Affascinante
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In Mozambico quasi sempre c'è il sole. Tutti i giorni mi sveglio presto per incominciare la giornata, ma la luce è più veloce di me, arriva, splendente, alle cinque del mattino. Ogni giorno è già là che mi guarda, sembrando molto allegra. Anch'io mi sento allegra. La giornata intera è davanti a me per passeggiare, studiare, giocare, imparare.
Esco. Ma all'improvviso tutto cambia e comincia a piovere. All'inizio non tanto forte, poi ogni secondo di più, e di più, e di più, fino a che la strada sterrata è allagata, ed io, che non ho trovato un rifugio sicuro, sono ugualmente bagnata. Mi fa ridere. Sembra impossibile che ci sia tant'acqua, quando, un secondo prima, c'era il sole.
Così com'è cominciata, pochi istanti dopo, ecco che la pioggia rallenta. Ogni secondo cade meno forte, e meno, e meno, fino a che smette. E il sole arriva di nuovo. La vita esplode, la gente esce, la gente gioca, la gente passeggia, la gente impara. Io non esco, stavo già fuori, e per questo sono bagnata.
Così è il giorno in Mozambico, un fascino a volte anche eccessivo.
Paolo Merenda, "Break - Confessionale punk"
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Paolo Merenda
Break – Confessionale Punk
Gonzo Editore - Euro 15 - 50 racconti e un CD
Di questi tempi grami ogni idea originale è benvenuta! Dio ci scampi e liberi dai Vespa Saviano Avallone Cazzulo … e chi più ne ha più ne metta! Benvenuta la musica punk e il ritmo incalzante di Questa città io non la lascerò mai, così come sono benvenuti i micro racconti graffianti e sovversivi (ma chi si scandalizza più al giorno d’oggi?) contro chiesa, potere, istituzioni, scuola e vita quotidiana. Cinquanta racconti punk che durano lo spazio di 20 righe, scritti in bianco su lavagna nera, copertina come se fosse una confezione Kinder, un break più Paolo meno Merenda (geniale!), un vero e proprio confessionale punk di storie incartate singolarmente.
Il punk, l’adolescenza, la provincia, tutto mixato e centrifugato, raccontato con un linguaggio esplicito, senza peli sulla lingua, scevro (questo termine farebbe incazzare mica poco l’autore dei testi) da perbenismi e da seghe mentali. Disagio e alienazione, odio per i manga giapponesi, amore per Alan Ford e Superciuk, invidia bonaria per un collega scrittore che ce l’ha fatta, inerzia underground e apatia quotidiana. Tutto questo è il nostro libro, completato a dovere da brani musicali d’epoca che piaceranno a chi ha amato gli Skiantos (Mi piaccion le sbarbine!), gli Squallor (Era meglio quando c’erano gli Squallor …) e i CCCP - Fedeli alla linea (Lavora, produci, crepa!). Bravo Paolo Merenda che mi hai riportato agli anni Ottanta quando qualcosa si muoveva ancora (in tutti i sensi) e faceva scandalo La vita interiore di Alberto Moravia, mica Acciaio dell’Avallone! Gonzo Editore lo trovate in rete, come tutte le cose belle le dovete cercare, ma ha un sito internet, una pagina Facebook, persino instagram come le fighette. Cosa aspettate a ordinarlo? Forse che passi Giulio il barbone o un motociclista sentimentale? Se non lo trovate, ordinatelo al Bar Da Mario e fate bene attenzione a non stare troppo contro vento. Tutte citazioni, scusate.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
Dante Diddi un esempio d’amore
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Dante Diddi nasce a Pistoia il 26 luglio del 1946 da una famiglia altolocata. La sua passione sono la moda, l’arte, la lettura e la beneficenza. Dante segue studi regolari, frequentando l’istituto Pacinotti di Pistoia, sempre al centro della cronaca in paese, conosciuto come un ragazzo dalla mente geniale. Da adolescente rivela già il talento nel disegno, che manifesta sotto forma di vignette e caricature di compagni e professori. Attentissimo a chi gli sta intorno, sempre pronto ad aiutare il prossimo. La sua passione viene oggi brillantemente portata avanti dalla figlia Cinzia: stilista per amore e per passione.
