DIARIO DI UN IMBOSCATO di ATTILIO FRESCURA (1881 – 1943)
16 Marzo 2016 , Scritto da Valentino Appoloni Con tag #valentino appoloni, #storia
L'autore, scrittore e giornalista originario di Padova, fa parte della Territoriale e quindi vede abbastanza poco la prima linea e non partecipa agli assalti; subisce e accetta simpaticamente la definizione di imboscato, pur precisando che ogni soldato pensa sempre di avere alle spalle degli imboscati. Perfino nelle prime linee alcuni chiamano imboscati quelli che si trovano appena pochi metri più indietro.
Vede comunque da vicino il dolore e il dramma di chi va all'attacco; in uno dei passi più intensi, deve spingere avanti gli uomini terrorizzati. Ha spirito d'osservazione, arguzia, sensibilità. Caratteristiche simili non possono che farne un notista disincantato e ironico delle storture e delle falle che il mondo militare gli mostra. L'involontaria comicità della burocrazia, il giornalismo di regime di Fraccaroli e Barzini, i sistemi di cura negli ospedali, le fucilazioni, le battute dei compagni si offrono al suo vaglio critico. E' pronto a bacchettare i comandi che non prendono sul serio i mille indizi sulle offensive nemiche (pur tendendo ad assolvere il vertice, ossia Cadorna), mentre ha parole commosse per il lacero fante che pur nella disperazione continua a obbedire e a morire. Canestari, Murari Bra, Porta sono alti ufficiali (sconosciuti ai più) che l'autore apprezza per il loro polso e l'onestà; bravi, schietti, poco inclini all'adulazione e quindi purtroppo candidati ideali per venire rimossi dall'alto comando.
Le pagine più dolorose sono quelle di Caporetto. Lo sfaldamento totale è descritto in modo impressionante, offrendo forse le pagine più efficaci nell’ampia letteratura memorialistica sulla terribile rotta. Ci parla dei pochi eroi silenziosi che vanno a bruciarsi nei focolai di resistenza, di donne e civili terrorizzati, dei saccheggi compiuti mentre il nemico in ogni momento può irrompere; è un mondo che si schianta. Ancora viene offerto qualche momento tragicomico anche nella fuga, ma davvero il senso della caduta imminente è ben reso, rendendo per certi aspetti quasi miracolistico l'epilogo trionfale della guerra a Vittorio Veneto, appena un anno dopo.
Al termine del libro, viene da pensare che l'ironia, le battute, le freddure che l'autore riserva a profusione (forse troppo), siano in fondo l'unica reazione da parte di una persona acuta davanti all'incongruenza eretta, sembrerebbe, a cardine del sistema organizzativo.
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