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Il Gigante di Smeraldo

8 Giugno 2019 , Scritto da Umberto Bieco Con tag #umberto bieco, #racconto, #fantascienza

 

 

 

 

 

 

Tutto quel verde immacolato, quelle gocce pure di Endor – avevano trovato convergenza attorno a quel corpo. Endor era rimasta vergine, una sorta di riserva naturale del Sistema Solare, l'ultima rimasta. Se c'era ancora qualcosa di buono, era lì. Se c'era ancora qualcosa di genuino, era lì.

Se c'era ancora qualcosa che non era ancora stato contaminato dalla bugia della civiltà, era lì.

Se c'era ancora qualcosa che non era stato compromesso dall'Impero, era lì. Quella linfa era ricca di significati e di poteri che non esistevano più altrove. Quei significati e quei poteri si erano raccolti e amalgamati attorno a una figura, erano cresciuti su di essa, e l'avevano compenetrata, giacché pronta ad accoglierli e nutrirsene. Era cresciuta, era prosperata, si era espansa – quella fusione aveva dato nascita ad un essere nuovo – rigoglioso di verde smeraldo. La purezza di cui si era nutrito l'aveva reso incongruente con un ambiente che non avesse quelle stesse caratteristiche. E quel foraggio sano l'aveva reso così forte da essere in grado di non subire e piegarsi a un ambiente differente: ma di cambiare quell'ambiente perché raggiungesse quella condizione. Quell'impasto sovrumano di forza e incontaminatezza aveva trovato un cervello a cui aggregarsi – e che sapeva avrebbe fatto un buon utilizzo di questi doni: che li avrebbe fatti sbocciare e fruttare.

E ora era pronto. Era formato. E il momento era arrivato.

Aveva aperto gli occhi con un fremito. Si era scosso e alzato lentamente. E gli erano giunte vibrazioni lontane. I suoni di una lotta. Alcune figure famigliari. Circondate dai volti e dalle forze della sopraffazione. Ora toccava a lui.

Con un balzò si elevò al di sopra di boschi, foreste, fiumi, montagne, picchi, nuvole, cieli.

Quello stesso balzo gli permise di forare l'atmosfera di Endor – e conquistare lo spazio, spaventare le stelle. Con la mera propulsione di un sogno, i meccanismi della sua corteccia cerebrale, con l'algebra di un'astrofisica impossibile – saettò attraverso spazi siderali, proiettato come un fulmine verso il proprio obiettivo finale. Stelle scorrevano attorno come cartellonistica infuocata di una strada spaziale, pianeti rotolavano dietro di lui che era una scossa elettrica attraverso il circuito dell'universo, una cometa fragorosa che divorava le distanze, una freccia feroce scagliata dal futuro e mirata al petto ansimante del passato. E ora vedeva la Terra. Da un punto grigio-azzurro lontano sorse all'improvviso un geoide di spirali e vortici, circondato di stracci di nuvole scure che egli traforò ineluttabilmente accendendole di un bagliore, e non c'era il tempo di battere ciglia o alzare lo sguardo che quel dardo verde dagli abissi dello spaziotempo si schiantò contro il cuore pulsante dell'Impero devastando un'intera ala del Palazzo Arancione con un boato immenso e un fragoroso crollo di colonne e mattoni, il Gigante di Smeraldo si erse in mezzo ad allarmi sonanti, torri di fumo, urla, terrore, in mezzo a Forze della Sopraffazione pietrificate e incredule, a Ribelli che sapevano che il loro momento era arrivato e percepivano la bellezza e la vibrazione di giustizia che emanava e si propagava da quel titano – e bidelle, lontre radioattive, morti sfruttati e sfruttati a morte, alieni bruciati e annegati nel nome del caos, sirene, nonne, renne, inzaccherati, schiacciati, squassati, demoliti, frastornati, squadroni di generazioni drenate dei loro sogni e delle loro energie dagli Avvoltoi dello Sfruttamento, dalle Iene del Profitto, dai Cannibali dell'Universo si riversarono nella Casa del Potere che li aveva oppressi fino ad allora, per prenderne finalmente possesso – mentre il Gigante di Smeraldo si faceva strada fino alle Sale del Supplizio, scoperchiandone i soffitti, fino a scoprire l'Imperatore.

«ARRENDITI – NON HAI SCAMPO!» gli gridò all'unisono Grumpama con tutte le sue facce.

 

SPLAT!

 

rispose il Gigante di Smeraldo calando il macigno del suo pugno sull'uomo più potente del Sistema Solare. E sotto il pugno si spanse un colloso liquido arancione.

Con lui si dissolse l'intero Consiglio degli Imperatori. Clintush, Bushama, e tutti gli altri – si sciolsero come investiti da un bagno d'acido, e a loro volta divennero liquido vischioso fumante che corrodeva il pavimento con l'orrore della storia che fino ad allora avevano scritto. I robot accorsi in difesa dell'Impero si congelarono all'improvviso nel bel mezzo di una lotta o di un combattimento.

Le Milizie Imperiali caddero come fantocci, come sacchi vuoti, come tessere di un domino che aveva finito di dominare il Sistema Solare.

«Penso sia ora di uno spuntino» disse Crispin, ancora ingabbiato e ammanettato, la faccia circondata da Animaletti.

 

Continua...

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