Dante fa molto per la sua Prato, città di adozione, e per la sua Pistoia. Ristruttura ospedali, vecchie scuole, asili, case di cura, cercando sempre di mantenere l’anonimato. E' solito dire: La vita registra le tue azioni non è importante palesarle. È a lui e a pochi altri imprenditori pratesi che dobbiamo la ristrutturazione del Teatro Politeama. Dante riceve nel 2012 il riconoscimento da parte del sindaco di Volterra per la ristrutturazione della clinica Auxilium vitae.
Molte altre le opere di beneficenza portate avanti dalla figlia dopo il 2011, data della sua scomparsa.
Intervista a Cinzia Diddi
È lei che sta portando avanti il volere di suo padre?
Mi sembra di essere vicino a lui a farlo. Io ho vissuto in una casa dove la beneficenza era all’ordine del giorno, per me è normale.
Quali sono le cose incompiute da suo padre e che lei ha portato avanti?
Molte, mio padre era vicino veramente a tutti. Figura particolare, un imprenditore conosciuto e affermato anche per le sue competenze amministrative. Non c’è un imprenditore a Prato che non abbia chiesto consiglio a questo grande uomo. Conoscitore della Divina Commedia e della Gerusalemme Liberata, amante delle materie letterarie quanto scientifiche. Noi amiamo ricordarlo come il gigante buono: per la sua grandezza umana e per la grande competenza nel suo lavoro
XXVII Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico
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Scadenza: 20 marzo 2021
Sono aperte sino al 20 marzo 2021 le iscrizioni per il XXVII Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, concorso letterario organizzato dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare, col supporto del festival internazionale Lucca Comics & Games e della casa editrice Acheron Books.
Possono partecipare al Trofeo RiLL storie fantasy, horror, di fantascienza e, in generale, ogni racconto sia (per trama e/o personaggi) “al di là del reale”.
Ciascun autore/autrice può inviare una o più opere, purché inedite, originali e in lingua Italiana.
Da oltre un decennio i racconti partecipanti al concorso sono 250-300 a edizione (nel 2020: 430 racconti), scritti da autori/ autrici residenti in Italia e all’estero.
I racconti partecipanti possono essere spediti, alternativamente e a discrezione di ciascun partecipante, in modalità cartacea oppure elettronica. Per i/le partecipanti residenti all’estero, la spedizione in modalità elettronica è obbligatoria.
I dieci racconti finalisti del XXVII Trofeo RiLL saranno pubblicati (senza alcun costo per i rispettivi autori/ autrici) nel prossimo e-book della collana “Aspettando Mondi Incantati”, curata da RiLL e in uscita a ottobre 2021. Inoltre, i migliori 4-5 racconti fra quelli finalisti saranno pubblicati (sempre gratuitamente) nell’antologia del concorso (collana “Mondi Incantati”, ed. Acheron Books), che sarà presentata al festival internazionale Lucca Comics & Games (novembre 2021).
Infine, il racconto primo classificato del XXVII Trofeo RiLL sarà tradotto e pubblicato, sempre gratuitamente, in Spagna (sull’antologia Visiones, curata da Pórtico - Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror), in Irlanda (sulla rivista letteraria Albedo One) e in Sud Africa (su PROBE, il magazine dell’associazione Science Fiction and Fantasy South Africa).
L’autore/autrice del racconto primo classificato riceverà un premio di 250 euro.
La selezione dei racconti finalisti sarà curata da RiLL. Ciascun racconto partecipante sarà valutato in forma anonima (cioè senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore/autrice), considerando in particolare l’originalità della storia e la qualità della scrittura.
La giuria del Trofeo RiLL sceglierà poi, fra i racconti finalisti, quelli da premiare e pubblicare nell’antologia “Mondi Incantati”. Fra i giurati dell’edizione 2020 del Trofeo RiLL: gli scrittori Donato Altomare, Pierdomenico Baccalario, Mariangela Cerrino, Giulio Leoni, Gordiano Lupi, Massimo Pietroselli, Vanni Santoni, Sergio Valzania; gli accademici Luca Giuliano (Università “La Sapienza”, Roma) e Arielle Saiber (Bowdoin College, Maine – USA); la poetessa Alessandra Racca; i giornalisti ed autori di giochi Andrea Angiolino, Renato Genovese e Beniamino Sidoti.
