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Maria Vittoria Masserotti, "Cose"

22 Aprile 2014 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #maria vittoria masserotti

Maria Vittoria Masserotti, "Cose"

Cose

Maria Vittoria Masserotti

ilmiolibro.it, 2014

pp 140

12,50

Ho letto tutti e tre i libri di Maria Vittoria Masserotti e questo è, indubbiamente, quello più suo, nel senso che qui c’è tutta la sua vita, frammentata e rifratta in diciassette racconti. Gli spunti - le “Cose” disegnate sulla copertina - sono diversi: un faro, un figlio mulatto che odia il padre, un rapporto omosessuale, un cappello, uno scialle, una nota, ma, alla fine, il nucleo più vero della raccolta sono quei racconti dove una donna dai nomi diversi, ma che è sempre la stessa, coltiva il suo vizio di amare troppo.

Le donne della Masserotti amano troppo un uomo assente, sfuggente, capace di regalare loro, però, quel pizzico d’infinito che rimpiangeranno per sempre, senza poterlo mai dimenticare, senza potersi mai far bastare altro, perché qualunque cosa sarebbe un ripiego.

Sentiva il tocco lieve che percorreva la sua schiena lentamente, mentre aveva la sensazione che le loro due anime si stessero toccando. Un attimo perfetto, un pizzico d’infinito. No, non era più libera e forse non lo sarebbe mai più stata del tutto.” (pag 122)

Insieme all’Amore – inteso come ossessione romantica, tensione verso l’assoluto, fusione di carni e di anime – arriva inesorabilmente anche il Dolore, rappresentato dalla Scimmia appollaiata sulla spalla. Il dolore è fatto di mancanza, di nostalgia straziante, di vuoto incolmabile, ma pure di sensi di colpa per come ci si è lasciate trattare, per lo svilimento, per le umiliazioni subite, per le inutili attese davanti a un telefono che non suona, per la consapevolezza di non essere abbastanza attraenti per lui.

C’è la vita dell’autrice, dicevamo, in troppi di questi racconti, la sua grande capacità di amare, il suo vissuto, le sue esperienze, i luoghi conosciuti. Come in “Racconti per una canzone”, anche qui colpisce l’ambientazione sempre diversa di ogni bozzetto, che spazia dagli Stati Uniti alla provincia italiana più remota, dagli uffici ai ristoranti, dai caffè alle stazioni, descritti senza retorica ma con la mano ferma di chi parla di ciò che conosce bene.

C’è una novella, tuttavia, diversa da tutte le altre: “La gamba”, che racconta un episodio della vita di Sarah Bernhardt. Ecco, se l’autrice riuscirà a liberarsi della zavorra dell’autobiografismo, spogliandosi non tanto di se stessa quanto del suo groppo di dolore, scacciando la Scimmia dalla spalla, facendo della scrittura un uso esplorativo e non solo consolatorio, allora, con lo stile scorrevole e la padronanza di linguaggio che la caratterizzano, sarà in grado di perlustrare felicemente nuove strade, fra le quali quella della rievocazione storica appare davvero molto promettente.

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