Nassim Nicholas Taleb

Il cigno nero
Nassim Nicholas Taleb
Il Saggiatore, 2007
Difficile scrivere di questo libro. Sono 370 pagine di carta che ho deciso di ascoltare diluite in oltre un mese, intervallandolo con altre letture più leggere. Non perché sia scritto in maniera difficile, anzi, l’autore fa di tutto per rendere gli argomenti accessibili anche ai profani, il problema risiede proprio nel “digerire” le tesi di Taleb. Egli infatti, ex trader, esperto di finanza e statistica, epistemologo e filosofo tenta, col suo libro, di mettere in crisi le nostre conoscenze in fatto di previsione del futuro. E con questo non si intende il futuro lontanissimo, ma, molto più banalmente, l’alba di domani.
Alla base di questo destabilizzante testo vi è la metafora del cigno nero: prima della scoperta dell’Australia, fin dai temi degli antichi Romani, si riteneva che il cigno fosse bianco per definizione. Fino alla scoperta della variante australiana nera. 2000 anni di certezze distrutte con un’unica osservazione. Uno dei temi che incontriamo per primi è proprio questo: il fatto che un evento si sia ripetuto finora in un certo modo non significa che continui a verificarsi seguendo le medesime modalità. Un esempio banale: oggi, come tutti gli altri giorni precedenti dal momento in cui siamo nati, ci siamo svegliati, vivi. Quindi questo significa che ci sveglieremo vivi ogni giorno da qui a seguire, immortali? No, i conti non tornano, perché sappiamo che la nostra vita, per quanto lunga, prima o poi avrà un termine. E se questo ragionamento vale per le nostre vite perché non può valere per il sorgere del sole, i grandi movimenti politici ed economici, i flussi migratori, il clima? Cosa sono quindi, i cigni neri? Eventi singoli e imprevedibili che stravolgono il mondo. Anche qui, vogliamo degli esempi? Le guerre mondiali, l’11 settembre, la crisi del ’29, ma anche la scoperta dei vaccini, delle Americhe, e così via.
I cigni sono “neri” ma non per la carica negativa, ma per quella destruente e rivoluzionaria. Perché accadono i cigni neri? Perché, semplicemente, la maggior parte del nostro mondo si trova ubicato in quello che Taleb chiama Estremistan, un non-luogo dominato dal caso e dal caos. Attenti, prima di dire che non vi sembra così. Taleb ha un armamentario di aneddoti, prove, calcoli statistici da fare vacillare ogni certezza. Il nostro mondo ha un andamento non lineare, con momenti di stagnazione e spinte in avanti causate da cigni neri. Tutto questo ci appare strano perché l’essere umano ha un cervello che elabora il mondo cercando di conferirgli un ordine che primariamente non possiede. L’essere umano da sempre cerca di catalogare, incasellare, elencare, stratificare, ridurre tutto ad una formula come quella della curva a campana, nota anche come “Gaussiana”, funzione matematica aborrita da Taleb, ammiratore della funzione mandelbrotiana, più rappresentativa di una realtà in cui la fisica quantistica ha un peso molto maggiore di quanto si possa pensare.
L’ultima parte del libro, invece, pone forse il quesito più interessante per il lettore ormai stravolto e trascinato nel caotico mondo dei cigni neri e degli eventi influenzati dalle particelle subatomiche, incontrollabile e imprevedibile. È possibile prevedere i cigni neri? O il nostro “osservare la vita come da uno specchietto retrovisore”, come la definisce in maniera ineccepibile l’autore, la nostra cecità al futuro, la nostra fallacia narrativa sono degli handicap insormontabili? Il problema non può essere risolto del tutto, ma, dice sempre Taleb, se non saremmo mai in grado di vedere in anticipo i cigni neri, potremmo almeno intuirli trasformandoli in grigi.
E a questo punto occorre tirare fuori penna e taccuino per annotare la teoria dell’antibiblioteca di Eco (dare più importanza a ciò che non conosciamo piuttosto che arroccarci nella supponenza di ciò che conosciamo, il problema è come conoscere ciò che non conosciamo, se, appunto, non sappiamo di doverlo conoscere?), i saggi di Montaigne, Russel e Poincaré, tutti filosofi che hanno anticipato e contribuito alle teorie del cigno nero.
In molti tra coloro che hanno letto questo saggio, lo hanno trovato nichilista e immobilista (oltreché noioso e antipatico per l’arroganza dello scrittore, che, va detto, non fa nulla per smentire l’impressione di tirarsela parecchio come antiaccademico e distruttore di schemi precostituiti): se infatti il futuro è imprevedibile e qualunque cosa facciamo, un cigno nero, in positivo o in negativo, potrebbe stravolgere i nostri piani, ha senso fare qualsiasi cosa? Ecco, io invece l’ho trovato un meraviglioso invito a rompere gli schemi, ampliare le nostre conoscenze, osare, cambiare, pensare lateralmente, usare tutti i mezzi a nostra disposizione per potere anche solo intravvedere la piuma dell’ala di un cigno nero profilarsi all’orizzonte. Perché se le regole del gioco le facciamo noi, è più difficile perdere. Perché alla fine, noi stessi, con la nostra unicità e imprevedibilità, con il nostro essere prodotto di una storia fatta di cigni neri, siamo noi stessi cigni neri.