Spirali di Ameba - il letto sabbiamobile.
14 Marzo 2019 , Scritto da Umberto Bieco Con tag #umberto bieco, #racconto, #fantascienza

Si trovava a letto. Avvolto come in un bozzolo. Si sentiva indolenzito, sfinito, inerme. Inerme come un verme. Ogni tanto accadeva. Come un insetto nella tela del ragno, in attesa di essere mangiato. In attesa che il ragno venisse a mangiarlo. Potenziali obiettivi nell'alzarsi erano nebulosi, indecisi. L'obiettivo più potente era rimanere sotto le coperte, possibilmente perdere coscienza, scienza e conoscenza. E in effetti alla prova dei fatti non resistette, e, dopo un poco convinto deambulare tra alcune stanze indifferenti, si rifugiò con un gemito nella sua tana di stoffa. Non aveva alcuna particolare voglia di vivere. Forse nemmeno di morire. Ma dormire, dormire ancora sarebbe stato un ben lieto e ben accolto sollievo. Sognare cose sconclusionate e bislacche. Qualcosa senza discernibile senso, che riconfigurasse l'ordine delle cose in modo più interessante, e meno triste. Riformulasse le regole, fino ad annullarle. O annullasse le regole fino a riformularle.
Non c'era tristezza nel nonsenso. Farsi inghiottire.
A volte si faceva inghiottire dal letto. Alle elementari, quando sentiva che non era in grado d'andare a scuola, si faceva cadere pian piano nello spazio tra il giaciglio e il muro, sul pavimento nascosto. Quando chi era ancora in casa apriva la porta, e dava un'occhiata, per sincerarsi che fosse effettivamente uscito a fare il suo dovere, trovava un materasso vuoto, con coperte tirate verso lo spazio tra il letto e la parete. Ma nessuna traccia di lui. Era un tale sollievo sottrarsi al mondo. Era una tale angoscia sapere che durante la giornata sarebbe emerso l'inganno.
Il chino capo afflitto dalla colpa, le penombra dell'autoesilio nella stanza.
Un'ulteriore tecnica era quella di mimetizzarsi nelle pieghe delle coperte, fondersi con le forme dell'apparenza di un letto disfatto. A volte l'aveva anche attuato per scherzo, nel matrimoniale, spaventando la madre. Se rimaneva a casa, attorno alle 9:30 si sintonizzava sul canale 10, dove vi era una ricezione approssimativa della tv Hamburgheriana fruita dalle basi militari burgerstrisciate dei dintorni, per vedere il cartone di La tana del drago, e ascoltarne il fruscio crepitante in luogo dell'audio mancante, sulle immagini declinate in variazioni di grigio.
Gli era capitato una volta di prendersi in ritardo, correre verso la scuola, cadere per terra, sporcandosi i pantaloni, facendo cadere le chiavi – e nel rintracciarle, rientrare in casa e cambiarsi – aveva deciso che ormai s'era fatto troppo tardi. Accadde una seconda volta, e non sapeva nemmeno se si trattasse di qualcosa di genuino, o di organizzato, da lui stesso, a sua insaputa.
Alcuni animaletti uscirono da un buco nel muro e vennero ad annusarlo.
Quando alzò il capo, corsero via.
Continua...
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