne a tema.

 

Regia: Stefano Simone. Soggetto: Gordiano Lupi (romando), Aldo Zelli (idea). Sceneggiatura: Roberto Lanzone, Giuseppe Bollino. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia: Tommaso Visentino. Animazione: Sara Strafile, Lucia Zullo.  Aiuto Regia: Francesco Trotta. Fonici di presa diretta: Giovanni Casalino, Robb MC. Produzione: Running TV International. Genere: Commedia / Thriller. Formato: DCP / Colore. Durata: 84’. Paese di Produzione: Italia, 2022. Interpreti: Rosa Vairo (Silvia), Matteo Mangiacotti (Luigi), Simone Balta (Carlo), Bruno Simone (Paolo Lanfranchi), Antonia Notarangelo (amica di Lanfranchi), Carlo Cinque (Mario Luisi), Sara Pellegrino (amica di Lanfranchi), Gianluca Di Trani (assistente di polizia Righetti), Cory Di Pierro (madre di Silvia), Antonio Potito (il nonno), Pasquale Tricarico (ispettore Franceschini), Moussa Camara (senzatetto che vive nel castello), Isabella Gentile (madre di Lanfranchi).

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Aldo Dalla Vecchia, "Diabolik dietro la maschera"

22 Settembre 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #persoanggi da conoscere, #saggi

 

 

 

 

Diabolik dietro la maschera

Indagine sul Re del Terrore

Aldo Dalla Vecchia

Graphe.it, 2022

pp 102

9,00

 

 

 

Il mio unico ricordo di Diabolik coincide con le scenette che Johnny Dorelli recitava in Johnny sera, uno spettacolo del 1966, dove impersonava Dorellik, parodia, appunto, del fantomatico Diabolik. Ah, i mitici varietà della tv in bianco e nero, dove risaltava la faccia pallida e fintamente sardonica di Dorelli avvolto nella calzamaglia!

Al fumetto Diabolik, Aldo Dalla Vecchia dedica la sua ultima fatica, un saggio intitolato Diabolik dietro la maschera. Diabolik è un personaggio nato nel 1962 dalla fantasia delle sorelle Giussani, per la casa editrice Astorina. Si rifà a illustri predecessori del calibro di Fantomas, Rocambole e Arsenio Lupin.

Precursore e capostipite del fumetto nero italiano, Diabolik è stato un fenomeno trasversale che ha resistito dal 1962 fino ai giorni nostri. Ha come protagonisti un ladro capace di spettacolari trasformazioni, la sua amata compagna di nome Eva Kant – bella, algida e sensuale – e la controparte che gli dà la caccia, il nemico storico, l’ispettore Ginko, affiancato da Altea.

Avvenente, con un fisico scolpito e gli occhi gelidi, spietato ma innamorato e geloso della sua Eva – con la quale costituisce una coppia convivente non sposata, scandalosa per gli anni in cui il fumetto fu concepito – Diabolik è maestro del travestimento, grazie alle maschere con cui riproduce i lineamenti di chiunque. Ha una sua morale ma non è un personaggio positivo e in questo sta il suo fascino perverso.

Sebbene l’argomento sia trattato in modo didascalico e rigoroso, trabocca la passione di Dalla Vecchia per questo fumetto tutto chiaroscuri, patinato, forbito nel linguaggio e sottilmente sensuale senza mai essere volgare. Capitolo dopo capitolo vengono studiate le origini dell’opera, la storia delle sorelle che lo idearono, il personaggio di Diabolik, quello del suo avversario e delle due donne. Si analizzano poi le imitazioni e le parodie – mitica quella di Paperinik –, i tentativi di riproduzione cinematografica, dal trash di culto di Mario Bava alla versione vincente del 2021, il merchandising.

Un saggio ricco di dettagli, aneddoti, curiosità per cultori del fumetto elegante.

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Franco Buffoni, "Betelgeuse e altre poesie scientifiche"

21 Settembre 2022 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Betelgeuse e altre poesie scientifiche

Franco Buffoni

collana «Lo Specchio»

 Mondadori Milano 2021

 pp. 160, € 20,00

 

 

Come lo spazio-tempo che abitiamo è costantemente attraversato dall’eco residua del Big Bang, così i componimenti di Betelgeuse e altre poesie scientifiche sono percorsi in ogni istante da un’ironia pervasiva, che assume le sembianze ubique di una vera e propria radiazione di fondo. Quest’ultima l’autore sa gestirla con maestria; anzi, ben conscio del fatto che l’ironia è solitamente in grado di trasformare in filosofia persino il dolore, Franco Buffoni (fantasticando sulle numerose crudeltà – frivole e frizzantine, si sa! – che l’esistenza quotidiana non manca mai d’infliggere, spietata al volo ed en passant come soltanto lei, e nessun altro, riesce ad essere di norma) si mette a ragionare alacremente, e con humour tanto didattico quanto didascalico, sui molti guai combinati nei secoli dalla nostra ridicola arroganza e ci indica, nella morte, non l’estrema (f)unzione, ma l’estrema autoironia della vita stessa. Il tutto sulla falsariga di un poetare sempre inscritto entro i saldi confini di una mente davvero acuta che, prendendo a pretesto le nozioni scientifiche più disparate, le trasforma in altrettanti simboli della nostra condizione, dandosi a riflettere in piena sagacia sulle sventure pandemiche – nonché gli smisurati vizi e vezzi (mortalmente finanziari) – che affliggono le giornate di noi esseri umani:

«Mentre da Roma cercavo sul Corriere/ Le notizie sul contagio a Gallarate,/ L’occhio mi è caduto sul servizio/ Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee/ Inviate da Curiosity, il rover della Nasa/ che da otto anni vaga sul pianeta./ Il Sole da Marte in un tramonto blu,/ Mount Sharp e il cratere di Gale,/ I sedimenti di un antico fiume/ Rocce meteoriti e dune/ E poi ad un tratto quel pallino chiaro/ The Earth/ La Terra vista dal cortile del vicino/ con le fidejussioni i rogiti i contratti/ Le zone rosse ed arancioni/ Le bare bianche senza estreme unzioni» (p. 141).

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it;pipancam@tin.it)

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