Tutti i partecipanti al XXVII Trofeo RiLL riceveranno copia omaggio dell’antologia “OGGETTI SMARRITI e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni” (ed. Acheron Books, 2020, collana Mondi Incantati), che prende il nome dal racconto vincitore del XXVI Trofeo RiLL, scritto dal bolognese Valentino Poppi.
Il libro propone tredici storie: i migliori racconti del XXVI Trofeo RiLL e di SFIDA (altro premio curato da RiLL nel 2020) e i racconti vincitori di tre concorsi letterari per storie fantastiche banditi all’estero (in Spagna, Australia e Sud Africa) e con cui il Trofeo RiLL è gemellato.
Tutte le antologie della collana “Mondi Incantati” sono disponibili per l’acquisto su Amazon e Delos Store, oltre che (a prezzo speciale) su RiLL.it
Nel Kindle Store di Amazon sono invece disponibili gli e-book della collana “Aspettando Mondi Incantati”, dedicata ai racconti finalisti del Trofeo RiLL.
La cerimonia di premiazione del XXVII Trofeo RiLL si svolgerà nel novembre 2021, all’interno del festival internazionale Lucca Comics & Games.
Per maggiori informazioni si rimanda al bando di concorso, all’e-mail e al sito di RiLL (che ospita ampie sezioni sul Trofeo RiLL e le collane di antologie/ e-book connesse al concorso).
Associazione RiLL - Riflessi di Luce Lunare
via Roberto Alessandri 10, 00151 Roma
https://www.rill.it/
info@rill.it
L’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare è attiva dai primi anni ’90.
La principale attività è il Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, un premio letterario bandito dal 1994 e che ha riscosso un interesse crescente fra gli appassionati e gli scrittori esordienti.
Dal Trofeo RiLL sono nate tre collane: “Mondi Incantati” (antologie con i racconti premiati in ogni annata di concorsi RiLLici), “Memorie dal Futuro” (antologie personali dedicate agli autori/ autrici che più si sono distinti nei premi organizzati da RiLL) e “Aspettando Mondi Incantati” (e-book che pubblicano i racconti finalisti di ogni edizione del Trofeo RiLL). Le antologie/ e-book curati da RiLL sono tutti realizzati senza alcun contributo da parte degli autori/ autrici.
Sul sito di RiLL sono on line molte informazioni sul Trofeo RiLL e le sue diverse edizioni, sugli altri concorsi e iniziative organizzate da RiLL e un vasto archivio di articoli e interviste.
Snake
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Chi non conosce il famoso Snake? Per i non avvezzi è doveroso illustrare in breve in cosa consista questo rompicapo elettronico che, a partire dagli anni ottanta, ha praticamente spopolato negli Home Computer, successivamente convertito su Game Boy e persino su cellulare.
In sostanza si personifica un serpente, guidandolo in vari schemi, all'inizio facili per poi passare a quelli più difficili, per non dire subdolamente progettati. Difatti l'abilità del giocatore fa la differenza, ragion per cui la progressione di gioco risulta al limite dello snervante.
Il rettile è in continuo movimento, non è possibile fermarlo. Inoltre, durante il percorso è necessario divorare una moltitudine di topini, col risultato di allungare il suddetto fino al raggiungimento della lunghezza massima. Allo stesso tempo bisogna evitare, non solo di sbattere nella cornice del livello oppure in eventuali ostacoli, ma anche il mordersi la stessa coda o il corpo.
L'obiettivo è semplicemente quello di sopravvivere il più a lungo possibile per innalzare lo score, (punteggio). Si ha a disposizione una serie di vite che, una volta esaurite, Game Over.
Con Snake II, sul Nokia ci smanettavo un sacco, specie nel quarto anno delle superiori, tanto da rammentare un aneddoto umoristico.
