La siringa, il pavone e la dea Iside

Da Le Metamorfosi di Ovidio, Storie della Tessaglia
La notizia della trasformazione di Dafne si diffuse per tutta la Tessaglia e i fiumi di quella regione si recarono dal padre di lei, Peneo. In realtà, non sapevano se consolarlo o congratularsi con lui: certo, aveva perduto la figlia, ma ora Dafne era diventata l’albero di Apollo, un dio grande e potente!
Comunque i fiumi accorsero alle falde del monte Pidno, dove viveva Peneo: mancava solo l’Inaco che, chiuso nel fondo della sua grotta, piangeva disperato la scomparsa della figlia Io. Da giorni non sapeva più niente di lei; l’aveva cercata a lungo invano, e ora temeva il peggio...
Giove aveva visto Io che usciva dalla casa di suo padre e le aveva detto:- Sei una fanciulla bellissima, degna del re dell'Olimpo: beato chi ti sposerà!- Poi, indicandole il bosco ombroso, aveva aggiunto: - Perché non ti riposi fra quegli alberi freschi? Fa tanto caldo e il sole è alto nel cielo ... Non temere di incontrare le bestie feroci, stai tranquilla: tu sei protetta da un grande dio ... da me, Giove in persona, che governa il cielo e scaglia i suoi terribili fulmini!
Io, spaventata e affascinata insieme, entrò nel bosco e Giove avvolse quel luogo in una fitta nebbia ...
Sua moglie Giunone, dall’alto dell’Olimpo, volse per caso lo sguardo verso la Terra e si accorse con meraviglia che la nebbia avvolgeva una vasta zona in un buio notturno. Capì che, in pieno giorno, quella nebbia non era naturale e si guardò intorno per cercare il marito: conosceva bene la sua passione per le avventure amorose! In cielo non lo trovò. "Se non sbaglio, mi ha tradito un’altra volta!" pensò fra sé; e, mentre scendeva velocemente dall’Olimpo, ordinò alle nebbie di dissolversi.
Giove, prevedendo l’arrivo della moglie, aveva trasformato Io in una giovenca dal manto lucente. Anche così Io era bellissima; i suoi grandi occhi neri, però, erano pieni di tristezza e di sgomento ...
Giunone finse di non aver capito la verità, lodò la bellezza della giovenca e pregò Giove di regalargliela.
Il re dell'Olimpo è nei guai: che cosa deve fare? Se consegna la sua innamorata, si comporta in modo crudele, se non la consegna, scatena i sospetti della sua consorte: come si può negare a una moglie, a una regina, una semplice giovenca ... se è veramente solo una giovenca?
Così la dea ebbe in dono la sua rivale e, perché Giove non gliela portasse via di nascosto, la fece sorvegliare da Argo.
Argo era un essere mostruoso: aveva la testa coperta da cento occhi che dormivano a turno, due per volta, mentre gli altri rimanevano aperti e continuavano a vigilare. Non perdeva mai di vista la povera Io; di giorno la faceva pascolare e di notte la chiudeva nella stalla, con un pesante giogo intorno al collo.
La fanciulla infelice brucava le foglie degli alberi e beveva l’acqua fangosa. Ogni tanto cercava di lamentarsi, ma dalla bocca uscivano solo muggiti e a quel suono subito taceva, spaventata dalla sua voce.
Un giorno andò a bere sulle rive del fiume, dove aveva giocato tante volte: quando vide il muso e le lunghe corna riflesse nell’acqua, si allontanò subito, terrorizzata e sbigottita ...
Anche il padre e le sorelle erano venuti a passeggiare sul fiume e Io si mise a seguirli sempre più da vicino ...
È cosi bella e mansueta quella giovenca! Il vecchio re l’accarezza, poi coglie delle erbe e gliele porge: la giovenca lecca le mani del padre, le riempie di baci e di lacrime. Vorrebbe parlare, dire chi è, raccontare la sua triste storia, ma come? Infine, con le zampe, traccia sulla sabbia delle parole che rivelano la verità! Allora il padre e le sorelle capiscono cosa è accaduto e piangono disperatamente, abbracciando la giovenca bianca come la neve ... Ma Argo strappa Io a quell’abbraccio disperato e la spinge verso i monti; poi, dall’alto della cima, si mette di nuovo in guardia e scruta senza tregua da ogni lato.
Giove, però, non poteva più sopportare che Io soffrisse tanto; così chiamò Mercurio, suo figlio, e gli ordinò di uccidere Argo.
Mercurio era un dio vivace e intelligente. Gli piaceva scherzare e passare il tempo in allegria, ma era sempre disponibile a dare una mano a chi si trovava nei guai. Non sopportava i prepotenti e quando si trattava di dar loro una lezione sapeva essere molto severo ... Amava moltissimo i viaggi, perciò Giove gli aveva regalato un paio di sandali alati, un bastone magico che dava il sonno e lo aveva nominato suo messaggero: così Mercurio faceva la spola fra il cielo e la Terra per far conoscere agli uomini la volontà di suo padre.
