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Sogni proibiti

3 Agosto 2019 , Scritto da Costantino Delfo Con tag #racconto, #pittura, #costantino delfo

Disegno di Costantino Delfo

Disegno di Costantino Delfo

 

Quel lunedì mattina mia moglie era uscita presto, alle sette. L’acquirente sarebbe arrivato alle otto e si erano dati appuntamento al casello dell’autostrada. Ero contento: finalmente l’avremmo venduta. In due ore sarebbe stato tutto finito, con qualche euro in più e un’automobile in meno. Ma erano già le undici e lei ancora non era tornata. Preparai la tavola e misi a far bollire l’acqua. Venne l’una e ancora non era rientrata.

«Dov’é la mamma?» chiese mio figlio.
«Al PRA, a vendere la macchina» risposi.
«Cos’é il PRA?» chiese ancora.
La prima risposta utile e sincera che sfiorò la mia mente fu: “Il PRA è un casino”, ma in realtà risposi: «È il posto dove il detective Bud White telefona per informazioni», rievocando il sogno che avevo fatto quella notte. 
Cambiai voce e recitai: «Detective Bud White, polizia di Los Angeles. Una Mercury del ’49 targata DG114. Voglio sapere il nome del proprietario e l’indirizzo». Quindi feci la voce femminile della centralinista: «Subito, detective». 
«Capito?» chiesi sorridendo a mio figlio che mi guardò come fossi un marziano.

Le due, eccola finalmente. Mia moglie entra in cucina e lancia la borsa sulla credenza. La guardo curioso. «Zitto!» dice, puntandomi il dito in faccia. Abbasso lo sguardo, perché quando fa così è meglio obbedire. «Stronzi! Ladri! Scansafatiche! Puttana di una bionda!» urla. «Ma cosa è successo?» oso chiedere.

L’indirizzo era West Hollywood 142, il detective White vi si recò di corsa. L’edificio era una palazzina a due piani. Controllò le cassette delle lettere: il nome corrispondeva, era l’unica donna, interno quattro. «Polizia! Aprite!» gridò, impugnando la 38. Stava per sfondare la porta con un calcio, quando si aprì solo una fessura per il blocco di una catenella. «Detective White, omicidi» disse mostrando la patacca. La porta si aprì del tutto: davanti a lui apparve una bionda esplosiva dai lampeggianti occhioni azzurri, fasciata in un baby-doll rosso da cui prorompevano le sinuose curve del seno e il profondo solco fra gli esuberanti, candidi promontori.

Mia moglie mi fissa truce, come se fosse stata colpa mia. Poi inizia a raccontare: «Alle nove c’era già una fila lunga come la muraglia cinese. Faceva un caldo infernale senza aria condizionata. Alle undici il ragazzo ed io siamo finalmente di fronte allo sportello e quella stronza se ne va. Venti minuti è stata via! Torna, lentamente, e finalmente si risiede: bionda occhi azzurri con le tette grosse, che stanno poggiate sul banco. Cazzo, ma questa non suda? penso. Eh no, perché dalla fessura dello sportello esce un’arietta frizzante. La barbie gode di aria condizionata! Le allungo i documenti, infilandoli nel buco. Li guarda e chiede chi è l’acquirente. “Sono io” risponde il ragazzo. “Ma tu hai diciotto anni?” fa la stronza. “Ventitre” risponde lui. Lei gli fa un gran sorriso e si rizza in su gonfiando i pettorali. “Portati bene!” dice e gli strizza l’occhio».

«Green? Samantha Green?» chiese Bud, riponendo la pistola.
«Sììì» fece lei, meravigliata «posso esserle utile, detective?»
«Lei lavora alla motorizzazione?»
«Sììì» rispose la bionda ancor più meravigliata per la sagace intuizione del detective.

«E poi?» chiedo a mia moglie. «E poi si alza e se ne va, ’sta svampita. Sta via altri venti minuti, tornando poi con la faccia scura: “Manca la copia della patente” dice. Il giovane tira fuori la patente e gliela consegna. “Scusi, ma cosa c’entra la patente? Io gli vendo la macchina. Che la voglia guidare o no sono ca… problemi suoi” dico io, educatamente. La stronza manco mi degna di uno sguardo, sorride al giovanotto e dice: “Oggi hai vinto il primo premio. La fotocopia te la faccio io” e ancora gli ostenta il davanzale, quella puttana!»

“Lei è in arresto!” pensò Bud White, invece disse: «Lei ha vinto il primo premio!».
La bionda, con un sorriso smagliante e le braccia aperte, si avvinghiò al suo collo e lo baciò. «Lo sapevo! Lo sapevo!» disse «che cosa ho vinto?» Bud le prese la mano e si diresse verso la camera da letto. La bionda rideva e, con voce garrula, ripeteva «Lo sapevo! Lo sapevo, ho vinto il primo premio!»

«E poi?» chiedo.
«E poi è tornata». 
La guardo con curiosità per conoscere il seguito. Ma mia moglie tace.
«Allora?» chiedo «l’hai venduta?»
«Sì, sì ma le ho preso il nome! Ce l’aveva stampato sul cartellino. Me lo sono anche scritto, perché è un nome straniero». Rovista nella borsetta e ne estrae un bigliettino.
«Ecco! Si chiama Samantha, Samantha Green. Io la denuncio, quella lì!»

 

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