Aldo Dalla Vecchia, "La capra crepa"
29 Maggio 2018 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

La capra crepa
Aldo Dalla Vecchia
Pegasus Edition, 2018
pp 84
12,00
Ho visto nascere e crescere questo libro giorno per giorno su Facebook, essendo io uno dei contatti di Aldo Dalla Vecchia, scrittore, giornalista e autore televisivo, di cui seguo le sorti letterarie fin dal romanzo d’esordio, Rosa Malcontenta. Aldo è un gentiluomo d’altri tempi, un signore che – lavorando lui in campo televisivo – mi piace accostare a personalità del tipo di Corrado, Magalli e del povero Frizzi: gentile, educato, all’antica e ironico, di quell’ironia caustica ma buona ed elegante. Ogni giorno pubblicava un post in cui elencava le espressioni che, a suo dire, gli “facevano venire la psoriasi”. Da questi post è nato La capra crepa, un libello in cui vengono mostrate 333 di queste sgradevoli locuzioni. Alcune sono veri e propri strafalcioni grammaticali, altre sono modi di esprimersi entrati nell’uso comune, che, però, fanno accapponare la pelle. Vedi le italianizzazioni delle parole inglesi (tipo defolloware, unfriendare), vedi le abbreviazioni, spesso meneghine, dei termini italiani, come se a finire la parola si perdesse troppo tempo. Vedi i cliché abusati e le frasi fatte di cui si è perso anche il significato originale.
In effetti, pure io ho avuto l’impressione che, ormai, le persone “aprano bocca e diano fiato”, come diceva mia nonna, nel senso che nessuno - nemmeno in televisione o persino al telegiornale - si chiede più se quello che sta dicendo è corretto o se è solo un vago sentito dire.
D’altra parte non si può nemmeno fare i puristi a oltranza, perché la lingua è in movimento e si evolve, nessuno si sognerebbe di comunicare nell’italiano di Dante e neppure in quello dei nostri nonni nati nell’ottocento. Ci vorrebbe, però, almeno un minimo di regola, un accordo comune, in modo che parlare non diventasse una questione privata, insomma un’opinione. Personalmente cerco di non impoverire l’italiano usando sempre l’espressione corrispondente inglese, bensì adoperando quest’ultima come un sinonimo, come una possibilità in più.
Le capre del titolo siamo tutti noi quando ci lasciamo irretire da slang, da scorciatoie linguistiche, da neologismi che durano lo spazio di una stagione. E queste nuove capre, questi neo analfabeti, si trovano a tutti i livelli, come dicevamo, anche fra chi scrive per mestiere, chi fa televisione, chi parla in pubblico. E, se si fa loro notare che sbagliano, apriti cielo, si è “saccenti” e “pedanti”, non si capisce il bisogno di libera espressione e scrittura di getto, la vena artistica inarrestabile.
Ovunque, in campo linguistico, vige un’anarchia spaventosa e pericolosa, l’ignoranza è stata “sdoganata”. (Ecco, ci sono cascata anch’io, perché sdoganare è, appunto, una delle parole che Aldo aborre.) Io penso che questo vada di pari passo con la fine della vergogna. Tutto è approssimativo e lecito, nessuno si vergogna più di nulla.
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