Una mattina, mentre Aquilino, il professore di elettronica, spiegava uno dei suoi machiavellici teoremi, dopo il centesimo sbadiglio, presi il cellulare, disattivai i suoni e mi misi a giocare a Snake. Essendo seduto da solo in fondo all’aula, ero convintissimo che non sarei stato sgamato dall'insegnante, peraltro assai severo e rompicoglioni.
Imboscai il cellulare tra le gambe ed abbassai la testa per trastullarmi… col serpente.
Giocai in maniera frenetica, per di più tirai fuori la lingua come se mi stessi prodigando a chissà quale atto impuro. Ad un certo punto mi accorsi che qualcuno dalla lavagna mi fissava costernato.
«Che cavolo sta facendo quello lì?» osservò Aquilino a bassa voce.
Lo ignorai, in quanto ero estremamente concentrato col giochino in questione.
«Ehi, amico, cosa stai combinando?» mi chiese il docente con tono inviperito.
«Qua... mi si è allungato il coso!» gli risposi sobbalzando, con un nervoso sorrisetto.
«Il coso?»
«Sì, il serpente, va’!»
«Come il serpente? » gridò il docente. «Zozzone, non ce la fai a tenere a bada gli ormoni?»
Abbandonai immediatamente la partita, ci mancò poco che l’insegnante mi lanciasse addosso il cancellino.
«Stavo spiegando Teorema di Thevenin mica il Teorema della Sgnacchera!» aggiunge Aquilino.
«Prof, intendevo dire il serpente di qui che cerca le tope!» farfugliai imbarazzato ed alzai il cellulare per farglielo vedere.
La classe scoppiò in una fragorosa risata, del resto l’intera situazione era diventata un doppio senso. E fu così che il cellulare mi venne sequestrato fino alla fine della lezione, per non parlare della cattiva nota sul registro.
Ci restai male, molto male. Porca paletta, per poco non battevo il mio record!
Gianni Venturi, "21 grammi di solitudine"
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21 grammi di solitudine di Gianni Venturi (Giuliano Ladolfi Editore, 2020) è il peso poetico di un respiro, il soffio intimo, l’impalpabile essenza del dolore umano, l’evanescenza di sentimenti puri e autentici. Il poeta, attraverso la fermezza descrittiva, essenziale e distensiva nelle immagini, fende il terreno emotivo tracciando la superficie dei solchi interiori, imprimendo la traccia profondamente radicata delle espressioni viscerali, del mondo sensibile, del patrimonio familiare delle origini e della terra sopra il tempo della vita indifesa e fragile. Si narra che 21 grammi sia il peso dell’anima, pochi granelli inconsistenti sul peso di un destino che ognuno di noi riconosce nella fatalità prestabilita ed imperscrutabile degli eventi. La poesia di Gianni Venturi si inoltra lungo le condizioni e i sentimenti umani sradicando ogni passaggio spazio - temporale della memoria, frequenta le lacerazioni impulsive e la resistenza nelle intuizioni drammatiche e nostalgiche, nei frammenti di una disperazione in cui la solitudine è al centro di tutto. Il tragitto privilegiato della poesia verso la personale testimonianza dell’autore è presenza illuminata, eco deformata dell’anamnesi, rifugio ancestrale, richiamo ad una trama remota che si svolge oltre i limiti consueti della conoscenza, solitaria e sofferente, dell’umanità. I versi, affatturati all’efficacia espressiva degli abbandoni, suggeriscono un altrove quieto, un nascondiglio protettivo, dove custodire l’incondizionata immutabilità dell’assenza, nell’ostentato distacco di ogni atteggiamento intellettivo e carnale. L’estrema limitatezza della coscienza umana circoscrive l’evocazione del passato e domina il segno del presente. L’intensità accentuata ad ogni mutamento individuale è luogo di transito e di sosta della creatività, materializza la rappresentazione esplicita e cruda della infranta condizione umana. Il poeta è nel disamore della malinconia, nella perdizione del recupero di un passato che non muore ma che dilata una sconfitta insofferente e vagabonda e pone lo sguardo sulle essenze illusorie dell’uomo, accenna ai turbamenti e ai disorientamenti emotivi, è l’ombra cupa di ogni tormento. 