Era fidato, veloce e aveva una gran parlantina: quando voleva convincere qualcuno, era capace di chiacchierare per ore e di raccontare splendide storie con una voce così delicata e suadente che era impossibile resistergli.
Anche quella volta Mercurio ascoltò con attenzione l’ordine di suo padre Giove; poi, senza perdere tempo, mise ai piedi i sandali alati, prese il bastone che dava il sonno e scese in volo dall’Olimpo.
Era proprio contento di quell’incarico! Argo non gli piaceva affatto, così orrendo e senza pietà, mentre aveva una gran simpatia per Io: anche trasformata in giovenca continuava a essere molto bella ...
Quando giunse sulla Terra, si tolse subito i sandali alati, per non dare nell'occhio; conservò invece il bastone magico e finse di essere un pastore che guidava il suo gregge al suono di uno strano strumento fatto di canne.
Argo, sempre di vedetta sulla cima del monte, lo vide arrivare da lontano e rimase affascinato da quella musica così particolare.
Il giovane pastore veniva avanti ballando, seguito dalle sue pecore bianche. Aveva un'aria allegra e spensierata ...
"Cosa posso temere da lui?" pensò Argo "È un ragazzino e io sono un gigante, ha solo un bastone sottile mentre io ho cento occhi e braccia possenti! E poi, mi piacerebbe tanto sentire ancora le sue canzoni ..."
Così, quando il pastore fu più vicino, gli disse: -Perché non vieni a sederti all’ombra, insieme a me? È un bel posto per riposare! -
Mercurio sedette e subito iniziò a raccontare storie e a suonare dolcemente.
Il giorno passava e gli occhi di Argo si facevano pesanti per il sonno... Ma egli resisteva, non voleva chiuderli e, per svegliarsi, chiese chi aveva inventato quello strumento misterioso. Allora Mercurio cominciò a raccontare:
- Sui monti dell'Arcadia viveva una bellissima fanciulla di nome Siringa, Molti déi e divinità dei boschi ne erano innamorati, ma lei adorava Diana e non voleva sentir parlare dell’amore. Vestiva come Diana e si distingueva da lei solo per l’arco di legno: quello della dea era tutto d’oro! -
Gli occhi di Argo cominciavano a chiudersi e Mercurio continuava a raccontare:
-Un giorno Pan, il dio dei pastori, le dichiarò il suo amore. La fanciulla rimase
sconvolta alla vista del suo innamorato: aveva la barba caprina, gli zoccoli al posto dei piedi e due corna appuntite in mezzo alla fronte ... Terrorizzata, cominciò a fuggire; ma il fiume Ladone, amico di Pan, la raggiunse con le sue acque e frenò la corsa.
- Aiutatemi divinità dei monti, amici fedeli, trasformatemi! - gridò Siringa, mentre il dio ormai le era accanto …
Così Pan si trovo fra le mani un ciuffo di canne palustri!
Sconsolato, Pan sospirò e l’aria, vibrando dentro le canne, produsse un suono sottile, simile a un lamento. Pan rimase incantato da quella musica dolce e nuova.
- In questo modo potrò continuare a stare con te! - disse; e con la cera unì insieme alcune canne di lunghezza diversa. Era nato un nuovo strumento, che ebbe il nome della fanciulla: Siringa! -
Mercurio raccontava, raccontava ... E alla fine tutti gli occhi di Argo si velarono e si chiusero.
Quando lo vede cedere, il dio smette di narrare, rende il sonno ancora più pesante toccandogli le palpebre con la verga magica e, con una falce, taglia la terribile testa.
Ora tutti gli occhi di Argo sono spenti ... Giunone li prende e li pone sulla coda del pavone, animale a lei sacro: da allora quelle piume sono adorne di occhi lucenti!
Poi, piena d’ira, la dea manda un tafano a punzecchiare la giovenca:
- Tormentala, non darle tregua! Costringila a fuggire per tutto il mondo e fa’ che non possa fermarsi mai!
Così Io si mette a correre senza posa, piena di terrore, finché non giunge al flume Nilo e si getta per terra, ormai priva di forze; poi solleva il muso verso l’alto e piange, rivolgendo al cielo muggiti e gemiti disperati ... Giove allora abbraccia la moglie e le chiede perdono:
- Non far soffrire ancora quella povera fanciulla: ti giuro che non avrò più niente a che fare con lei!-
A tali parole la dea si calma ed ecco, Io riprende l’aspetto di una volta: le setole cadono dal corpo, le corna spariscono, l’occhio diviene più piccolo, il muso si ritira, le mani e le braccia compaiono di nuovo, mentre lo zoccolo si divide in cinque dita ...
È tornata una fanciulla: solo la sua pelle è rimasta candida, come il manto della giovenca.
Ora, in Egitto, è Iside, una dea famosissima che ha la testa adorna di splendide corna lucenti ...