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Il pranzo di Anna

24 Dicembre 2016 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #racconto, #unasettimanamagica

 

 

Era di nuovo Natale, fra pochi giorni i ragazzi sarebbero tornati a casa, come ogni anno. L'atmosfera per le strade del paese era la stessa di sempre, luci colorate, festoni, vetrine illuminate. Nell'aria il profumo di cannella e spezie, di legno di montagna e di dolci fatti in casa, di vin brulè, di abeti decorati a festa con luci intermittenti che brillavano negli occhi meravigliati dei bambini fermi a guardare e tutto intorno la melodia dei canti natalizi e le soavi note delle zampogne.

Anna si stava affrettando a comprare le ultime cose per preparare il pranzo di Natale, dove li avrebbe avuti tutti insieme, come piaceva a lei, seduti intorno al tavolo grande nel salone, i piatti di porcellana bianca, i bicchieri di cristallo, il camino acceso, le candele, i pacchi sotto l'albero illuminato e il presepe da completare, anche se Gesù era nato a mezzanotte. Erano i suoi figli, con i compagni e i nipoti a tornare ogni anno, per festeggiare. Le piaceva rispettare la tradizione di famiglia, conosceva i desideri di ognuno e cosa avrebbero voluto trovare sul tavolo imbandito. Vincenzo, il suo primogenito, amava i tortellini in brodo, che Natale era sennò? Sua figlia Francesca, invece, bastian contrario dalla nascita, le avrebbe chiesto “mamma ma non hai fatto le lasagne?” poi a Lella, la moglie di Vincenzo, piaceva tanto il pollo in gelatina e a Giorgio, il marito di Francesca, il coniglio arrosto con le castagne . Il suo primo adorato nipote Enrico sapeva che avrebbe trovato la torta di riso e poi c'era Valeria, la sua nipote più piccola, che non le chiedeva mai nulla. Lei non amava queste feste, i ritrovi “forzati” dove, alla fine, c'era sempre qualcosa da ridire e troppo da mangiare. Lei faceva finta di ingerire tutto, si metteva nel piatto una piccola porzione di ogni cosa e, dopo averlo assaggiato per fare i complimenti alla nonna, con discrezione accantonava, schiacciava, tagliuzzava il cibo giocando con le posate e, più spesso, allungava qualcosa sotto il tavolo al cagnolino che si accucciava ai suoi piedi in fiduciosa attesa. Era una ragazza sensibile la sua Valeria e Anna faceva sempre finta di non vedere per non darle un dispiacere.

Oramai si stava ritirando verso casa, le gambe le facevano male, non riusciva più a finire i preparativi di corsa come un tempo e le servivano giorni per sistemare ogni cosa, ma era contenta. Da quando era morto il suo Mario i figli, i nipoti, rappresentavano tutto quello che le era rimasto e una giornata con loro valeva ogni sacrificio. Finito il pranzo non le facevano toccare più nulla, lei stava seduta coi nipoti a godersi storie di cuori infranti o di compiti in classe mancati, Lella e Francesca spicciavano la cucina, lavavano i piatti e pulivano tutto, poi sistemavano gli avanzi, che si dividevano rigorosamente in parti uguali, e tornavano in sala per aprire i regali. Era il momento che preferiva in assoluto: l'entusiasmo dei ragazzi, l'eccitazione per le sorprese, la premura e l'affetto si potevano toccare e riscaldavano la stanza. Tutto era rimasto uguale, come amava fare suo marito, che ogni anno ripeteva la scena del pacchetto mancante. Dopo che ognuno aveva aperto il proprio regalo, lui si fingeva dispiaciuto perché nessuno sapeva dove fosse il regalo di Anna e si scusava spergiurando di essersene dimenticato e, mentre chiedeva un bacio di perdono, lei chiudeva gli occhi e lui le metteva in mano un pacchettino, forse il più piccolo, ma sicuramente il più prezioso. Ogni anno un gioiello, di poco valore, ma pur sempre un “regalone” per le loro finanze: una spilletta, un sottile collier, un paio di orecchini, un anellino. Sempre di ottima finitura e di buon gusto. Lei si schermiva e, guardando i figli, diceva “Questi saranno presto vostri”. Poi, invece, all'improvviso una sera se ne era andato lui. Lo aveva trovato addormentato sulla poltrona, col libro aperto tra le mani, pensava che dormisse e invece il suo Mario l'aveva lasciata per sempre senza nemmeno salutarla. Era rimasta sola in quella casa troppo grande e così da allora ogni Natale toccava a Vincenzo la scena del pacchettino mancante e lei era contenta. I suoi figli l'amavano allo stesso modo in cui lei li amava. Si guardò attorno, tutto era pronto, fra poco avrebbe sentito la macchina arrivare, la prima era sempre sua figlia.

Francesca sbatté la portiera della macchina e scese carica di pacchi e pacchetti, aprì la porta ed entrò dentro casa bofonchiando, aveva preso questo vizio da quando suo marito l'aveva lasciata: “Sempre così, tutta 'sta fatica per mangiare un giorno. L'anno prossimo andiamo al ristorante”. Iniziò a sistemare le candele, a posare le stelle di Natale nei sottovasi, accese il caminetto e tirò fuori la tovaglia rossa, “cara mamma questa tovaglia è vecchia, dovremmo regalartene una nuova” disse sospirando malinconica e iniziò ad apparecchiare il tavolo. Il salone era caldo e illuminato quando arrivarono Vincenzo e Lella. Francesca non poté fare a meno di notare quanto anche loro, come la tovaglia, fossero invecchiati, ma forse per rispetto a sua madre, che le avrebbe dato un'occhiataccia, si trattenne dal farlo notare. Di lì a poco giunsero Enrico con la moglie e il piccolo Cristian, e, per ultima, Valeria, sorridente e silenziosa come sempre. Andarono tutti insieme in cucina e trovarono il frigo pieno di provviste, non mancava nulla, nemmeno lo spumante per il brindisi. I tortellini erano pronti e c'era già il brodo nella pentola, solo da scaldare, il coniglio nel forno che si doveva accendere, la torta di riso già tagliata a rombi e spolverata di zucchero a velo era nel piatto di portata. Si guardarono dubbiosi, chi di loro si era preoccupato di fare questa sorpresa agli altri, per non far sentire la mancanza di Anna che era mancata meno di un mese prima? I due fratelli si scrutarono senza parlare, ognuno di loro pensò fosse stato l'altro e si abbracciarono con le lacrime agli occhi. Enrico parlava col piccolo e gli raccontava di come era buona la torta della nonna. Fu un pranzo coi fiocchi come sempre, tutto buonissimo, proprio come quando lo faceva lei, gli stessi indimenticabili sapori e l'armonia familiare non era stata mai così calda e serena. Anche i pacchetti erano stati aperti, a ognuno il suo e ne era rimasto uno piccolino che non era destinato a nessuno.

Anna, in piedi accanto al camino, li guardava contenta, era stato faticoso più di tutte le altre volte far trovare loro tutto pronto quest'anno, pensava che non ce l'avrebbe mai fatta, meno male che le mani svelte di Valeria, che da lei tutto aveva imparato, erano riuscite a preparare la sorpresa per i suoi figli. Che angelo quella nipote dolce e riservata che, felice del risultato ottenuto, stava in disparte e la cercava con lo sguardo con la stessa malcelata discrezione di quando dava da mangiare al cagnolino sotto al tavolo. (Franca Poli)

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