Lorenzo Beccati, "Il pescatore di Lenin"
10 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #storia, #personaggi da conoscere
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Il pescatore di Lenin
Lorenzo Beccati
Oligo Editore, 2021
pp 236
16,90
Un romanzo molto bello, scritto benissimo, Il pescatore di Lenin, di Lorenzo Beccati, scrittore, doppiatore e autore televisivo Mediased.
Per una volta non partirò dalla trama ma dallo stile, elegante e letterario quanto dovrebbe essere quello di tutti i libri pubblicati, anche se purtroppo, ormai, questa è invece una rarità. Un linguaggio semplice ma raffinato, condito da poetiche e inusuali similitudini, per cui il muro della facciata era così bianco che veniva voglia, per dargli un po’ di colore, di “pizzicarlo”, come fanno le donne vanitose o innamorate sulle gote per levarsi il pallore, o le parole si smorzarono e strisciarono via come serpi, o, ancora, gli occhi accesi come lampare.
La storia, romanzata e di fantasia, si basa sull’assunto che Vladimir Il’ic Ul’janov, ovvero Lenin, sia stato per breve tempo a Capri, prima della rivoluzione russa. A Capri, infatti, nel 1909 c’è una scuola politica, vi vengono addestrati quelli che formeranno la futura dirigenza del partito, ma ora si mescolano con indolenza ai turisti e non disdegnano la vita comoda come i ricchi. Lenin si trova a Capri con un obiettivo preciso e segreto, che verrà svelato solo nel finale e che non posso rivelare. La trama si basa sull’espediente del manoscritto ritrovato – il libro nel libro – e narra dell’amicizia fra Lenin e Antò ‘o Muto, un pescatore dell’isola.
Lenin non è ancora quello che tutti conosciamo, l’uomo spietato, determinato e feroce della Rivoluzione d’ottobre, ma una personalità tutto sommato galante e rispettosa. Accade spesso che certe figure storiche, se prese singolarmente e fuori contesto, dimostrino lati teneri e umani che, sebbene sorprendenti, coesistono con l’immagine pubblica. L’amico Antò incarna, invece, il proletario ingenuo, il buon selvaggio, l’umile che il credo marxista voleva vendicare e liberare. La borghesia dell’isola è, al contrario, cattiva, prepotente e viziosa, con quell’arroganza che solo i soldi e l’abitudine a sottomettere e comandare danno.
I due si legano di amicizia spontanea e profonda. L’uno diventa il paladino dell’altro. Antò fa da guida a Lenin in una Capri romantica, da dagherrotipo dei primi del novecento, che diventa protagonista, con il suo mare, i suoi barbagli di sole sull’acqua, i suoi Faraglioni, le sue ville e la profumata macchia mediterranea. Antò è una figura tragica e cristologica nella sua ingenuità infantile, nel suo “puro” e quasi incolpevole desiderio di catarsi, nel suo credere che la rivoluzione sia la panacea per tutti i mali e le ingiustizie del mondo. Ed è, per il bolscevico e uomo di partito Lenin, una sorta di coscienza che lo mette di fronte a quello che dovrebbe essere lo spirito più autentico dei suoi ideali. Uno spirito senza compromessi, votato solo alla causa. Ma, nella pratica politica, il compromesso esiste e, come afferma Lenin, “il nemico va conosciuto per poterlo combattere”.
Alla fine il cerchio si chiude, i tasselli s’incastrano. In bocca rimane un sapore antico e buono, salato come il mare della grotta Azzurra o, forse, come le lacrime di un emigrante.
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