21 grammi di solitudine approda ad un’introspettiva identità, assapora l’incanto suggestivo dei colori e delle forme delle possibilità, assorbe il sollievo dei cambiamenti, prolungando la corposità e la generosità dei ricordi. La dissolvenza rarefatta delle stagioni vitali congiunge la volontà di estendere l’accogliente risposta alla propria natura, alle radici, alle fondamenta che trattengono l’inclinazione di ogni qualità emotiva, in ogni alchimia delle proprie tensioni, confessando la consistenza rivelata dalle percezioni. I versi maturi sono consumati in una misurata e toccante lacerazione spirituale nella lontananza dell’isolamento. Nella semplicità e nella determinazione dei frammenti di un’esistenza svuotata, il poeta delinea scaglie di vita consumata, alla deriva nella nebbia esistenziale dell’uomo, segue la direzione della speranza e della rassegnazione, del coraggio e della paura, donando al valore della coscienza, il riscatto e l’accordo alla salvezza. Il peso sostenuto da chi sopravvive, libero di trasmigrare in altri luoghi del cuore è l’ispirazione per la più dolce elegia.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”
abitavo un paese gentile dall’aia fiorita
e danze di fisarmoniche sussurranti
odoravo le campagne di settembre con sorrisi
la canapa era dura come il tempo
in quest’ora d’abbondanza infelice
sorseggio un’acqua fetida non più di fonte
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la terra ha brividi
che scuotono
paludi
come la nebbia errante
che di casa in casa si raggruma
un sole amorfo si raggomitola
tra monti di cenere
all’orizzonte
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le pietre parlano
la lingua sconosciuta dell’ontano
lo sciamano alti scopre i canti
alla dea del fiume che ravviva novembre
è il canto del vento tra le foglie
questa terra ha silenzi circolari
memorie granitiche
orari definitivi per la vita
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come gelo le parole dette
tutto appare chiaro
la maestra scuote dolce il viso trema
il parroco intona il verbo scivola
la vita oltre fondamenta fragili
sono uno sputo di luce e arranco
come l’inverno carezze sperse
tutto perduto memoria e dignità
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è tempo di condividere l’assenza
tempo di estrema partenza
c’è un ponte di nebbia che separa le strade
poco battute che conducono ovunque
partecipare condividere aggregare
mi sento la pietra lapidaria
non angolare nel muto dialogare
fuori tempo l’estremo abbandono
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L’archeologo osserva compiaciuto i reperti umani
in divenire noi un chicco di luce persiste
l’universo che ha voce accoglie la stella che implode
entropia o fine del clamore
come altari sulla sabbia
lo scorrere delle ere cancella le cose
e nulla resterà
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vecchi curvi avanzano dimenticati
come roccia che si sgretola
il tempo che scorre e racconta il silenzio
sono querce nel traffico impetuoso
questa distonia dimentica il passato
spaventa il bimbo in corpo di vecchio
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basterebbe un filo di vento qui nella stasi
dove tutto appare bloccato
quasi vuoto il movimento
l’assoluto si tende
L'amicizia vera
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Quando sei piccola, gli scherzi degli altri sono insopportabili. Ogni scontro, pur minimo, ti fa sentire molto male, diversa dalle compagne (o così ti pare). Ti senti giudicata e condannata, e il peggio è che ti guardi con gli stessi occhi che ti criticano, non sei capace di ridere come se niente fosse, e la superiorità dell'allontanamento è l'ultima cosa che ti passa per la mente.
Però, c'è qualcosa che ti aiuta in questi momenti terribili in cui hai una così sviluppata sensibilità: l'amicizia.
Più di ogni altra cosa, se hai almeno un amico, guarderai lo scherno da più lontano. E soffrirai meno. A volte capirai che quello è solo uno scherzo. Brutto. Ma non sei una vittima, sei superiore perché hai un amico che lo guarda con te, scuote la testa, e ride. Aver un amico è poter dire qualunque cosa ti passi per la testa. Sarai compreso. Sarai accettato. Mai giudicato, perché quella persona ti vuole bene.
Per me avere un amico è bello. È prezioso. Può anche essere affascinante. Ma è, soprattutto, accogliente. Avere un amico è sentirsi in casa.
#mannaggialaprostata: Se avete coraggio dite la verità
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